Cipro: piano di salvataggio o furto del secolo?
La proposta di salvataggio europea prevedeva l’imposizione di un prelievo forzoso dai depositi bancari. Ed è stata rigettata dal parlamento della Repubblica di Cipro. La corsa dei cittadini a ritirare i soldi dai propri conti bancari e il rischio di fuga dei capitali stranieri stanno bloccando il paese. Alcuni scenari possibili di uscita dalla crisi
Dopo lunghi negoziati fra la troika e la repubblica di Cipro, nella notte fra venerdì 15 e sabato 16 marzo è stata definita una proposta di salvataggio che ha suscitato immediate reazioni contrarie nell’isola e ha indotto gli analisti internazionali a sollevare numerosi interrogativi.
La prima versione dell’accordo sottoposto dall’UE e dal FMI a Nicosia prevede l’imposizione di un prelievo forzoso del 9,9% sui depositi bancari oltre i 100.000 euro e del 6,75% su quelli al di sotto di tale cifra (i correntisti sarebbero compensati attraverso azioni ordinarie delle banche “salvate”, garantite dallo stato). Il piano prevede inoltre una tassa sugli interessi da capitale, un aumento dell’aliquota sui profitti societari, la possibile privatizzazione di alcune compagnie semi-statali (telecomunicazioni, elettricità, autorità portuale) e la riduzione del proprio settore bancario, fino a raggiungere la media europea entro il 2018.
A livello europeo il rapporto fra dimensioni del settore bancario ed economia del paese ospitante è pari a 3,5; nella Repubblica di Cipro il rapporto è attualmente 8:1. L’annuncio della proposta di bailout ha generato immediatamente due problemi: l’indignazione e il panico dei cittadini e il rischio di fuga di capitali dalle banche della Repubblica di Cipro.
Una reazione prevedibile
Il panico si è diffuso a partire da sabato mattina, dopo la conclusione della riunione notturna di Bruxelles. La corsa ai bancomat ha esaurito rapidamente le riserve disponibili, aggravando la condizione d’allarme. Gli istituti bancari, coscienti di non poter far fronte a tutte le potenziali richieste di prelievo e disorientati dall’incerta ratifica del bailout da parte del parlamento cipriota, hanno bloccato le proprie casse. I comunicati ufficiali hanno quindi annunciato che le banche sarebbero rimaste chiuse, dopo il lunedì festivo, anche martedì e mercoledì.
L’idea di tassare i correntisti, non i possessori di obbligazioni o gli investitori, rappresenta una novità allarmante non solo per i cittadini greco-ciprioti ma, costituendo un possibile precedente, per l’intera eurozona. Per la prima volta un consistente prelievo forzoso a carico dei risparmiatori sarebbe impiegato per rimediare agli []i di politica economica del governo precedente e agli azzardi finanziari delle banche.
Prevedendo il rischio della diffusione del panico su vasta scala, le autorità UE hanno sottolineato che una simile misura non sarà applicata in altri paesi dell’eurozona attraversati da simili difficoltà economiche. Questa tassa – da cui si attende una somma di 5,8 miliardi di euro – è legata alla sostenibilità del piano di salvataggio per la Repubblica di Cipro. La troika ha stimato la sua entità intorno ai 17 miliardi di euro – cifra quasi corrispondente al PIL del paese – ma l’indebitamento derivante da un prestito di oltre i 10-11 miliardi non sarebbe sostenibile.
La fuga di capitali stranieri
Oltre al panico dei risparmiatori, il secondo problema generato dall’annuncio del piano di salvataggio è il rischio di fuga dei grandi capitali degli investitori stranieri, con il conseguente crollo del modello economico della Repubblica di Cipro, finora un noto centro di servizi finanziari. Si stima infatti che circa la metà dei depositi bancari siano intestati a cittadini russi non residenti nell’isola e che il valore complessivo dei capitali russi si aggiri intorno ai 20 miliardi di euro.
I paesi arabi rappresentano l’altra grande fonte di investimenti stranieri a Cipro. Lunedì il direttore dell’Unione Mondiale delle Banche Arabe, Joseph Torbey, ha usato toni molto netti in riferimento alla possibile applicazione del prelievo forzoso sui depositi bancari. La “controversa proposta europea”, ha commentato il direttore, produrrebbe il trasferimento dei capitali arabi, inducendo inoltre gli istituti bancari presenti nell’isola a rivalutare le proprie strategie.
Finora le condizioni offerte dalla Repubblica di Cipro – un regime fiscale agevolato, la segretezza delle transazioni bancarie, l’appartenenza all’UE e l’eventuale possibilità per gli investitori di ottenere rapidamente la cittadinanza, soddisfacendo alcuni criteri legali, commerciali o finanziari – hanno attratto efficacemente investimenti arabi, russi o di altra provenienza.
