Da che parte andiamo?

Proseguiamo la pubblicazione degli articoli preparatori alla conferenza di Ginevra prevista per il prossimo ottobre e organizzata dall’Associazione BiH 2005, con una riflessione sulla BiH dopo Dayton e l’UE dopo i falliti referendum sulla Carta costituzionale

15/06/2005, Redazione -

Da-che-parte-andiamo

Di Svebor Dizdarevic, membro dell’Associazione BiH 2005 e docente dell’Istituto per i diritti umani di Lione

Traduzione a cura di Osservatorio sui Balcani

Sr-Hr-Bos:

Dieci anni dopo la firma dell’Accordo di Dayton la Bosnia Erzegovina è al bivio: non solo perché il tempo ormai ha fatto il suo ma anche perché è giunto il momento di porsi delle domande. In questione è pure il muoversi stesso dell’Europa. Occorre quindi riesaminare tanto la realtà bosniaco-erzegovese che quella europea.

Il rifiuto della maggioranza dei cittadini francesi e olandesi alla Costituzione europea marca questo (auto)esame. Le ragioni del rifiuto sono molteplici, ma numerose analisi concordano su una cosa: l’apertura troppo veloce dell’Unione europea verso i Paesi dell’ex Europa orientale, senza che ci sia stato un precedente rafforzamento e approfondimento delle istituzioni e dei meccanismi europei, senza un chiaro disegno di una politica e di una strategia comuni, ha contribuito alla confusione e alla incompletezza della costruzione europea. Tutto ciò ha concorso al trionfo del voto di rifiuto. Pertanto occorre prendere in considerazione con estrema serietà l’idea secondo la quale una delle vittime del "NO" alla Costituzione europea, potrebbe essere l’ulteriore allargamento dell’UE.

Se è più che probabile che l’adozione della Costituzione europea, con tutte le novità e gli elementi con cui si desiderava migliorare, progredire e rinforzare la costruzione delle istituzioni europee, è stato procrastinato ad un tempo futuro, più felice e migliore, allora non bisogna ingannarsi: ciò varrà anche per la questione dell’ulteriore allargamento dell’Unione ai nuovi membri, soprattutto ai Paesi cosiddetti dei Balcani occidentali e, certamente, alla Bosnia Erzegovina.

Il decennale dell’Accordo di Dayton rappresenta l’occasione per fare in modo che questo riesame inizi da un orizzonte concreto, all’interno della stessa Bosnia Erzegovina, ma anche dal punto di vista dell’analisi degli ampi processi europei. Serve sfruttare al massimo questo momento, nel quale l’attenzione della comunità europea e mondiale – in altri momenti stanca e concentrata su altre questioni – sarà rivolta verso questi luoghi e questa gente.

Ecco perché l’Associazione BiH 2005 organizza la conferenza internazionale di ottobre a Ginevra, affinché mediante analisi approfondite ed una riflessione sul futuro si cerchi di dare una risposta alle numerose domande e riscontri del terreno, in modo da aprire una prospettiva chiara, reale e concreta per la Bosnia Erzegovina nell’ambito della famiglia europea.

Alla Bosnia Erzegovina sono sempre necessari l’appoggio e l’aiuto dell’Europa, probabilmente su basi diverse, meglio pensate e concepite. L’Europa però non ha alcun dubbio: è profondamente consapevole che è nel suo interesse far sì che la regione balcanica un domani le si unisca.

Il problema è che potrebbe accadere che nel periodo a venire l’Europa si occupi più di se stessa. Essa è in difficoltà e non bisogna chiudere gli occhi di fronte al manifestarsi di sentimenti, richieste e pressioni per un’auto-chiusura e irrigidimento delle condizioni di ingresso, non solo degli individui, ma anche dei Paesi candidati. Forse essa, per un certo periodo, rischia di chiudersi per tirare il fiato, per avere il lusso di occuparsi prima di tutto di se stessa, rimandando la soluzione dei problemi "instabili" e "scottanti" ad un tempo futuro e migliore.

Questa possibilità di tirare il fiato la Bosnia Erzegovina però non ce l’ha, in essa davvero "brucia il fuoco" (gori vatra). Ed è giunto il tempo che si dedichi ad un riesame della situazione, che si affranchi dal complesso di inferiorità e dipendenza che la caratterizza e che prenda in mano la sfida della costruzione del post-Dayton, lavorando per entrare nel corso europeo. È giunto il tempo che si aprano chiare e precise prospettive per i cittadini, e soprattutto per le giovani (incontaminate) generazioni (non solo della BiH, ma del mondo intero).

Di contro, la quotidianità si avvicinerà sempre più al detto: "l’ultimo che esce… spenga la luce"

Il merito di Dayton è stato quello di porre fine alla guerra, ma adesso è superato ed è necessario gettare basi sicure per la creazione del futuro europeo della Bosnia Erzegovina.

Anche l’Europa dovrà fare uno sforzo e cessare di riferirsi alla BiH come un genitore verso il figlio disubbidiente o come un medico verso un malato incurabile. In una situazione di aumento dell’intolleranza, della xenofobia, della violenza e del t[]ismo essa deve anche essere fortemente intransigente verso tutto ciò che è etnonazionalistico, perché tutto ciò è profondamente anti-europeo e anti-democratico. Che si occupi di meno delle sensibilità etniche, e più dei cittadini. Che dica e mostri in modo molto più chiaro l’esistenza di una precisa visione e strategia che non sarà compromessa da varie tattiche di manovra, di concessioni a corto raggio, in nome della cosiddetta real-politik, che si scostano in modo evidente dai più alti principi, conquiste e valori europei.

È anche tempo che i cittadini della Bosnia Erzegovina si liberino dalle catene di un ragionare etnonazionalistico e che inizino a scoprire in sé anche le altre – ampie e comuni – identità. Non si può in un Paese essere esclusivamente Bosgnacco, Croato, Serbo, ecc, e poi chiedere un miglior posto al sole come cittadino europeo.

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