Come sopravvivere alla transizione

In riferimento all’economia di molti paesi balcanici si parla spesso di "transizione". Categoria concettuale sulla quale non tutti concordano. Un’inchiesta promossa in Serbia da alcuni sindacati descrive come i lavoratori vivono questa "transizione".

07/05/2002, Redazione -

Nei giorni scorsi, a Nis, sono stati presentati i risultati di una ricerca promossa dall’Alleanza dei sindacati della Serbia. "Obiettivo della ricerca era quello di analizzare come i lavoratori si rapportassero con la "transizione" e soprattutto come ritenessero i sindacati possano agire per attenuare i costi sociali che questa transizione sta causando", ha chiarito ad una conferenza stampa Srecko Mihajlovic, coordinatore del gruppo di ricerca.
Dalle interviste ai lavoratori emerge uno spirito "negativo e pessimista" che caratterizza la loro visione del presente e del futuro: le parole più ricorrenti sono paura, preoccupazione, mancanza di speranza. E manca anche lo slancio per partecipare in modo energico a processi che possano portare ad un cambiamento di questa situazione.
La maggior parte degli intervistati ritiene che il periodo della vita nel quale ha vissuto meglio è stato quello della Jugoslavia socialista. Il momento peggiore invece gli anni del regime di Milosevic. Ma emergono altri dati interessanti: il 56% dei lavoratori intervistati non sa se fa parte o meno di un sindacato. Il 52% ha paura dell’accendersi del conflitto sociale se non inizierà un dialogo serio tra sindacati e governo. Raccolti dati anche sul livello salariale: il 5% degli intervistati ha dichiarato di guadagnare meno di 50 €, il 23% tra i 50 ed i 100 €, il 34% tra i 100 ed i 150 €, il 27% tra i 150 ed i 250 € ed infine l’11% ha dichiarato di guadagnare più di 250 € (Narodne Novine, 30.04.02).

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