Cronache danubiane: volti lungo il fllo II

Anche quest’anno il terzo appuntamento con FuoriVia e il Danubio si conclude con alcuni ritratti di chi vive sul Grande Fiume: da Ruse a Orṣova

04/09/2023, Vince Cammarata -

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Incontri © Vince Cammarata

(Vai all’introduzione e alla prima e seconda puntata del viaggio)

Anche questo secondo anno di Danubes è stato ricco di incontri: danubiani con cui abbiamo parlato di vari temi legati al fiume: la memoria, la rinascita e il cambiamento che sottendono argomentazioni politiche quali il nazionalismo e l’europeismo, quindi  la cancel culture e la creazione del mito. E l’ambiente: approfondendo il rapporto della regione con le fonti energetiche (nucleare/idroelettrico).

FuoriVia con il suo “walkshop” affronta ancora la Convivenza (tema che ha segnato già dall’anno scorso la nostra collaborazione con la Fondazione Vittorio Dan Segre). 

Al nostro passaggio incontriamo – nel paesaggio – gli altri: sospendendo il giudizio, ci limitiamo ad osservare e a riportare questi incontri attraverso i social. Come sempre al selfie preferiamo la fotografia rivolta verso coloro che da esterni, hanno condiviso una piccola parte del tracciato o di una tappa. 

Ecco qui alcune delle nostre storie.

Stefan, “Ave Svishtov

Stefan © Vince Cammarata

Stefan © Vince Cammarata

“Caius Cornelius Rufus”, lo dice mettendosi di profilo e passando il dito sul suo naso aquilino identico a quello di Giulio Cesare in Asterix o a quello di uno dei tanti laziali discendenti degli antichi romani. 

Caio, al secolo Stefan, professionista nel campo della finanza, impartisce ordini alle sua mini legione di sei soldati, ragazzi vestiti di tutto punto da antichi romani con tanto di tuniche, calzari, lorica lamellare (corazza), galea (elmo), gladio e scudo.

“Quando ero piccolo, la spedizione bulgaro-polacca che da sessant’anni si occupa del nostro sito archeologico di Novae, reclutava ragazzini come me per scavare, come fosse un gioco: da lì, io e qualche altro mio amico, ci siamo appassionati!”

Così nacque l’associazione di Svishtov che rievoca in occasioni di festival e manifestazioni la LEGIO I ITALICA. Oggi la Legione conta in tutto cento legionari: in pratica una Centuria. 

Il primo incontro che facciamo quest’anno sul Danubio è con la storia e con l’identità storica fondante di questa cittadina, Svishtov.

Miroslav – Belene, “Imprenditore di ritorno”

Miroslav © Vincenzo Cammarata

Miroslav © Vincenzo Cammarata

“Qui a Belene abbiamo tanto spazio disabitato, la gente, i giovani, vanno via. È per questo che mi rivolgo a tutti gli studenti di urbanistica: venite qui a fare i vostri progetti!”

Quella che Miroslav, auspica per la sua Belene, è una rigenerazione, non solo urbana, ma anche umana. 

“Io sono nato nel 1990. Non ho vissuto il periodo sovietico, ma sono riuscito a studiare all’estero: Italia, Francia, Marocco, Svizzera… altri hanno fatto come me. Sono tornati per continuare il cambiamento che porterà il nostro paese in Europa.”

L’orgoglio di Miroslav, parte della minoranza cattolica bulgara (1%), è quello di aver avviato la sua attività di imprenditore nel settore turistico cercando di coinvolgere e soprattutto di far dialogare il Comune, il Parco Naturale di Persina (il più esteso della Bulgaria) e chi, come lui è attivo in forma privata nel settore turistico.

“Private priority” e “public priority”. Qualche giorno fa la guida di Ruse poneva inconsapevolmente l’accento su questi due aspetti: privato e pubblico. La Bulgaria, soprattutto quella lambita dal Danubio, è passata da una economia basata sul commercio, protetta dal Dio Mercurio e appoggiata dagli ultimi ottomani nel XIX secolo, a una economia di stampo sovietico dove lo Stato era sia padrone che acquirente.

Questa lettura spiega come menti lucide e intraprendenti come quella di Miroslav, vedano in tutto questo un ampissimo margine di crescita, dove la maggior parte della popolazione rimane imperniata in uno stallo che tradisce la fiera identità storica di una, relativamente giovane, Nazione.

Paolo – Campo di “rieducazione” di  Belene,  “La memoria passa da qui”

Paolo © Vince Cammarata

Paolo © Vince Cammarata

L’accento bergamasco è una delle cose che Paolo Cortesi, Padre Passionista, si tiene stretto da quando, nel 2010, lasciò la sua parrocchia milanese sulla Martesana per il Santuario di Belene sul Danubio. 

