Coronavirus, la Serbia dichiara lo stato d’emergenza

Dal 15 marzo in Serbia sono in vigore restrizioni per la popolazione. Rinviate le elezioni previste per il 26 aprile. Soldati armati davanti agli ospedali e coprifuoco. C’è chi teme un’ulteriore svolta autoritaria da parte del partito al potere

18/03/2020, Dragan Janjić - Belgrado

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Belgrado (© Bobica10/Shutterstock)

Domenica 15 marzo la Serbia ha dichiarato lo stato di emergenza a causa dell’epidemia di coronavirus. Sono stati chiusi gli asili nido e le scuole, limitato il movimento delle persone con più di 65 anni, imposta la quarantena per tutti coloro che entrano nel paese, limitato il numero di persone che possono radunarsi nei bar e ristoranti, chiusi tutti gli sportelli della pubblica amministrazione.

La decisione di dichiarare lo stato di emergenza è arrivata una decina di giorni dopo l’indizione di elezioni parlamentari e amministrative, fissate per il prossimo 26 aprile, e ha di per sé comportato un’ulteriore politicizzazione della questione dell’emergenza coronavirus.

L’intrecciarsi delle due questioni – quella dell’epidemia di coronavirus e quella delle elezioni – era inevitabile, anche perché, secondo alcune stime, il picco dell’epidemia potrebbe arrivare ad aprile.

Il giorno dopo la proclamazione dello stato di emergenza, lunedì 16 marzo, la Commissione elettorale centrale (RIK) ha deciso di “sospendere tutte le attività elettorali”, il che praticamente significa che le elezioni saranno rinviate. L’interruzione delle attività elettorali implica anche la sospensione della presentazione delle liste elettorali (la scadenza del termine per la presentazione delle liste era inizialmente fissata al 10 aprile).

La RIK deciderà sul proseguimento del processo elettorale una volta terminato lo stato di emergenza che, secondo quanto previsto dalla legge, può durare fino a 90 giorni, prorogabili per altri 90, quindi al massimo 6 mesi.

Pochi giorni prima della proclamazione dello stato di emergenza il governo ha adottato un decreto che vieta gli assembramenti di oltre 100 persone in spazi chiusi (tale limite è stato successivamente ridotto a 50 persone), motivo per cui – come ha chiarito il governo – non è stato possibile convocare una seduta straordinaria del parlamento (che conta 250 deputati) per votare sul decreto che introduce lo stato di emergenza.

Il decreto è stato approvato dal presidente della Repubblica Aleksandar Vučić, dalla premier Ana Brnabić e dalla presidente del parlamento Maja Gojković che, secondo quanto previsto dalla costituzione, possono dichiarare lo stato di emergenza senza voto del parlamento qualora quest’ultimo fosse impossibilitato a riunirsi.

Così, per volere della leadership al potere, i lavori del parlamento sono stati sospesi con un decreto del governo eletto da quello stesso parlamento.

Alcuni giuristi ritengono che i vertici dello stato dovevano (e avrebbero potuto) trovare un modo per riunire il parlamento, ma la coalizione di governo ha ignorato completamente tali critiche.

Anche se respingiamo l’ipotesi – avanzata da alcuni esponenti dell’opposizione ed esperti – secondo cui l’élite al potere avrebbe creato artificiosamente una situazione che le permette di decidere, facilmente e rapidamente, su questioni importanti, come lo stato di emergenza, resta comunque il fatto che il governo si è dimostrato, come minimo, incapace di prevedere le possibili conseguenze del divieto di assembramenti in spazi chiusi sulla democraticità del processo decisionale politico.

Campagna

Considerando la drammatica situazione che alcuni paesi, come l’Italia, stanno vivendo a causa dell’epidemia di coronavirus, si può supporre che, se il coronavirus dovesse diffondersi ulteriormente in Serbia, sarebbe praticamente impossibile condurre la campagna elettorale e tenere le elezioni, e il presidente Vučić ne è probabilmente consapevole.

Vučić ha dichiarato lo stato di emergenza nel tentativo di rendere più efficace la lotta all’epidemia di coronavirus, ma anche allo scopo di rimanere al centro dell’attenzione pubblica e di creare le condizioni affinché nei prossimi mesi, cioè finché non passa il pericolo del coronavirus, la sua voce e quella di altri esponenti della coalizione di governo possa sentirsi ancora più forte.

Durante la conferenza stampa in cui ha reso nota la decisione di proclamare lo stato di emergenza, Vučić si è sforzato di far emergere il lato emotivo, soprattutto rivolgendosi ai cittadini con più di 65 anni, che sono particolarmente esposti al rischio di infezione da coronavirus, invitandoli a restare a casa.

Tuttavia, l’appello del presidente è rimasto inascoltato perché il giorno successivo per le strade di Belgrado e di altre città serbe c’erano molti anziani che, come ogni altro giorno, erano usciti per sbrigare le solite faccende: per pagare le bollette, comprare le medicine, fare la spesa, o semplicemente per fare una passeggiata nel parco. La premier Ana Brnabić ha reagito immediatamente e nel pomeriggio dello stesso giorno ha condannato duramente il comportamento dei cittadini. 

