Covid-19: esperimento Bulgaria
La Bulgaria è entrata nella sua quarta ondata Covid-19 col più basso tasso di vaccinati nell’Ue, e registra oggi numeri record sia nei tassi di contagio che di mortalità associata al virus. Le autorità cercano ora di correre ai ripari, ma incontrano non poche resistenze
Lo scorso agosto l’analista politico bulgaro Tihomir Bezlov scriveva sul suo profilo Facebook: “Con il suo record negativo di vaccinazioni anti-Covid all’interno dell’Ue, la Bulgaria rappresenta oggi una sorta di ‘esperimento medico-sociale naturale’”.
Fin dall’inizio della pandemia Bezlov, ricercatore del Centro per gli studi sulla democrazia, è tra coloro che ha raccolto in modo più costante e sistematico i dati relativi alla diffusione del Covid-19 in Bulgaria.
Le statistiche accumulate sembrano dimostrare che, se di esperimento si tratta, viene pagato dal paese a caro prezzo: soprattutto nelle ultime settimane, quando la Bulgaria si è trovata al centro di una quarta ondata di contagi. Dopo un’estate relativamente tranquilla, da fine agosto il numero dei positivi è tornato a crescere in fretta, toccando un nuovo record con i 28.500 della settimana 16-23 ottobre, con un tasso di positività medio al 15,5%.
Nella stessa settimana, la Bulgaria ha registrato 802 morti, con 104 vittime per milione di abitanti, un’incidenza inferiore solo alla Romania (134) e lontanissima dalla maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale (in Italia, ad esempio ci si è fermati a 4). Lunedì 25 ottobre è stato registrato il numero record sia di contagi (5863) che di morti (234) a partire dall’inizio della diffusione della malattia.
Ma l’alto prezzo pagato dalla Bulgaria al Covid-19 non riguarda solo le ultime settimane: secondo i dati elaborati dall’Economist , il paese è quello che ha registrato il più alto eccesso di mortalità al mondo dall’inizio della pandemia, con 600 morti in più su 100mila abitanti rispetto a quelli prevedibili sulla base delle tendenze storiche.
Un dato superiore a quello di paesi come Perù e Russia, e che potrebbe far emergere una fetta sostanziale di vittime del virus non registrate ufficialmente (41mila morti in più rispetto alle tendenze storiche da marzo 2020, rispetto ai 23mila circa ufficialmente attribuiti al Covid-19 nello stesso periodo).
Preoccupato dal rapido aumento dei casi, che sta mettendo a dura prova il sistema sanitario nazionale, l’esecutivo tecnico attualmente al governo in Bulgaria ha deciso la settimana scorsa di introdurre nuove misure per tentare di limitare il contagio.
Da lunedì 25 ottobre, dopo un breve periodo di tolleranza, tutte o quasi le attività al coperto – ristoranti, centri commerciali, cinema, teatri ecc. – possono essere frequentate soltanto da chi è in possesso di un green pass, che ne dimostra l’avvenuta vaccinazione o la guarigione dalla malattia (un certificato di durata limitata può essere ottenuto anche dopo un test PCR o antigenico negativo).
Per la prima volta l’obbligo del certificato è stato esteso anche ai lavoratori del settore sanitario, che lo devono mostrare per continuare a lavorare in ospedali, cliniche e case di cura, con multe dai 300 ai 1000 leva (150-500 euro) per chi non rispetta le disposizioni.
A pagare pesantemente il problematico sviluppo della situazione sono poi – ancora una volta – alunni e studenti, passati nuovamente alla didattica a distanza nelle province con i tassi di contagio più alti, Sofia compresa.
L’introduzione del green pass nel paese Ue col più basso tasso di vaccinazione dell’Unione (solo il 20% della popolazione circa ha completato ad oggi il ciclo vaccinale) ha prevedibilmente scatenato non poche resistenze. Dopo l’annuncio della decisione, manifestazioni di protesta – organizzate attraverso i principali social network – sono state tenute nella capitale Sofia e in numerose altre città bulgare. Al tempo stesso, però, negli ultimi giorni anche il numero delle dosi di vaccino somministrate ha fatto registrare un’improvvisa impennata.
Come prevedibile, il tema delle misure anti-pandemiche ha presto dato vita a una girandola di variegate posizioni politiche, anche perché il prossimo 14 novembre la Bulgaria è chiamata a nuove, ennesime elezioni anticipate, dopo quelle interlocutorie di aprile e luglio.
Per l’autore e antropologo Ivaylo Dichev, professore all’Università “Cirillo e Metodio” di Sofia, la politicizzazione della pandemia non è un’esclusiva bulgara. “La cosa interessante, però”, ha scritto Dichev in un suo recente commento , “è che in Bulgaria tutte le forze politiche – in un modo o nell’altro – sono contro le misure anti-Covid”.
“La sfortuna di molti”, continua Dichev, “è che la quarta ondata ci ha colti durante la campagna elettorale, momento in cui nessuno vuole assumersi la responsabilità di scelte impopolari”. Una circostanza che, secondo l’antropologo, costerà la vita a molti.
Il presidente bulgaro Rumen Radev ha riunito domenica il governo tecnico da lui nominato per fare il punto della situazione . Pur appoggiando la decisione di introdurre l’obbligo del green pass, considerata l’unica realistica alternativa ad un nuovo lock-down, Radev ha chiesto all’esecutivo di affrontare in fretta alcuni degli elementi problematici della nuova strategia, primo fra tutti far tornare gli studenti in classe il prima possibile.
Lunedì 25 ottobre il ministro dell’Istruzione Nikolay Denkov ha avanzato la proposta di rientrare a scuola con test poco invasivi da effettuare su alunni e studenti due volte la settimana, idea applicabile però solo col consenso dei genitori, che non può essere dato per scontato.
Nel frattempo, anche la strada per ottenere il green pass è stata almeno in parte facilitata: il documento verrà assicurato sia a quei malati che hanno certificato la positività attraverso un test rapido, sia direttamente a chi ha ricevuto la prima dose di vaccino. Alcune organizzazioni di categoria, come quella che riunisce gli operatori del turismo e della ristorazione, insistono perché il certificato possa essere assegnato anche in base ad un test che certifichi la presenza di anticorpi, ma il dibattito su quest’ultima proposta resta aperto.
Tutte misure dirette a gestire l’attuale situazione, ma che non affrontano il nodo irrisolto del diffuso scetticismo nei confronti della campagna vaccinale. Con quattro vaccini a disposizione ed alti tassi di contagio e mortalità, la larga maggioranza dei cittadini bulgari continua a scegliere di non vaccinarsi: disinformazione, diffusione di teorie cospirative e un certo fatalismo contribuiscono al fenomeno.
Ma i fattori più importanti sembrano essere la profonda sfiducia nei confronti dell’autorità, divenuta ormai cronica, e il caos politico degli ultimi mesi, con le istituzioni sempre più incapaci di dare segnali chiari e coerenti ai cittadini.