Quando gli fu prospettato di andare in Missione, lui pensava di andare a finire in qualche villaggio sperduto dell’Africa, invece si ritrovò in una ex missione francescana che in questa regione della Bulgaria aveva cattolicizzato le comunità pauliciane di origine armena. 

Paolo rimase in un paese europeo, ma con una lingua è un alfabeto sconosciuto, tutto da imparare.

Da allora arrivò ad essere uno dei più famosi paladini dei diritti umani in Bulgaria, premiato o “esiliato” a seconda del Presidente in carica.

La sua più grande battaglia è stata quella giocata sul piano della Memoria: quella che lega il nome Belene al “Campo di Rieducazione” situato nell’Isola antistante alla cittadina che ancora ospita un carcere. 

“Rieducazione” dal punto di vista del regime comunista, “Lager”, “Gulag” o “Campo di concentramento per dissidenti” se si fanno i conti con le vittime e i crimini compiuti in nome di un’ideologia.

In Bulgaria il passaggio alla democrazia degli anni ‘90 è stato meno netto che in altri paesi, niente rivoluzione (come ad esempio in Romania). La conseguenza è che molti membri del Partito si ritrovano ancora coinvolti nell’establishment del Paese. Ciò significa che fare i conti con la Memoria diventa un processo ad ostacoli, sia dall’alto, ostacolando la commemorazione o la valorizzazione del sito identificandolo come d’interesse storico e identitario, sia dal basso, dove spesso la popolazione preferisce l’oblio all’essere identificati come: “Belene, lì dove c’era il Campo…”.

Uomini come Padre Paolo sono fra quelli che si battono affinché la verità storica collettiva non finisca sotto il tappeto dell’indifferenza, infierendo, ancora una volta sulla dignità di chi quel Campo l’ha subito.

Michele – Drobeta Turnu Severin, “Un ponte fra Romania e Serbia”

Michele © Vince Cammarata

Michele © Vince Cammarata

"Turnu" significa «Torre» e Severin probabilmente prende il nome da «Lucio Settimio Severo Augusto» che le diede lo status di colonia romana. In pratica l’unica città che ha un doppio nome ed un cognome” scherza Michele durante il tour, un po’ annacquato dalla pioggia che facciamo dopo le foto di rito fatte davanti al palazzo della cultura.

“Parlo italiano grazie al mio Erasmus in Scienze Politiche a Genova, amo l’Italia e la sua cultura: oggi lavoro per l’ufficio stampa della Città di Drobeta: 100.000 abitanti, che vivono tranquilli sul Danubio”. 

L’attrazione più grande qui non esiste più: è il Ponte. Un ponte su cui Traiano attraversò il Fiume e conquistò la Dacia. 1200 metri per 20 arcate di cui rimangono visibili due basi in acqua e due ricostruite in mezzo ad una rotonda all’entrata della Città: una struttura ingegneristica non indifferente per l’epoca, quasi come la rotonda.

Già da un po’ l’altra sponda del Fiume non parla più Bulgaro ma Serbo.

“Abbiamo un buon rapporto con la Serbia, possiamo andare senza passaporto e spesso ci sono numerosi scambi fra di noi” continua Michele.

In realtà Drobeta è famosa anche per un’altra attrazione, che non c’è più. Come il Ponte. Ma questa è un’altra storia (Link ad articolo precedente su Ada Kaleh).

Gabriel – da Balotesti a Ilovita “Matrimoni e diciottesimi”

Gabriel © Vince Cammarata

Per raggiungere il gruppo al Santuario di Schitul de Sus, fra i Carpazi che iniziano a formarsi e lungo la strada che da Balotesti porta a Ilovita, viene in nostro aiuto Gabriel.

20 anni, ingegnere informatico, inglese perfetto anche perché da sette anni vive a Manchester.

“Per via della Brexit mi sono già sposato con quella che era la mia ragazza qui. Sono in vacanza da queste parti, sono venuto a trovare anche i parenti di mia moglie.” 

La macchina su cui viaggiamo infatti è del suocero che ha gentilmente chiesto a Gabriel di accompagnarci.

Lungo la strada una pattuglia della polizia ci ferma, controllo ai documenti ed etilometro: tutto regolare e 0% di alcool in corpo, cosa che alle 11 del mattino in Romania (così come in alcune regioni d’Italia) non è da dare per scontato. 

Dall’alto del monastero si vede il fiume e Drobeta. Davanti a noi, la strada verso la nostra penultima tappa, Ilovita, è tutta in discesa. È costellata di incontri veloci, gente che ci offre acqua e un villaggio con della musica che si sente in sottofondo: un ragazzo festeggia in piazza il suo diciottesimo compleanno facendo volare un drone ricevuto in regalo.

Chissà se il festeggiato lascerà la Romania come Gabriel o preferirà la tranquillità di un paesino con un bar, una chiesa e una sala comunale in cui far festa. Intanto guarda in alto e gioca col suo drone.

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