Martedì 17 marzo il governo ha adottato ulteriori misure, ancora più restrittive: è vietata la circolazione di persone dalle 20:00 alle 05:00, il che praticamente significa che è stato introdotto il coprifuoco, mentre alle persone con più di 65 anni è vietato di uscire di casa. Lo ha reso noto il presidente Vučić, spiegando che il governo è stato costretto a introdurre nuove misure perché la popolazione ha ignorato gli appelli lanciati nei giorni scorsi. 

Se molti cittadini non hanno preso sul serio le nuove misure è in gran parte colpa della leadership al potere. Perché fino a una quindicina di giorni fa, durante le varie conferenze stampa – a cui aveva partecipato anche il presidente Vučić – e sui media mainstream si sono potute sentire affermazioni secondo cui il nuovo coronavirus sarebbe “il virus più ridicolo della storia”, meno pericoloso della semplice influenza, e i serbi, che sono sopravvissuti a guerre e sanzioni, sarebbero in grado di sconfiggere facilmente il coronavirus consumando rakija e aglio.

Alcuni rappresentanti del potere, con tono scherzoso, hanno consigliato alle donne di approfittare dell’occasione e di andare a fare shopping a Milano. Fino a una settimana fa i rappresentanti del governo e le autorità sanitarie sostenevano fermamente che non c’era bisogno di chiudere scuole ed asili nido.

Tale atteggiamento era probabilmente dovuto al fatto che la coalizione di governo era già in piena campagna elettorale. La leadership al potere contava su una netta vittoria alle elezioni e non voleva che nulla, nemmeno una pandemia, mettesse a repentaglio i propri piani.

Quando è diventato chiaro che la situazione si stava aggravando e che bisognava reagire velocemente, il governo ha introdotto misure molto dure, senza aver prima preparato l’opinione pubblica.

Così gran parte della popolazione, che aveva “capito” che la Serbia avrebbe sconfitto il coronavirus senza grossi problemi, si è trovata costretta a subire restrizioni drastiche, come il divieto di uscire di casa per chi ha più di 65 anni. Non c’è da stupirsi quindi se la nuova strategia della leadership serba per contrastare l’epidemia di coronavirus sta incontrando seri ostacoli, che in qualche modo dovranno essere superati.

Sfide

I cittadini serbi con più di 65 anni – in gran parte sostenitori del Partito progressista serbo (SNS) guidato da Vučić – sono rimasti un po’ confusi. Qualora il governo decidesse di attuare le sanzioni drastiche annunciate, comprese la multa di 150.000 dinari (circa 1200 euro) per chi viola il divieto di uscire di casa, si scontrerà con la resistenza della popolazione.

Oggettivamente sarebbe difficile riscuotere una multa de genere perché molti cittadini percepiscono una pensione inferiore ai 400 euro e fanno fatica a pagare le bollette. Inoltre, molte persone con più di 65 anni lavorano ancora e sopravvivono grazie al loro stipendio. Quindi, il governo dovrà essere flessibile nell’applicazione delle misure adottate; altrimenti dovrà prepararsi ad affrontare il malcontento della popolazione.

Vučić è probabilmente consapevole dei potenziali rischi che corre, motivo per cui si sforza di apparire quotidianamente in pubblico e di mantenere l’attenzione dei suoi sostenitori. Il presidente ormai da qualche tempo si rivolgeva all’opinione pubblica più volte alla settimana, e da quando è scoppiata l’epidemia di coronavirus lo fa quasi ogni giorno.

Vučić sta approfittando della situazione anche per criticare l’opposizione e per mettere in risalto i presunti successi e meriti della coalizione al governo. Tale comportamento ha solo rafforzato la convinzione degli esponenti dell’opposizione che la decisione di proclamare lo stato di emergenza sia stata motivata anche da ragioni politiche e che Vučić stia cercando di marginalizzare ulteriormente l’opposizione che ormai da anni non ha alcuna possibilità di accedere ai media mainstream.

Il fatto che Vučić abbia proclamato lo stato di emergenza su proposta del ministro della Difesa Aleksandar Vulin ha suscitato insoddisfazione e critiche perché la Serbia non è esposta al pericolo di un’aggressione militare bensì a una minaccia per la salute pubblica.

Dispiegando i soldati armati di fucili davanti agli ospedali e in alcuni quartieri di Belgrado, la leadership al potere ha probabilmente voluto inviare un forte messaggio sulla serietà della situazione, ma tale mossa ha solo rafforzato timori e sfiducia di quei cittadini che sono preoccupati per il deterioramento dello stato di diritto e per l’intensificarsi dell’influenza esercitata dal partito di governo sulle istituzioni.

Riassumendo, la coalizione al governo, nonostante sia uscita rafforzata dall’introduzione dello stato di emergenza, nei prossimi mesi dovrà affrontare la resistenza dell’opposizione e l’incomprensione di una parte dei suoi sostenitori.

Tutta la responsabilità ricade sulla leadership al potere che, nel caso in cui non dovesse riuscire a contrastare in modo adeguato l’epidemia di coronavirus, potrebbe trovarsi in una posizione molto difficile. Ed è per questo che Vučić non può permettersi di fallire questa battaglia.

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