Croazia, la politica degli asili
Da quando è arrivata al potere nel maggio 2021, l’amministrazione rosso-verde di Zagabria ha fatto dell’apertura di nuovi asili uno dei suoi cavalli di battaglia. In un paese in grave crisi demografica, la cura dei bambini è una questione politica

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Papà e figlio in un parco giochi di Zagabria © Paul Prescott / Shutterstock
“Abbiamo inaugurato 16 nuovi asili. Questi sono risultati concreti. Oggi abbiamo 33mila bambini iscritti negli asili comunali contro i 30mila di tre anni fa, e il sistema dà lavoro a 1200 persone in più”. In uno degli ultimi video pubblicati sui social media dalla piattaforma ecologista e progressista Možemo!, la vicesindaca di Zagabria Danijela Dolenec rivendica i risultati della sua amministrazione rispetto ai servizi per la prima infanzia.
Questo settore – assicura la vicesindaca – “è stato sottofinanziato per vent’anni”, mentre ora è in piena espansione. Možemo! ha vinto le elezioni a Zagabria nel 2021 e ha conquistato un secondo mandato nel 2025. Rispetto all’amministrazione precedente, guidata quasi ininterrottamente dal 2000 al 2021 da Milan Bandić (un ex socialdemocratico, poi indipendente sostenuto anche dall’estrema destra), i rosso-verdi di Možemo! hanno rivoluzionato la politica comunale per l’infanzia.
Genitori educatori
In passato, il comune di Zagabria spendeva somme ingenti (fino a 70 milioni di euro l’anno) per i cosiddetti “roditelji odgojitelji”, ovvero “genitori educatori”. Si tratta di una politica introdotta nel 2016 che prevedeva un contributo economico (equivalente al 65% dello stipendio medio lordo a Zagabria) per un genitore di almeno tre figli che decideva di rimanere a casa per occuparsene a tempo pieno. Lo status di genitore-educatore era di fatto equiparato a un lavoro, e il comune pagava i contributi sullo stipendio assegnato. Lo status era valido fino al compimento del quindicesimo anno di età del figlio più piccolo.
La misura era considerata una politica demografica, ovvero un incentivo alla figliazione per le famiglie zagabresi. La Croazia è infatti un paese in grave crisi demografica, che ha perso quasi il 10% della popolazione tra il 2011 e il 2021.
A partire dal 2021, la nuova amministrazione ha gradualmente abolito il programma dei genitori educatori, sostenendo che escludeva le donne dal mercato del lavoro (nel 90% dei casi il contributo era richiesto dalla madre) e che produceva pochi risultati a fronte di costi molto alti. Con un budget analogo, il comune si è impegnato a costruire le strutture necessarie affinché “ogni bambino abbia accesso ad un asilo comunale nel suo quartiere”.
Al momento del cambio di rotta, nella primavera del 2021, circa 5.500 persone beneficiavano dello status di genitore educatore, per un costo mensile di circa 5,5 milioni di euro per le casse del comune.
La nuova politica dell’amministrazione di Zagabria è stata duramente criticata da associazioni cattoliche come “U ime obitelji” (Nel nome della famiglia), nota in Croazia per essere tra i principali organizzatori delle manifestazioni antiabortiste. Dopo l’abolizione definitiva del programma nel 2022, l’associazione ha fatto ricorso alla Corte suprema, ma i giudici hanno respinto la richiesta a fine 2023.
Asili, avanti tutta
Dal 2021, dunque, l’apertura di ogni nuovo asilo viene festeggiata dall’amministrazione comunale come un passo avanti verso la promessa fatta all’inizio del primo mandato. A ottobre 2025 il comune ha inaugurato il sedicesimo nuovo asilo, per una spesa complessiva di 75 milioni di euro investiti finora in queste infrastrutture. Entro il 2027 – ha promesso il sindaco Tomislav Tomašević – si arriverà a 28 nuovi asili.
Per i genitori che iscrivono i propri figli negli asili comunali a Zagabria, il costo mensile da sostenere è di circa 50 euro al mese (ma il prezzo varia a seconda delle condizioni economiche dei richiedenti, la metà delle famiglie coinvolte paga tra 0 e 40 euro al mese). Il dato è in linea con quello delle altre città croate.
Secondo uno studio del portale gradonacelnik.hr, su un totale di 128 città croate, 18 città offrono un servizio completamente gratuito per la prima infanzia (erano appena 4 un anno fa). Spesso si tratta di città che cercano di attirare famiglie dalle aree circostanti (com’è il caso di Velika Gorica, che gravita attorno a Zagabria), oppure di centri inseriti in aree economicamente svantaggiate come Vukovar, Sisak e Slavonski Brod. Nelle altre città i prezzi possono salire fino a oltre 130 euro al mese, come a Krapina, Kutjevo e Pregrada, ma più frequentemente – nel 75% dei casi – restano inferiori ai 100 euro al mese. Non c’è grande differenza nei prezzi tra asili nido e scuole per l’infanzia.
Nonostante gli sforzi del comune di Zagabria, gli asili continuano però a non essere sufficienti nella capitale croata, tanto che quest’anno circa 800 bambini non hanno trovato un posto negli asili comunali. “Due anni fa non c’era posto per più di 3mila bambini, grazie ai nostri sforzi oggi quel numero è quattro volte inferiore”, si è comunque rallegrata la vicesindaca Danijela Dolenec. Per chi rimane escluso, rimangono gli asili privati (decisamente più cari) o le babysitter, che costano in media 8 euro l’ora in Croazia.
Isola felice
La fine della politica dei genitori educatori ha fatto molto discutere in Croazia, e la carenza di asili – specialmente a Zagabria – suscita polemiche ogni anno, ma uno sguardo agli altri paesi europei dovrebbe far ricredere i croati.
Una recente inchiesta del portale irlandese The Journal Investigates ha messo a confronto i costi dei servizi per l’infanzia in diversi paesi dell’area OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). In Irlanda, ad esempio, i genitori spendono in media 190 euro a settimana per l’asilo, ovvero poco meno di 800 euro al mese. Solo Paesi Bassi, Svizzera e Regno Unito sono ancora più cari. In questi paesi gli stipendi sono certamente più alti che in Croazia, ma la percentuale del reddito familiare che viene allocata ai servizi per la prima infanzia rimane molto alta: tra il 15% e il 19%, contro l’8% della media OCSE.
In Italia gli asili nido sono più economici – attorno ai 500 euro al mese a Roma e 670 euro circa a Milano per i nidi privati, e decisamente meno per quelli pubblici – ma i prezzi variano molto a seconda del comune e dell’ISEE della famiglia (esistono inoltre vari tipi di sussidi e bonus da far valere). Più che il costo, il problema qui è spesso il numero insufficiente dei posti disponibili negli asili.
Coi loro 50-100 euro mensili da allocare per l’asilo, i croati potrebbero insomma avere meno motivi per lamentarsi. Ma in futuro le cose potrebbero cambiare. Nonostante gli sforzi delle autorità, incombe all’orizzonte il problema della mancanza di personale. Come in tantissimi altri settori dell’economia croata, anche gli asili scarseggiano di educatrici e educatori. Secondo le stime delle associazioni di settore, negli asili croati ne mancano già almeno 5mila.
Questo articolo è stato prodotto in collaborazione con la testata irlandese The Journal Investigates nell'ambito di PULSE, un'iniziativa europea coordinata da OBCT che sostiene le collaborazioni giornalistiche transnazionali.











