Conflitti congelati, conflitti protratti

Il 4 marzo scorso si è tenuta la quindicesima sessione delle Discussioni di Ginevra, il difficile esercizio diplomatico che cerca di trovare risposta politica alla guerra dell’agosto 2008 in Georgia. Sul terreno non si registrano scontri, tutto sembra stabile. Ma la situazione nelle due entità secessioniste è in continua evoluzione

07/03/2011, Marilisa Lorusso -

Conflitti-congelati-conflitti-protratti

Sede della Nazioni Unite a Ginevra (flickr/un_photo)

Le fonti internazionali hanno usato per anni l’espressione “conflitti congelati”, per descrivere lo stallo che caratterizzava le negoziazioni per una soluzione politica dei conflitti riguardanti Abkhazia, Ossezia del Sud e Nagorno Karabakh. Il rappresentante speciale OSCE per i conflitti sud caucasici al tavolo delle trattative di Ginevra ha invece come parte della sua denominazione ufficiale la formula “for protracted conflicts”, “per conflitti protratti”. Non è un virtuosismo linguistico, e non solo perché i conflitti che riguardano le regioni secessioniste georgiane si sono “scongelati” nell’agosto 2008. A differenza di “conflitto congelato”, la formula “conflitto protratto” suggerisce che la situazione nei territori contesi sia in continua evoluzione.

Così dall’inizio degli anni ’90, quando al crollo dell’Unione Sovietica scoppiarono le due guerre secessioniste in Ossezia del Sud e in Abkhazia, alla guerra e invasione dell’agosto 2008, la situazione delle due repubbliche secessioniste ha continuato a evolversi: sono state adottate le costituzioni, si sono tenute le elezioni per gli organi di amministrazione locale, esecutivi, legislativi, si sono consolidate le istituzioni statali, i gruppi di interesse, la narrazione della storia.

Indipendenza in evoluzione

Il cessate il fuoco insito nel Six Point Agreement [l’accordo, noto anche come Medvev-Sarkozy, che il 12 agosto 2008 ha posto fine alle fase più acuta delle ostilità tra Russia e Georgia, ndr] ha in effetti fermato il conflitto nei territori contesi, tanto che il territorio georgiano è l’unico in tutto il Caucaso a non registrare dall’inizio dell’anno episodi di sangue. Non si è invece arrestato il consolidamento di Abkhazia e Ossezia del Sud, le due repubbliche de facto che sempre di più si allontanano da Tbilisi. Hanno una politica estera indipendente, in primis con la Russia, poi con i Paesi che le riconoscono (Venezuela, Nauru, Nicaragua) e con quelli che per un motivo o per l’altro (Turchia, Giordania) intrattengono rapporti commerciali con esse. Esercitano la propria sovranità, a volte con un forte condizionamento russo, sulla gestione del territorio, del sottosuolo, delle fonti di ricchezza e della sua ripartizione.

In Abkhazia una commissione russo-abkhaza fornisce pareri e indicazioni sulla gestione degli immobili di appartenenza degli sfollati dei due conflitti. Contro questa politica tuona il ministero degli Esteri georgiano, che accusa la Russia di “fascismo etnico”, poiché i diritti di proprietà dei cittadini russi di origine georgiana non sarebbero garantiti o rispettati dalle decisioni della commissione. L’annosa questione delle proprietà private degli sfollati si intreccia con il problema irrisolto dei rientri e delle richieste di compensazione di guerra che rappresentano il lato più sensibile delle trattative post-conflitto non solo dal punto di vista economico, ma anche per quanto riguarda la sicurezza delle persone.

Se questa situazione si è solo inacerbita rispetto al quadro pre-agosto 2008, altri elementi di sovranità georgiana hanno subito un ridimensionamento più significativo: l’uso della moneta, gli attraversamenti della linea di divisione amministrativa, i documenti personali, sono tutti fattori che negli ultimi due anni stanno rendendo la spaccatura fra Tbilisi e Sukhumi/Tskhinvali sempre più difficile da ridurre.

Fino al 2008 il Lari, la moneta georgiana, pur non essendo la moneta “nazionale” di Abkhazia e Ossezia del Sud, veniva utilizzato soprattutto nelle zone con traffici più diretti e intensi con i distretti sotto controllo georgiano, per esempio ad Akhalgori. Dal 17 febbraio scorso l’utilizzo del Lari è vietato per delibera delle autorità sud ossetine.