La seconda versione del piano e la sua bocciatura
Martedì pomeriggio il piano è stato sottoposto al voto in parlamento. Nonostante la revisione apportata – esenzione dal prelievo forzoso dei depositi fino a 20 mila euro, mantenimento dell’imposta al 6,75% sui depositi fra 20 e 100 mila euro e al 9,9% su quelli oltre i 100 mila – la proposta di Bruxelles è stata respinta, con 36 voti contrari e 18 astenuti (una parlamentare era assente). Esattamente come la proposta di prelievo sui risparmiatori ordinari, anche l’opposizione del parlamento rappresenta una novità, in discontinuità con gli altri paesi (Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna) colpiti dalla crisi e quindi sottoposti a severe misure di austerità.
Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha chiarito che l’UE e il FMI non intendono definire il modo in cui il prelievo dovrà essere applicato, ma solo la cifra complessiva – 5,8 miliardi di euro – che contribuirà al piano di salvataggio. Tale precisazione deriva dalla consapevolezza, condivisa dal governo greco-cipriota, della necessità d’introdurre maggiore progressività nel prelievo, rendendolo più equo.
Un male necessario o una rapina?
Il neo-presidente cipriota Nikos Anastasiadis, difendendosi dalle prevedibili critiche dei partiti d’opposizione, ha sottolineato che il compromesso raggiunto a Bruxelles rappresenta una soluzione indubbiamente dura ma, date le condizioni del paese, l’unica in grado di contenere i danni ed evitare il completo collasso economico. Le voci critiche hanno rimproverato al neo-presidente di aver voluto evitare, almeno nella prima versione del compromesso con la troika, una tassa sui depositi realmente progressiva.
Una misura equa avrebbe infatti previsto un prelievo che non gravasse troppo sui piccoli risparmiatori, incidendo invece sui grandi capitali, non di rado frutto di speculazioni finanziarie. La scelta del governo greco-cipriota sembra essere derivata dal timore che i grandi investitori internazionali abbandonassero rapidamente l’isola, rovesciandone la struttura economica.
Fra i cittadini greco-ciprioti si è diffusa nelle ultime settimane la sensazione di essere sul punto di divenire una “colonia” (apoikia) dell’UE, oltre all’impressione che la solidarietà fra i paesi dell’eurozona sia solo una vuota retorica e che il piano di salvataggio corrisponda ad una “rapina”, subita dai cittadini per risanare le banche locali.
Fase d’incertezza
Tuttavia, il semplice rifiuto del piano di salvataggio da parte dei parlamentari greco-ciprioti non costituisce una soluzione. Se non dovessero emergere alternative praticabili, il voto contrario di martedì avrebbe quale unico effetto concreto il collasso economico. Alcuni opinionisti hanno suggerito l’uscita dall’euro e il ritorno alla sterlina cipriota. Tuttavia, non ratificando il piano di salvataggio della troika, i prelievi sui depositi diventerebbero molto più ampi, fra il 60 e il 70% del totale.
I due principali istituti bancari fallirebbero, trascinando probabilmente con sé le banche più piccole. Inoltre, il ritorno alla sterlina sarebbe seguito dalla pesante svalutazione della moneta e da un’altissima inflazione, con conseguente impoverimento generale dei cittadini. Infine, i depositi bancari russi che il governo avrebbe inteso tutelare al momento del primo voto, rischierebbero comunque di sparire. Quel che appare certo è che, con o senza tagli ai depositi bancari, la Repubblica di Cipro dovrà in ogni caso modificare il proprio modello economico. Solo un piano di salvataggio nato dal compromesso con l’Eurogruppo sembra in grado di limitare i danni derivanti dalle misure di austerità relative al piano stesso.
Scenari possibili
Dopo la bocciatura del piano della troika da parte del parlamento greco-cipriota, il ministro delle Finanze Michalis Sarris si è recato a Mosca con l’intento di trovare una soluzione alternativa, praticabile ed efficace. I contatti avvenuti ieri non hanno prodotto alcun accordo, ma i negoziati fra Nicosia e Mosca continueranno, ha comunicato il ministro Sarris.
Attualmente due opzioni sono al vaglio: la prima consiste nelle chiedere aiuto economico alla Russia offrendo in cambio una forma di partecipazione, secondo modalità da definire, nella gestione dei giacimenti di gas naturale intorno all’isola. La seconda e più recente opzione prevede invece il ritorno sul tavolo negoziale dell’ipotesi di prelievo sui conti bancari, diminuendo tuttavia i tassi rispetto alla prima versione della proposta di salvataggio. La differenza fra i 5,8 miliardi di euro attesi dalla troika e la somma ottenibile applicando tassi di prelievo più contenuti potrebbe essere coperta nazionalizzando i fondi di previdenza di alcune organizzazioni semi-statali.
In attesa d’una soluzione, la chiusura straordinaria delle banche è stata prolungata fino alla fine della settimana, cui seguirà la festa del 25 marzo (anniversario della Guerra d’Indipendenza greca, celebrato anche dai greco-ciprioti). È al momento difficile prevedere se martedì prossimo le vacanze forzate degli istituti bancari e l’attuale fase d’incertezza avranno fine.