Cipro, sul set con il nemico
Turco-ciprioti e greco-ciprioti insieme in un film sull’isola divisa. A dirigerli Derviş Zaim, in una pellicola sugli scontri etnici degli anni ’60, alla vigilia dell’occupazione turca. Per il cineasta, una nuova operazione controcorrente. Ma che pur dichiarando equidistanza tra le parti, farà discutere
Attori turchi e greci, nativi delle zone opposte di Cipro, insieme sul set nell’isola mediterranea. Il tema è dei più brucianti: un film sulla violenza etnica che annientò la Repubblica di Cipro nel 1963, alla vigilia dello showdown dell’occupazione turca dell’isola nel 1974. A dirigerli il turco-cipriota Dervis Zaim.
"Sarà il primo ad essere mai riuscito a riunire artisti delle due parti di Cipro, che si confrontano lungo uno degli ultimi muri d’Europa, che separa il nord turco e il sud greco" ha commentato con entusiasmo il quotidiano turco "Hürriyet". Ma non è l’unico.
Sulla stampa anatolica c’è grande attesa per la nuova opera del giovane maestro turco-cipriota, che verrà presentata ad ottobre al festival di Antalya, la maggior kermesse cinematografica nazionale. Per poi uscire nelle sale.
Decisamente più controversa invece la pellicola per gli altri osservatori. A partire da quelli del XVI Festival del cinema turco di Londra, che a giugno 2010 ha ospitato un’anteprima.
Alla vigilia dell’occupazione del 1974
Il film “Gölgeler ve Suretler” (Shadows and Shapes è il titolo scelto per il debutto londinese, "Ombre e figure") ripercorre i giorni che lo stesso Zaim visse in prima persona: classe 1963, nacque infatti in un rifugio, nel pieno del conflitto, da una famiglia turco-cipriota appena sfollata dal sud al nord del Paese.
E compì 10 anni all’epoca dell’” Operazione di pace” del 1974 (nella versione ufficiale turca, non si trattò dell’occupazione di Cipro nord da parte dell’esercito di Ankara ma di un intervento di peacekeeping).
Il cineasta, già con forte anticipo sull’uscita nelle sale, prevista in autunno in Turchia, ha dichiarato che con il suo lavoro punta all’obiettività, non al revanscismo.
“Non voglio rattristare né turbare nessuna delle due parti, ma mostrare la verità, oltre tutte le sofferenze, anche se questo susciterà reazioni” ha dichiarato in un’intervista pubblicata sul giornale cipriota "Kipris Gazetesi".
L’aspirazione ricalca quella dei suoi film precedenti, venati di surrealismo e convivenza necessaria, ma non sempre riusciti.
Di certo, l’impronta ricevuta da quei primi anni di vita per Zaim era una strada senza uscita: “Non ho mai avuto un amico greco durante la mia infanzia -ha ricordato in conferenza stampa a Londra- C’era una separazione pressoché totale tra le due popolazioni dell’isola, ognuna nel suo ghetto. La guerra aveva profondamente modificato le nostre vite. Quello che ho vissuto è stato un vero trauma per un ragazzino”.
La troupe mista sui luoghi del conflitto a Cipro nord
Non è la prima volta che il regista, formatosi in Gran Bretagna, indaga nelle relazioni tra nemici, stretti da generazioni sulla stessa isola mediterranea.
E il tema delle vicende delle comunità greca e turca di Cipro, negli ultimi decenni esasperate dalle conseguenze della Guerra Fredda, è una costante dei suoi lavori. Ma stavolta oltre al soggetto, anche le maestranze e gli artisti vengono dai due mondi incompatibili.
La troupe mista ha lavorato anche a Cipro nord, a Karpasia e Famagosta per “Gölgeler ve Suretler”.
Nonostante infatti gran parte delle scene sia stata girata nella Hollywood turca, Yeşilçam, Zaim non era soddisfatto. Mancava il genius loci, lo spirito dei luoghi.
E il legame con la sua questione privata, visto che lo stesso regista è nativo di Famagosta.
“Così con il cast, un gruppo composto di turcho-ciprioti e greco-ciprioti, siamo andati a lavorare insieme nelle località vicine a dove i fatti si sono verificati -ha spiegato il regista- era indispensabile".
In quarant’anni i panorami isolani, tra divisione territoriale e militarizzazione, speculazione edilizia e boom turistico, risultano a dir poco sconvolti. Per il regista è stato difficile trovare scorci riconoscibili, "posti simili a quelli degli anni ’60".
"L’architettura e la natura sono fattori centrali nel film, oltre che la sua parte più complessa -ha indicato durante la conferenza stampa di presentazione a Cipro nord- Per questo ho voluto girare le scene finali in un’area ristretta tra Karpasia e Famagosta, perchè in quei posti ho trovato un’architettura industriale e un paesaggio naturale pressoché incontaminati".
Sotto il sole mediterraneo, la terra delle ombre
Il film non è autobiografico. Gli eventi sono raccontati attraverso la vita di una ragazzina. Interprestata a sorpresa da un’esordiente diciassettenne, attrice del Teatro comunale di Nicosia, Hazar Ergüçlü. E’ lei Ruhsar, l’adolescente protagonista della vicenda, calata nel microcosmo del villaggio di Komi Kebir, nell’arcaico paesaggio della Karpasia.
Al suo fianco anche l’attore Popi Avraam, tra i numerosi interpreti greco-ciprioti del film, nel ruolo chiave di uno dei vicini di casa di Ruhsar.
"E’ una storia di crescita umana e di tolleranza, non solo un film sul conflitto etnico" ha ribadito il regista a chi lo ha criticato per aver filmato una pellicola di parte.
Quanto al futuro del Paese, per Zaim, "l’isola ha una doppia caratteristica: è attraversata da una frontiera profonda, ma anche da un forte senso di superamento dei limiti. Oggi Cipro e’ un’equazione tra due incognite" ha spiegato non senza ironia Zaim al quotidiano turco "Zaman".
Sul ruolo degli intellettuali nel difficile impasse che l’isola attraversa, oggi il regista non si fa illusioni. "Il contributo che danno gli artisti di entrambe le parti conta molto, ma l’arte non risolve le questioni politiche -ha commentato nella conferenza stampa londinese- Dobbiamo prima addestrare le nostre anime e i nostri cuori a cercare soluzioni. Mi basterà se questo film sarà stato una goccia nell’oceano".
La pellicola si richiama al teatro delle ombre (quelle che in italiano vengono comunemente indicate come "ombre cinesi"), tradizione artistica radicata in Turchia, seppure ereditata dall’Estremo Oriente.
E il titolo stesso del lungometraggio gioca sulla metafora tra ombre e figure umane.
Il ricorso a questo patrimonio espressivo, alle origini dell’arte della rappresentazione, è una costante in Zaim che ha girato 5 film prima di questo, senza mai mancare di citarlo. Come una sua firma.
Stavolta il controcanto alle vicende umane è affidata ad una coppia di maschere tipiche del teatro delle ombre, Karagöz and Hacivat.
Due personaggi sempre contrapposti nelle dispute, "così come greci e turchi che non possono incontrarsi senza fare scintille -ha commentato il cineasta sulle pagine di "Hürriyet"- Ma la storia c’insegna che le discussioni infinite non servono. Come nel teatro delle ombre, che è oggi patrimonio dell’umanità".
Nella prossima stagione l’arrivo nelle sale, in greco e in turco. Non è invece finora segnalato alcun impegno con produttori e distributori italiani.