Croazia: il testimone è Mesic
Il Tribunale dell’Aja declassifica la famosa testimonianza del 1997 in cui un «alto funzionario croato» raccontava l’accordo Tudjman-Milosevic sulla spartizione della Bosnia e la partecipazione della Croazia alla guerra. Ciò che tutti sapevano ora è anche ufficiale: quel testimone era Stipe Mesic
La settimana scorsa il Tribunale dell’Aja ha risposto positivamente alla richiesta del presidente croato Stjepan Mesic, declassificando la testimonianza da lui resa nell’aprile 1997. Mesic ha così posto fine ad una situazione insolita, che si era sviluppata fino ad un punto di fortissima tensione, in cui la sua testimonianza era sotto il sigillo di segretezza, ma nello stesso tempo se ne parlava pubblicamente nella stampa. E mentre il Tribunale dell’Aja e una parte dei media, che si erano attenuti al divieto del Tribunale di rivelare l’identità del «testimone segreto», parlavano di un «alto funzionario dello Stato», in Croazia tutti, ma letteralmente tutti, sapevano che si trattava del Presidente. E chiunque avesse voluto conoscere il contenuto della testimonianza di Mesic all’Aja, la poteva trovare pubblicata a puntate nelle edizioni di «Slobodna Dalmacija» o di «Hrvatska Slova».
L’occasione diretta per la richiesta di Mesic, togliere il segreto alla sua deposizione, era stato l’incidente verificatosi il 9 gennaio scorso, quando la polizia aveva fatto irruzione negli uffici dell’associazione dei veterani di guerra di Zagabria, per impedire la presentazione pubblica della famosa testimonianza. Alcuni veterani di guerra si erano allora scontrati con la polizia, due erano stati fermati, e la polizia in quell’occasione – per difendersi – aveva usato la forza.
La Hvidra (Militari Croati Invalidi della Guerra Patriottica) e le associazioni dei veterani di guerra, organizzazioni molto potenti in Croazia, avevano reagito duramente. Le associazioni hanno insistito in modo particolare sulla condanna dell’azione della polizia per il fatto che i due fermati erano invalidi di guerra. Si era unita alle loro proteste anche la vice premier Jadranza Kosor (Ministro della Famiglia, dicastero sotto cui ricade la responsabilità anche per i veterani di guerra), che ha chiesto le dimissioni dei poliziotti.
La situazione era giunta così ad un livello di tensione, con il timore che l’insoddisfazione dell’associazione dei veterani di guerra potesse portare ad un allargamento della protesta, di cui avrebbe potuto approfittare l’estrema destra, che si è sempre posta a difesa della Guerra Patriottica e dei combattenti branitelj, ndt. Nella polizia di Zagabria, intanto, «a causa del modo inadeguato nel quale è stato condotto l’intervento», sono stati sostituiti due alti funzionari, mentre il presidente Mesic, dopo un incontro con il premier Sanader, ha richiesto al Tribunale dell’Aja di declassificare la testimonianza.
Nell’aprile del 1997, quando aveva testimoniato all’Aja, Mesic era un politico dell’opposizione. La sua testimonianza era stata resa nel quadro del processo a Tihomir Blaskic, generale bosniaco-croato, accusato per crimini di guerra commessi da soldati dell’HVO (Consiglio Croato di Difesa – l’esercito dei croato bosniaci in Bosnia Erzegovina) contro i musulmano bosniaci. In quell’occasione, Mesic aveva raccontato come nel 1991 gli allora presidenti di Croazia e Serbia, Tudjman e Milosevic, si erano accordati per dividersi la Bosnia. Mesic aveva confermato anche la partecipazione dell’esercito croato alla guerra bosniaca.
