Croazia: anche noi indignados

Anche in Croazia, lo scorso 15 ottobre, sono scesi in piazza gli indignados. Un momento importante, "perché vi è una scarsa tradizione dell’opinione pubblica croata nel manifestare pubblicamente la propria insoddisfazione", spiegano gli organizzatori. Un’intervista ad uno dei promotori dell’iniziativa

27/10/2011, Francesca Rolandi -

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Sabato 15 ottobre è stata una giornata di mobilitazioni in tutto il mondo, alla quale anche la Croazia ha partecipato con manifestazioni nella capitale Zagabria, a Pola, a Spalato e a Fiume. Secondo le stime dei media da 3.000 a 5.000 persone (10.000 secondo gli organizzatori) si sono riunite nella piazza centrale della capitale croata (trg Bana Jelačića), ed alcune centinaia nelle restanti città. Il manifesto del movimento è stato pubblicato sulla pagina Facebook 15.o Worldrevolution in Croatia.

Ne abbiamo parlato con Filip, coordinatore del movimento "15.o Prava demokracija sada" (15.o Vera democrazia ora).

Come giudicate la mobilitazione del 15 ottobre a Zagabria e nelle altre città croate?

Come organizzatori possiamo essere soddisfatti delle presenze alle mobilitazioni – che noi stimiamo in circa 10.000 persone – numeri significativi, dal momento che in Croazia, a differenza di altri Paesi, non esiste una vera e propria tradizione riguardo al fatto che la gente scenda in piazza per manifestare la propria insoddisfazione.

Chi sono stati gli organizzatori della mobilitazione?

Gli organizzatori sono stati un gruppo di cittadini comuni del quale fanno parte lavoratori, disoccupati e studenti. Ci hanno sostenuto poi cinque sindacati, numerose iniziative civiche e Ong che si occupano di diritti umani, oltre a diverse personalità del mondo dell’arte, giornalisti, attori e così via.

Quali sono state le reazioni dell’opinione pubblica e dei politici?

Per quanto riguarda il mondo della politica, possiamo dire che non ci sono state reazioni, i politici hanno ignorato l’evento, in Croazia come nel resto del mondo. Tuttavia possiamo essere soddisfatti della copertura mediatica. Mentre nel caso di altre proteste contro l’attuale coalizione di governo la televisione di stato HRT aveva ignorato l’avvenimento o lo aveva manipolato a partire dai numeri, in questo caso HRT e gli altri media hanno dedicato attenzione al movimento 15.o.

Credete che in qualche modo le vostre proteste possano avere un’influenza sulla scena politica alla vigilia delle elezioni?

Il 15 ottobre è solo la prima delle iniziative della società civile che non saranno rivolte direttamente contro il governo attuale, ma verteranno su temi più generali come la lotta alla corruzione e alla politica delle banche e delle multinazionali, ma soprattutto la richiesta di una maggiore partecipazione dei cittadini al sistema decisionale. Quindi, dal punto di vista locale, dal momento che ci troviamo in un periodo pre-elettorale, il messaggio centrale è che non vogliamo solo un cambio di governo, quindi l’uscita di scena del governo dell’HDZ (Hrvatska Demokratska Zajednica, Unione Democratica Croata, partito conservatore, ndr) e l’avvento al potere dell’altra coalizione, ma piuttosto cambiare l’atteggiamento dei politici. Chiediamo che inizino a lavorare offrendo soluzioni concrete e non populismo. Le riforme che sono in discussione ora in Croazia sono dure e dolorose e non vogliamo che i politici ci raccontino delle favole, ma che ci spieghino esattamente quale è il programma e come intendano svilupparlo.

Cosa significa il concetto di democrazia diretta in Croazia e nel mondo?

In Croazia, come nel resto del mondo, i cittadini sono insoddisfatti dal sistema di democrazia rappresentativa, in accordo al quale i politici vengono scelti, ma immediatamente dopo dimenticano le richieste del loro corpo elettorale. Il concetto di democrazia diretta ha un significato ampio che comprende differenti modelli. Ci sono forme più radicali, come le assemblee o i plenum, dove sono i cittadini a prendere decisioni, ma anche la facoltà per i cittadini di decidere attraverso referendum sulle questioni di interesse pubblico.

Negli ultimi anni in Croazia si è sviluppato un nuovo attivismo, che si è espresso in particolare nella battaglia a favore per l’istruzione gratuita nelle università e in quelle per la riappropriazione dello spazio pubblico. In quale stadio si trova ora la società civile in Croazia?

La Croazia è una democrazia relativamente giovane e stiamo ancora costruendo un attivismo civile. Lavoriamo affinché i cittadini esprimano le proprie opinioni non solo attraverso le elezioni ogni quattro anni, ma anche attraverso le manifestazioni di piazza e altre forme. Sono sempre di più coloro che sono pronti ad agire, a scendere in piazza, a sostenere le proprie richieste e ad alzare la voce, a differenza di una decina di anni fa. Quindi l’attivismo dei cittadini, sebbene non abbia un’eco così ampia come il movimento in Italia, Francia o Spagna, rappresenta un processo che è iniziato, che si sta sviluppando e che sicuramente durerà.

Quali sono state le richieste principali che i manifestanti hanno portato al plenum?

Molte sono comuni a quelle del movimento 15 ottobre nel mondo. Si è parlato di istruzione gratuita, di un sistema educativo di qualità, della riforma pensionistica, dell’occupazione di specifici luoghi pubblici, come le piazze, e anche dell’occupazione di determinate istituzioni, di sciopero generale. Inoltre è stata espressa la richiesta che il governo non disponga più a suo piacimento dei beni pubblici, delle risorse economiche e delle ricchezze naturali che appartengono a tutti i cittadini: le isole non possono diventare proprietà privata! A volte le richieste non erano legate le une alle altre, ma si è trattato del primo plenum, che forse è anche la prima forma di espressione di questo genere per i cittadini croati.

Chi sono i cittadini che sono scesi in piazza?

Quello su cui noi abbiamo insistito è stato il fatto che venisse utilizzato il termine "cittadino", scevro da accezioni di appartenenza ideologica, etnica o religiosa, e in questo modo siamo riusciti a unire diversi gruppi di cittadini, che possono essere di destra o di sinistra, conservatori o liberali, a favore o contrari all’ingresso nell’Unione Europea, ma che, scesi in piazza, hanno agito in modo unitario.

Siete inseriti in una rete globale? Avete contatti con altri attivisti nel territorio dell’ex Jugoslavia?

Siamo in coordinamento diretto con il centro del movimento, a Madrid. Abbiamo inoltre contatti diretti con Lubiana, e contatti informali e uno scambio di informazioni con Belgrado.

Quali saranno le vostre azioni immediate?

Gli studenti, ai quali è stata delegata l’organizzazione dello stesso plenum, hanno in programma discussioni pubbliche, mentre nel frattempo si stanno coordinando vari gruppi di cittadini e di sindacati per articolare le richieste dei cittadini e organizzare una protesta ancora più di massa.

Cosa vi aspettate dal futuro?

Viviamo in un villaggio globale e tutti gli avvenimenti sul piano mondiale interagiscono gli uni con gli altri. Ci aspettiamo che i cittadini si uniscano ed esercitino quanta più pressione possibile sul sistema politico-economico esistente, in Croazia come nel resto del mondo.

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