Da Sofia a Bari, fino alla Germania: l’odissea di una studiosa
“La storia di una persona non inizia mai da un punto preciso e non è detto che inizi dalla sua nascita”. Filosofa bulgara trapiantata in Germania, Evelina Miteva confronta la sua esperienza migratoria con quella della madre: “Oggi è tutto diverso”

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Evelina Miteva © Tsocho Boiadjiev
“La storia di una persona non inizia mai da un punto preciso e non è detto che inizi dalla sua nascita” sostiene Evelina Miteva. La sua inizia molto prima, infatti, dal rocambolesco trasloco dalla Lituania alla Bulgaria compiuto dai suoi genitori con l’ingombrante pianoforte, quando lei aveva due anni: “il fulcro del mio background di migrazione”.
Qualche anno più tardi lei ne ha infatti seguito l’esempio, continuando a migrare ma cambiando meta. Il risultato è che oggi parla quattro lingue tra cui l’italiano, al momento vive in Germania, ed è una esperta di filosofia medioevale. Per studiarla, usa principalmente l’inglese e il tedesco, ma quando si dedica alla sua attività di scrittrice e poetessa, usa il bulgaro. La lingua che l’ha cresciuta.
Il pianoforte e l’identità
Per provare a immedesimarsi in Miteva e cogliere ogni sfumatura della sua esperienza di pluri migrante è importante ripercorrere il tragitto che sua madre e suo padre le hanno fatto compiere da piccola, negli anni Ottanta. “Anche se mia madre a quei tempi ancora studiava, i miei genitori hanno deciso di vivere in Bulgaria, il paese d’origine di mio padre – ricorda – abbiamo fatto un trasloco pazzesco, portando in treno un pianoforte per diverse centinaia di chilometri, fino a un paesino in cui probabilmente nessuno prima aveva visto qualcosa di simile”.
Più che per il pianoforte, o per la piccola Miteva, lo shock è stato per la madre che “è sempre rimasta scontenta di questo cambiamento, ritenendo che abbia sconvolto la sua esistenza. Era convinta infatti che ciascuno possa esprimere il meglio di sé stesso solo nel proprio Paese, dove conosce lingua e mentalità e capisce cosa significa un sorriso o un mezzo sorriso” racconta Miteva.
Cresciuta nella convinzione che spostarsi dalla Bulgaria la avrebbe fatta sentire persa come la madre una volta lasciata la Lituania, Miteva non aveva quindi mai pensato di farlo. “Era un’epoca di cambiamento per quell’area, l’Europa si stava unendo e io non trovavo alcun ragionevole motivo per partire, mettendo a rischio la mia velocità”. La pensava così, fino a quando non ha incontrato un altro appassionato di filosofia medievale, “un ragazzo italiano, oggi padre dei miei figli”.
Seguendo amore e filosofia
Miteva parla di destino per quanto riguarda la sua vita da quel momento in poi. Il primo incontro in Bulgaria, il secondo a Colonia dove è nato anche il suo primo figlio, e poi il trasferimento a Bari, avvicinandosi alla famiglia del compagno di quel tempo. In Puglia, Miteva ha iniziato il suo secondo dottorato in storia della filosofia, e ha potuto studiare da vicino anche la cultura tradizionale italiana.
“Appena sono arrivata, mi sono accorta che era tutto molto diverso da ciò che mi aspettavo e troppo simile a ciò che conoscevo – spiega – in Bulgaria si era ancora convinti che in Occidente fosse tutto bello e che tutti potessero essere ricchi: non avrei mai pensato di ritrovare esattamente gli stessi problemi con cui ero cresciuta nell’est”.
Miteva parla di carenza di servizi sociali e sanitari ma soprattutto dell’Italia ricorda uno shock a livello di mentalità. “Essendo cresciuta soprattutto a Sofia, non ero abituata ad un ambiente in cui le persone si permettevano di commentare per strada perché portavo il mio primo figlio di pochi mesi sul lungomare anche se c’era un po’ di vento, dicendomi che non era il caso”. Parla di “patriarcato”, ricordando di essere stata rimproverata anche per aver lasciato giocare suo figlio di pochi anni con un passeggino.
“Fortunatamente al lavoro, in università, ho trovato un ambiente diverso. Il professore che mi ha seguito mi conosceva già e mi ha aiutato a capire come muovermi” racconta. Anche in quel periodo ha infatti potuto pubblicare diversi studi accademici di filosofia, ma trovando il tempo e l’ispirazione anche per scrivere tutt’altro: raccolte di racconti personali brevi e di poesie intime.
Nostalgia digitale
È una passione che coltiva in parallelo, affianco alla filosofia, affrontando temi del tutto personali, dalla delusione di essersi ritrovata in un posto che sperava fosse migliore alla vicinanza che tanti colleghi le hanno negli anni mostrato. Ne ha trovata sia in Italia che in Germania, dove vive da oltre 10 anni con 4 figli tutti adolescenti, di cui due gemelli.
“Il mio ex compagno abita a Bari, io non ci vado da qualche anno ma i rapporti sono buoni. Anche i legami con la Bulgaria sono forti e dopo molti anni di vita all’estero, mi rendo conto di quanto la mia esperienza di migrante sia diversa da quella di mia madre” racconta Miteva, dando il merito soprattutto a internet e ai social, ma anche alla maggiore facilità e accessibilità degli spostamenti, sia dal punto di vista logistico che economico.
“Oggi diamo per scontata la possibilità di connetterci con chi vive molto lontano e di aggiornarci su quello che accade in tutto il mondo. I miei parenti vengono a trovarmi spesso da Bulgaria, Regno Unito e Lituania. Bastano poche ore di aereo, mentre quando ero piccola erano viaggi di giorni”, ricorda.
La connessione digitale e aerea non basta, però, e Miteva lo sa e lo sperimenta ogni volta che sente le tante amiche con cui è cresciuta e che vivono in Bulgaria. “Anche se ci sentiamo ogni giorno, sento comunque un inevitabile distacco: sono 15 anni che non abito più lì in Bulgaria e le nostre vite quotidiane sono diverse. Restiamo vicine ma affrontiamo problemi molto diversi nei nostri rispettivi Paesi”.
Questo articolo è stato prodotto nell’ambito di “MigraVoice: Migrant Voices Matter in the European Media”, progetto editoriale realizzato con il contributo dell’Unione Europea. Le posizioni contenute in questo testo sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni dell’Unione europea.
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