La testimonianza di Mesic aveva fatto infuriare gli esponenti della destra estrema, allora eccezionalmente forti, che godevano anche del sostegno del primo presidente croato, Franjo Tudjman. Con l’aiuto dei servizi segreti croati, la testimonianza di Mesic era arrivata ai media, e una parte della sua deposizione – nonostante la dura reazione del Tribunale dell’Aja – aveva cominciato ad essere pubblicata. Per giorni e giorni, sui giornali, si sono ripetuti titoli sensazionalistici come «Il coltello di Mesic nella schiena della Croazia», oppure «Stipe Mesic, testimone d’accusa al Tribunale dell’Aja», per la gioia dell’allora potente estrema destra. Una parte dei media ha cominciato a presentare la testimonianza di Mesic come un tradimento nazionale, mentre minacce molto serie venivano indirizzate a lui e alla sua famiglia.
A causa della pubblicazione della testimonianza di Mesic, cinque giornalisti croati e un dirigente dei servizi di informazione (che aveva passato ai giornalisti la trascrizione della deposizione) si sono ritrovati all’Aja, accusati della violazione di un ordine del Tribunale.
Dopo che, la settimana scorsa, il Tribunale dell’Aja ha accolto la richiesta dell’attuale presidente della Croazia, Mesic, di declassificare la testimonianza, una parte dei media ha immediatamente pubblicato la deposizione. E Mesic, dal canto suo, ha confermato ogni singola parola che aveva pronunciato. La grande, peraltro, popolarità del presidente, non è crollata. Un sondaggio condotto da «Jutarnji List», di Zagabria, mostra che il 43,5% dei cittadini ritiene che abbia detto la verità (contro un 43,4% che hanno detto di non essere in grado di rispondere e il 13,1% che pensano abbia mentito).
Il famoso commentatore Davir Butkovic ricorda come la collaborazione con il Tribunale dell’Aja sia un obbligo per la Croazia, e che quindi la testimonianza resa da Mesic rappresenti un atto di buona volontà che in nessun modo può essere considerato come diretto contro l’interesse nazionale. Al contrario, afferma Butkovic, quella testimonianza «è un contributo alla comprensione delle vere motivazioni della guerra in ex Jugoslavia».
«Mesic, in definitiva, non ha fatto nessun compromesso collaborando con il Tribunale dell’Aja all’inchiesta sul ruolo del regime di Tudjman nella guerra in Bosnia Erzegovina», sostiene Butkovic.
Eppure, proprio quella parte della testimonianza, nella quale Mesic accusa la Croazia di aver partecipato all’aggressione contro la Bosnia Erzegovina, era stata condannata nel modo più duro al tempo del regime di Tudjman. Tudjman, del resto, aveva le sue buone ragioni: il Tribunale dell’Aja stava conducendo anche nei suoi confronti un’inchiesta, interrotta dalla sua morte nel dicembre del 1999.
Il fatto di aver testimoniato all’Aja, infine, non ha recato danno a Mesic. Ha vinto senza nessun intoppo le elezioni per la presidenza della Repubblica nel 2000, così come del resto cinque anni dopo, alla scadenza del primo mandato presidenziale. Nel secondo turno delle presidenziali infatti, a gennaio 2005, ha battuto la candidata governativa dell’Unione Democratica Croata (HDZ), Jadranka Kosor, allora vice premier, ottenendo il 64% dei voti. Anche in quell’occasione i suoi avversari avevano cercato di utilizzare la sua testimonianza all’Aja per fargli perdere voti. Nel quartier generale dell’HDZ, dove si trovava lo stato maggiore della candidata presidenziale del partito, venivano consegnate ai giornalisti copie della trascrizione della testimonianza di Mesic, per rialimentare così la discussione sulla sua partecipazione al «tradimento nazionale».
Gli osservatori più attenti ritengono che la mossa di Mesic, chiedere al Tribunale dell’Aja di declassificare quanto aveva dichiarato come testimone protetto, sia stata molto astuta e lungimirante. Ora che quella testimonianza non ha più la dolcezza del frutto proibito, il cibo già pronto non interessa più a nessuno. Gli avversari di Mesic, così, hanno perso non solamente le armi che hanno sbandierato fino ad ora, ma anche ogni motivo per utilizzarle.