Crisi di governo in Romania

Il Primo ministro romeno, Emil Boc, ha annunciato questa mattina le proprie dimissioni. Il governo di Bucarest è caduto dopo settimane di proteste di piazza, avviate dal tentativo di riformare la sanità e dai tagli operati nel settore pubblico. Un approfondimento sul settore al centro delle proteste di questi giorni

06/02/2012, Daniela Mogavero -

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Il Primo ministro romeno, Emil Boc (Foto EPP, Flickr )


Un malato terminale, bisognoso di cure urgenti. Il quadro “clinico” della sanità romena è preoccupante. Proprio il settore che dovrebbe rispondere alle necessità sanitarie e di aspettativa di vita di una popolazione già piegata dalla crisi economica e dall’austerità è il più in pericolo “di vita”, se così si può dire. Pur non essendo una novità dell’ultima ora, lo stato di prostrazione della sanità romena è ritornata all’onore delle cronache e ha dato il via a più di due settimane di proteste contro il governo e il presidente Traian Basescu, che hanno infine portato alla crisi di governo.

La goccia

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, e che ha riaperto il dibattito sul tema, sulla corruzione dilagante, sulle strutture fatiscenti e sulla fuga di medici e infermieri è stata la tanto criticata e infine ritirata proposta di legge per la modifica del sistema sanitario del Paese. Un testo, presentato alla fine dello scorso anno, che proponeva la privatizzazione del sistema di assicurazioni sanitarie, la concorrenza tra ospedali per accaparrarsi i fondi e “pacchetti di base” per l’assistenza sanitaria soltanto per i più indigenti e i casi di emergenza. Per tutti gli altri, cure in base a quanto si può pagare di assicurazione. Una riforma che sarebbe di vitale importanza per il settore ma che così concepita ha finito per portare il governo di centrodestra al crollo.

La Romania ha il triste primato di essere il peggiore dei Paesi dell’Unione europea per quanto riguarda la spesa pubblica destinata al settore sanitario nazionale: anche se la cifra stanziata è quadruplicata in sei anni, Bucarest ha destinato nel 2011 soltanto il 4% del Pil, circa 5,5 miliardi di euro, per la sanità. E anche se per il 2012 la cifra stanziata è salita a circa 11 miliardi, il settore avrebbe bisogno di un’iniezione di adrenalina per risollevarsi realmente. Le ragioni di un budget di spesa così ridotto e insufficiente sono tre: il basso numero di contribuenti, meno di sette milioni su una popolazione che si avvicina ai 22; la cattiva gestione delle risorse; la corruzione che di fatto devia e fa perdere nelle maglie del sistema di assicurazioni, laboratori, farmacie e ospedali i fondi messi a disposizione.

Transizione e mazzette

In particolare, le mazzette per gli appalti e le forniture e quelle quotidianamente elargite dai pazienti ai medici sono un cancro duro da estirpare. In Romania, coloro che possono permetterselo si affidano alle cure delle cliniche private che, negli ultimi anni, sono sorte soprattutto nelle grandi città, oppure si presentano in ospedale con una “bustarella”, figlia di una tradizione iniziata nell’era di Ceausescu ma che è rimasta anche dopo la transizione, a garanzia di una diagnosi e di una cura più attente da parte del personale medico-infermieristico mal pagato. Lo scorso anno il sistema sanitario romeno contava, per ogni mille abitanti, 1,9 medici e 7,4 posti letto.


Detto ciò, che cosa proponeva la riforma ritirata dal governo Boc ancor prima di arrivare in sede parlamentare? I punti cardine della bozza erano i seguenti: un sistema di finanziamento della sanità a doppio binario, pubblico e privato, la creazione di una struttura assicurativa privata, formata da 4-10 assicurazioni sotto la supervisione dell’Authority pubblica, un pacchetto base di cure per tutti ridotto alle emergenze, la trasformazione degli ospedali in fondazioni o compagnie private che concorrerebbero tra loro per accaparrarsi i fondi delle assicurazioni, la contribuzione obbligatoria per ogni lavoratore sopra i 18 anni per l’acquisto della propria polizza assicurativa, l’utilizzo di medicinali generici invece di farmaci costosi e la possibilità per ciascun dottore di negoziare il proprio salario. Gli unici esentati dal pagamento della quota mensile per l’assicurazione sarebbero stati, nel progetto, i minorenni o coloro che hanno un reddito inferiore a 150 euro al mese.

La ricetta delle privatizzazioni

Ma quello che ha scatenato più di tutto le proteste è stato il focus sulla privatizzazione e sulla concorrenza. Un principio, quest’ultimo, che era stato fortemente voluto dal presidente Basescu che da tempo chiede un coinvolgimento sempre più forte del privato nella sanità romena: “Voglio ribadire che abbiamo bisogno del settore privato nella sanità. Secondo l’analisi effettuata dalla commissione presidenziale, se aprissimo le porte degli ospedali al settore privato potremmo evitare che le amministrazioni locali sborsino denaro per acquistare le ambulanze e si potrebbe alleggerire il peso della spesa sanitaria sul bilancio statale”, ha dichiarato nei giorni in cui veniva presentata la riforma. “La competizione – aveva aggiunto – non farà altro che spingere il sistema pubblico a migliorare le proprie performance. Questa è la filosofia che guida la legge”.

La realtà, però, è difficile da modificare e la strada verso una riforma che possa porre rimedio a decenni di sfascio è drammaticamente lunga, soprattutto in un quadro di emergenza economica ancora pressante. Bisognerà attendere il prossimo governo o il prossimo presidente per un nuovo progetto di legge, ma occorre fare presto: gli ospedali romeni hanno l’acqua alla gola e hanno già superato i 250 milioni di euro di debiti verso i fornitori. Una cifra che di certo non diminuirà facilmente.  

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