Croazia: meglio la YU che l’UE?

Le autorità croate non hanno ancora messo le mani sul generale Gotovina e sembra oramai difficile che il 17 marzo prossimo l’UE annunci l’inizio dei negoziati con la Croazia per l’integrazione. Sia l’attuale governo che l’opposizione temono, pur con sostanziali differenze, un futuro dalle forti incertezze

15/03/2005, Drago Hedl -

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Il Primo ministro croato Sanader

La scorsa settimana molte ambasciate a Zagabria di Paesi membri UE, tra le quali quelle della Gran Bretagna e dell’Olanda, hanno ricevuto lettere di minaccia poiché i Paesi che rappresentano hanno insistito sull’arresto e consegna al Tribunale dell’Aja del generale Gotovina, condizioni per l’avvio delle negoziazioni per l’entrata della Croazia nell’UE. Le minacce sono state rivolte anche ai turisti europei che decideranno quest’anno di recarsi in Croazia. Nonostante le lettere siano state firmate dal Movimento anti-ebrei, sconosciuto alla polizia croata, sono state prese in modo molto serio del Ministero degli interni che ha ordinato approfondite indagini.

Solo qualche giorno prima, Mirko Condic, uno dei più influenti rappresentanti dell’Associazione dei veterani della guerra patriottica del 1991 aveva annunciato la nascita di un partito dei veterani. Condic ha spiegato che questa scelta è derivata dalla delusione dei veterani nei confronti della politica di Sanader di cooperazione con il Tribunale dell’Aja e rispetto alle sue dichiarazioni che la Croazia sarebbe pronta ad arrestare e consegnare Gotovina.

Anche il partito del Primo ministro Sanader, l’HDZ, al suo interno presenta sempre più divisioni in merito alla politica ufficiale di Zagabria rispetto al Tribunale dell’Aja. Uno dei più potenti ed influenti membri del partito, Branimir Glavas, parlando ad un convegno dei giovani dell’HDZ – tenutosi nel bel mezzo degli sforzi di Sanader di placare i Paesi membri UE e di favorire l’avvio dei negoziati per l’ingresso nell’Unione europea in merito ai quali si deciderà il prossimo 17 marzo – ha definito Gotovina un eroe nazionale affermando che l’UE utilizza il suo caso solo come scusa per bloccare l’avvio dei negoziati. Ha poi aggiunto che alla Croazia non serve un’Unione europea di questo tipo.

Su moli muri in Croazia sono apparse scritte anti-europee e su di una facciata di una scuola superiore di Spalato, la seconda città del Paese, si può ora leggere "Meglio la YU che la UE".

Il sacerdote Zlatko Sudac, considerato in via non ufficiale portavoce dell’ala destra della chiesa cattolica in Croazia, ha invece invitato il generale Ante Gotovina a terminare la sua latitanza e consegnarsi al Tribunale dell’Aja. La sua dichiarazione si è sovrapposta con la presenza a Bruxelles del vescovo di Zagabria Josip Bozanic, recatosi in Belgio per incontrare il Presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso, per fare pressioni in merito all’avvio dei negoziati il prossimo 17 marzo.

Questi molteplici avvenimenti confermano i timori degli analisti politici che un’eventuale fallimento della politica pro-europea del Primo ministro Sanader possa far scivolare la Croazia verso l’estrema destra. Quest’ipotesi è sempre più sulle bocche dei principali leader politici croati. Il Primo ministro Sanader è stato il primo ad ammonire su questo rischio, ma le sue dichiarazioni sono state prese come "propaganda" offerta ai leader europei, nel tentativo di farli cambiare idea su un eventuale slittamento della data di avvio dei negoziati. Ciononostante il Presidente della Repubblica Stjepan Mesic, in un discorso televisivo trasmesso lo scorso giovedì dalla televisione pubblica, ha denunciato in modo molto chiaro questo rischio.

"Non fidatevi di chi s’oppone all’Europa e chi spera in una Croazia isolata. Resistetegli in nome della libertà e della democrazia, nel nome del nostro futuro, nel nome della Croazia che abbiamo iniziato a costruire e per la quale gli eroi della guerra patriottica hanno dato le loro vite", ha affermato Mesic con tono drammatico. Più esplicitamente di come abbia fatto sino ad ora qualsiasi altro politico croato Mesic ha affermato che comprende i sospetti di Carla del Ponte sull’insincerità della Croazia in merito alla cooperazione con il Tribunale dell’Aja, affermando che una conferma dei dubbi di quest’ultima arrivano dal comportamento che le autorità croate hanno tenuto in passato.

"E’ una triste verità che si sono verificati in passato casi nei quali il Tribunale dell’Aja si è rivolto a noi, chiedendo di alcuni sospetti, ed i nostri rappresentanti hanno risposto affermando di non sapere dove si trovassero. Più tardi si è invece scoperto che vivevano ancora in Croazia sotto falso nome e che in alcuni casi addirittura ricevevano aiuto finanziario e di altro tipo dalle istituzioni e da singole persone. Ed adesso ci chiediamo perché le nostre dichiarazioni su Gotovina e su altri latitanti vengano prese con riserbo. La ragione è chiara: hanno perso la fiducia in noi!", ha affermato Mesic.

La lettera inviata la scorsa settimana al Presidente della Commissione europea Barroso e sottoscritta dalle tre più alte cariche dello Stato – il Presidente della Repubblica Mesic, il Primo ministro Sanader ed il Presidente del Parlamento Vladimir Seks – non è servita, a causa dei passati peccati della Croazia ora apertamente ammessi da Mesic, a quanto le autorità croate si auguravano. Nella lettera si affermava che nell’ultimo mese la polizia croata aveva effettuato 2225 perquisizioni presso persone ritenute vicine al generale Gotovina, ed identificato persone che gli garantivano sostegno economico e persone che hanno sostenuto la sua latitanza.

"Una intensa attività investigativa e di ricerca compiuta dalla polizia croata e dai servizi segreti croati supportati da colleghi stranieri non ha purtroppo portato a trovare indicazioni sul luogo dove Gotovina si nasconde ed in particolare non si è stati in grado di definire se Gotovina si trovi su territorio croato", si afferma nelle conclusioni della lettera. Queste parole non hanno però scalfito la convinzione dell’UE, supportata dalle dichiarazioni di Carla del Ponte, che Gotovina può essere raggiunto dalle autorità croate, se solo queste vogliono farlo.

Analisti politici a Zagabria, le cui opinioni sono condivise dai leader dei partiti dell’opposizione, sono convinti del fatto che un possibile ritardo di mesi nell’inizio delle negoziazioni non causerebbe conseguenze drammatiche in Croazia. Se invece venisse procrastinato più a lungo, potrebbe causare destabilizzazione politica e l’allargarsi di un sentimento anti-europeo col rischio di finire in un abisso di nazionalismo, con fatali conseguenze per il futuro europeo del Paese.

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