Cultura, proteste e la speranza di una Serbia migliore
Mirjana Marković, scrittrice e attivista, denuncia il declino culturale e sociale in Serbia: dalla chiusura di festival al sostegno alle proteste studentesche. "I giovani lottano per un futuro migliore, mentre l’Europa tace"

Cultura-proteste-e-la-speranza-di-una-Serbia-migliore
Proteste a Belgrado - © Shutterstock
Vivo e lavoro a Sremska Mitrovica. Storica di formazione, scrittrice per vocazione, sono presidente dell’Associazione dei letterati di Sremska Mitrovica, che conta circa settanta membri. Lavoro all’Ufficio per la cultura, lo sport e le politiche giovanili del comune di Sremska Mitrovica.
Sirmio, l’odierna Sremska Mitrovica, fu una delle quattro capitali dell’Impero Romano e, in un passato non troppo lontano, nel secolo scorso, avanzava ancora sulla via del progresso.
Abbiamo avuto un’ottima collaborazione e scambi culturali con molte città europee. Artisti e rappresentanti di diversi paesi hanno partecipato al nostro Festival della retorica, come anche al Festival del folklore e altri eventi musicali. Abbiamo realizzato anche una proficua collaborazione in ambito economico e turistico. Molti di questi progetti purtroppo, sono stati abbandonati e oggi la città è in uno stato di degrado quasi totale.
La decadenza sistematica del tessuto culturale della città si riflette anche nel progressivo abbandono di molte manifestazioni.
Molte cose sono andate storte nel nostro paese. Nuove tettoie incombono su di noi, la questione del litio, EXPO 2027, l’oscurità mediatica, l’odio e le divisioni, i diritti dei cittadini calpestati.
L’immagine di Belgrado è stata macchiata dal cosiddetto Ćacilend, un accampamento dei presunti studenti, membri del Partito progressista serbo (SNS), la maggior parte dei quali non è mai nemmeno entrata in una facoltà. Ci sono poi gruppi di picchiatori e persone che dovrebbero scontare pene negli istituti penitenziari. La tendenza ad abusare delle persone con bisogni speciali per scopi politici è una violazione dei diritti umani particolarmente grave.
Anche molti funzionari di Sremska Mitrovica, insieme al sindaco, si sono recati a Ćacilend. Un gesto che, a mio avviso, getta un’ombra sull’immagine della nostra città.
Abbiamo vissuto grandi tragedie anche prima del crollo della tettoia il primo novembre 2024 a Novi Sad, tra cui le stragi nella scuola “Vladislav Ribnikar” e nei villaggi di Dubona e Malo Orašje, e tanti altri eventi terribili che hanno scosso profondamente la società con conseguenze incommensurabili.
Il grido degli studenti e il loro appello a risvegliarsi dal torpore e a non permettere che le tragedie vengano insabbiate e ignorate, è l’unico punto luminoso in questa Serbia divisa. Abbiamo bisogno di una società in cui le leggi siano rispettate e i cittadini si sentano al sicuro, in cui le istituzioni facciano il loro lavoro e funzionino senza pressioni politiche. Abbiamo bisogno, come affermano gli studenti, di “cambiamenti tettonici”.
Altrimenti, i giovani lasceranno la Serbia, e molti se ne sono già andati. Abbiamo atleti, come Novak Đoković, scienziati, artisti e altre personalità che hanno reso la Serbia famosa, hanno incantato il mondo e oggi sono al fianco degli studenti ed esprimono chiaramente la propria posizione. Per questo vengono presi di mira e sottoposti a campagne denigratorie.
Sin dall’inizio, ho sostenuto la mobilitazione studentesca e continuo a partecipare attivamente alle proteste, motivo per cui sono diventata bersaglio di attacchi e insulti, lanciati dai media locali, che rappresentano una violazione dei diritti e delle libertà fondamentali.
Da anni ormai mi batto contro la violenza sulle donne, e per questo impegno ho ricevuto per ben due volte (nel 2023 e nel 2024) il premio "Miglior Donna" da Blic Žena. Gli attacchi mediatici che subisco sono anche una forma di violenza rivolta contro chi ha una propria opinione e la difende con ragionevolezza.
Mi batto per la libertà di parola che non sia un discorso di odio e violenza. Ho partecipato alle proteste insieme ai miei ex studenti. Alcuni sono anche dall’altra parte, in particolare tra le forze dell’ordine. Da docente di storia, ho insegnato ai giovani a pensare sempre con la propria testa. Sono al fianco della gioventù serba, capace di costruire un mondo migliore. Quello che sto vivendo in questo momento non è nulla in confronto a quello che stanno subendo i nostri studenti, picchiati, attaccati e arrestati solo perché vogliono vivere in uno stato ordinato, chiedendo che le loro richieste vengano ascoltate ed esaudite.
Spero che la gioventù serba vinca. Non è stato difficile per loro camminare chilometri sotto la neve, la pioggia, il vento. Anch’io ho percorso con loro tratti di quaranta o più chilometri, ho partecipato anche alle proteste pacifiche in altre città, all’Autokomanda a Belgrado, poi alle manifestazioni del 15 marzo e del 28 giugno e a tante altre proteste nella mia città, e ho sentito la forza dei nostri giovani, il loro amore per la Serbia e il desiderio di puntare sulle competenze.
Sostengo gli studenti perché, con cuore e anima puri, lottano pacificamente per il loro paese e il loro popolo. Non voglio che la Serbia sia un paese da cui i giovani se ne vanno, voglio che tutti restino nel nostro paese.
Sono sicura che l’Europa stia seguendo gli eventi in Serbia, però non c’è alcuna reazione. Questo testo esprime la mia opinione personale, che è solo una goccia nell’oceano della verità che dovrebbe raggiungere tutti quelli che possono contribuire a migliorare la situazione in Serbia.
Mirjana Marković è nata nel 1965 a Osijek, in Croazia. Si è laureata in storia presso la Facoltà di Filosofia di Novi Sad, ottenendo il titolo di dottoressa di storia. Da borsista della Fondazione Konrad Adenauer, si è specializzata alla Facoltà di Scienze Politiche di Belgrado sui temi legati ai partiti politici ed elezioni. Attualmente lavora presso l’Ufficio per la cultura e lo sport del comune di Sremska Mitrovica.













