Çiğdem Aslan, la nuova regina del rebetiko
Nata in Turchia, a Istanbul, approdata a Salonicco, nel suo sangue corrono molte culture, molti stili di vita e pensiero. Ascoltare oggi Çiğdem Aslan significa riflettere su un mondo passato
Fino a poco tempo fa la parola "rebetiko", almeno in Italia, suonava sconosciuta. Poi l’ha presa in considerazione Vinicio Capossela con il suo ultimo album "Rebetiko Gymnastas" e qualcosa in più s’è saputo. Tuttavia i non addetti ai lavori, chi non si occupa regolarmente di musica, brancolano ancora nel buio.
Mortissa
Il rebetiko, in due parole, è un movimento, una filosofia di vita, un paradigma esistenziale e musicale, riferibile a un preciso istante della storia moderna: quello di poco successivo alla fine della Prima guerra mondiale, con la fuga in massa da Smirne dei greci. Fu una vera catastrofe umanitaria per le tante persone che si ritrovarono nella cosiddetta patria di origine, completamente incapaci di riadattarsi alla nuova realtà sociale, con una parlata che a stenti veniva compresa e con usi e costumi diversi dagli autoctoni.
Una vita difficilissima, molti morirono di stenti e droga; e molti altri cercarono proprio nella musica lo stratagemma per sfuggire a un’apocalisse non prevista. Fra questi c’erano uomini, donne, vecchi, giovani e bambini, come Mortissa, figura emblematica del mondo ellenico moderno, donna di grande carattere, volitiva, potente, lontana da qualunque accettazione del nuovo mondo: una vera ribelle che non disdegnava i vizi, il bere, il fumo, il sesso, contro ogni pragmatica presa di coscienza. Ed è proprio a questo incredibile personaggio – ben decantato da un’altra beniamina del pubblico greco, Rosa Eskenazi – che è dedicato l’ultimo album di Çiğdem Aslan, meravigliosa rivelazione del mondo musicale incentrato sul dinamismo pentagrammato che, volenti o nolenti, lega Atene a Istanbul, con fronzoli che rimandano addirittura all’Armenia e a parte dei territori caucasici.
Meticciato
Nata in Turchia, a Istanbul, approdata a Salonicco, nel suo sangue corrono molte culture, molti stili di vita e pensiero. Non a caso canta disinvoltamente in quattro o cinque lingue diverse. Naturalmente il turco, il greco, il bulgaro… Ascoltare oggi Çiğdem Aslan significa riflettere su un mondo passato, e poter contare su un testimone serio e preparato, in grado di ridare lustro a vecchie canzoni e melodie.
Molti brani rebetiko circolano anche online, su Youtube , per esempio, ma Çiğdem li ha saputi riadattare al corso dei tempi, conferendogli lo smalto ideale per renderli credibili e piacevoli da ascoltare; non più solo capricci da etnomusicologi, ma vere e proprie canzoni attuali alle quali far riferimento come accade con ciò che la radio propone abitualmente. "Sono canzoni vitali, contenenti storie importanti da raccontare e diffondere", dice Çiğdem. "Le mie radici musicali e culturali, del resto, mi permettono di attingere facilmente a esse, offrendomi l’opportunità di rielaborare storie diverse, come diversi vorrei che fossero i miei ascoltatori". Un tempo si cantavano soprattutto nelle carceri elleniche, poi sono divenute di dominio pubblico, passando dai bassifondi di Atene e Salonicco, alle televisioni nazionali.
Le taverne di Istanbul
"La proposta di Aslan è fresca, brillante; le sue performance sono esemplari, grazie anche alla sua bellissima voce", dice Simon Broughton, di Songlines Magazine. Cerys Matthews, della BBC Radio, la definisce un’artista "infettiva" e "incredibile". La sua esperienza musicale si evolve contemporaneamente agli studi d’inglese, che effettua presso l’Università di Istanbul, esibendosi con il suo "blues greco" in bar e taverne. Nel 2003 vola a Londra, dove incontra i membri del Dunav Balkan Group, attivo dagli anni Sessanta, con cui si lega per vari progetti artistici. Si esibisce in importanti location, fra cui la Royal Albert Hall di Londra e il Pergamon Museum di Parigi. Intraprende la carriera solista nel 2009, con l’album Song of Smyrna. Con lei ci sono anche Pavlos Melas, alla chitarra e Pavlos Carvalho, al bouzouki. Altrettanto importante il suo lavoro con She’koyokh, ensemble di jewish music, coinvolto anche nell’ultimo lavoro.
Il nuovo disco prodotto da Asphalt Tango di Berlino (la stessa label di Balanescu Quartet e Fanfare Ciocarlia, di cui abbiamo parlato nei mesi scorsi) è, dunque, un caleidoscopio di suoni e colori, atmosfere e – se fossimo tutti sinestetici – potremmo probabilmente percepire anche dei profumi pungenti e inebrianti, tipici di alcune spezie che si usano oltre le porte che aprono sul mondo balcanico.
Inizia con la celeberrima "Aman Katerina Mou ", leggendario brano rebetiko composto da Panaglotis Toundas e tradotto in turco da Cengiz Onural; dove il rimando al cosmopolitismo musicale mediterraneo e alla storia che l’ha contraddistinto negli ultimi cento anni è palese. La melodia evoca tanto l’oriente quanto l’occidente, con quella tradizionale punta di amarezza tipica di brani che descrivono eventi storici in cui la catastrofe e l’affronto all’umanità hanno avuto il sopravvento. "Vale Me Stin Agalia Sou" è un brano del compositore e paroliere Vangelis Papazoglou, nato nei pressi di Smirne nel 1896, con rimandi alla musica folk ottomana. Molto interessante anche la nona traccia, "Cakici". E’ un traditional che evoca la vicenda umana di Cakici Mehmet Efe, fuggito fra le montagne dopo l’assassinio del padre. Qui diventa un fuorilegge alla Robin Hood, e la sua leggenda è ancora oggi legata alla lotta contro i soprusi patiti dalla povera gente.