La progressiva trasformazione della linea di demarcazione amministrativa in “confine di Stato” ha avuto una serie di conseguenze che vanno dalla riduzione del numero dei punti di attraversamento alla militarizzazione degli attraversamenti stessi e – effetto nefasto per la popolazione – ad un aumento delle detenzioni per “attraversamento illegale”. Quest’ultimo fenomeno appare particolarmente critico lungo i “confini” dell’Ossezia del Sud, dove dall’inizio dell’anno almeno 4 persone sono state arrestate in simili circostanze. Ripreso a funzionare il Meccanismo per Prevenzione e Reazione degli Incidenti a Ergneti/Dvani, le vittime di questo procedimento hanno un forum idoneo dove i loro casi possono venire discussi dalle parti e – possibilmente – risolti. Il Meccanismo, abbreviato in IPRM (Incident Prevention and Response Mechanism) è ripreso dopo una pausa di circa un anno, mentre a Gali, sul fronte abkhazo, si è tenuto con regolarità dalla sua introduzione, giungendo attualmente a 25 incontri tenutesi a cadenza bi-tri settimanale. Per quanto riguarda la questione degli attraversamenti fra Abkhazia e Georgia il Presidente de facto Sergej Bagapsh ha dichiarato: “Non ci opponiamo al fatto che gli abitanti del distretto di Gali vadano a trovare i propri cari nel vicino distretto di Zugdidi. Ma un sistema deve essere applicato, devono essere determinate le regole e i punti di passaggio di attraversamento della frontiera con la Georgia. In futuro se verranno stabilite normali relazioni con la Georgia, potremmo avere due o tre punti di passaggio di questo tipo”. In un futuro in cui – cioè – la Georgia rinunciasse alla propria integrità territoriale. Un futuro che a Tbilisi non pare plausibile nemmeno in via ipotetica.

Passaporti e demografia

Fino al conflitto del 2008 le entità non avevano perseguito una politica rigorosa nella creazione di un corpus di cittadini. Dopo il conflitto la “passaportizzazione” ha subito un’accelerata che è culminata quest’anno in Ossezia del Sud con la distribuzione dei passaporti interni nel distretto di Akhalgori, che in effetti sostituiscono le carte d’identità emesse dal governo di Tbilisi, pur senza l’obbligo di rinunciare alla cittadinanza georgiana. Dal 15 febbraio i nuovi passaporti biometrici dovrebbero essere in distribuzione su tutto il territorio della regione. In Abkhazia la validità dei passaporti sovietici è scaduta con la fine di gennaio. I cittadini che dovessero lasciare la Repubblica dovrebbero essere in possesso di un passaporto russo o di uno dei 17.337 passaporti abkhazi recentemente emessi. Sukhumi ha inoltre tenuto, dal 21 al 28 febbraio, un censimento “nazionale”. L’ultimo censimento ufficiale era quello sovietico, del 1989, secondo il quale dei 525.061 cittadini residenti in Abkhazia, il 45,7% erano georgiani etnici, il 17,8% abkhazi, il 14,6% armeni, il 14,3% russi. Secondo una stima dell’International Crisis Group del 2006, i residenti in territorio abkhazia sarebbero ridotti a 157.000-190.000, mentre nel 2003 le de facto autorità di Sukhumi dichiararono una cifra di 215.000 cittadini, di cui il 43,8% abkhazi, il 20,8% armeni, il 19,6% georgiani.

Sullo sfondo di questo panorama sempre più complesso, demograficamente impoverito, regionalmente meno integrato e più conflittuale, le Discussioni di Ginevra sono l’unico canale politico aperto di trattativa. Altri strumenti sono a disposizione delle parti (l’attività della Croce Rossa o del Consiglio d’Europa) per la risoluzione di episodi specifici, ma solo a Ginevra abkhazi, ossetini, russi, georgiani, siedono, a fianco di una delegazione americana e sotto la guida di OSCE, Unione Europea, ONU, per confrontarsi sulle proposte e sulle esigenze delle differenti parti. Certo è che, se non verrà rinforzato dalla pressione continua della comunità internazionale intesa anche come singoli Stati e – ancora più significativamente – dalla volontà politica delle parti direttamente coinvolte, è un canale attraverso cui si cerca di far passare un fiume.

 

(http://marilisalorusso.blogspot.com/ – il blog di Marilisa Lorusso dedicato al Caucaso del sud)

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