Chi governa in Serbia? Il caso dell’arresto del generale Perisic
Giovedì scorso è stato arrestato assieme ad un diplomatico statunitense il vicepremier Momcilo Perisic, ex generale dell’esercito jugoslavo. Con l’accusa di spionaggio. Autori dell’arresto i servizi segreti dell’esercito.
Giovedì sera è stato arrestato Momcilo Perisic, vice-premier nel governo serbo e leader del Movimento per una Serbia democratica, partito che aderisce alla coalizione DOS. A subire la sua stessa sorte un colonnello dell’esercito yugoslavo, un civile ed un diplomatico statunitense. L’arresto è stato portato a termine in un ristorante nella periferia di Belgrado da agenti in borghese dei "servizi segreti dell’esercito". L’accusa: spionaggio.
La notizia dell’arresto, diffusa venerdì pomeriggio, ha causato un certo stupore non solo nell’opinione pubblica jugoslava ma anche a chi avrebbe dovuto saperne un po’ di più. Il colonnello generale Nebojsa Pavkovic, a capo delle forze armate jugoslave, dice di essere stato il primo a ricevere la notizia, ma solo alle 8 del mattino del giorno seguente. Kostunica lo ha saputo a Barcellona, mentre raccoglieva la gloria per il raggiungimento dell’ accordo tra Serbia e Montenegro che ha portato alla fine della Federazione Jugoslava. Paradossalmente Djindjic lo ha saputo mentre incontrava l’ambasciatore americano Montgomery. Anche quest’ultimo non ne sapeva niente. Almeno così si afferma. Ma è forse utile fare un quadro su chi fosse Momcilo Perisic. Generale in pensione è attualmente presidente di un piccolo partito che fa parte della coalizione DOS. Dal 2001 occupa la carica di vice-premier nel governo serbo. E’ anche deputato a livello federale e presidente del Comitato federale per la Sicurezza. La sua biografia è comunque ricca soprattutto per quanto riguarda il passato.
Nato nel 1946, è stato uno dei migliori studenti dell’Accademia Militare. Si laurea in Scienze militari, studia alla Facoltà di Filosofia di Belgrado e prende un dottorato in psicologia.
Perisic ha poi partecipato alle prime fasi della guerra in Bosnia in ruoli di comando. Il grado era quello di colonnello e si diceva, almeno nel settore serbo, avesse ottime capacità militari. Dal punto di vista croato e musulmano è visto come il responsabile di alcune azioni controverse dell’esercito jugoslavo. Il suo nome è stato fatto ad esempio più di una volta in riferimento agli attacchi alla città di Mostar ed in Croazia è stato condannato a 20 anni di reclusione in contumacia per il bombardamento di Zara del 1991.
Il Tribunale dell’Aja ha alcune volte ma in modo poco chiaro asserito alcune sue responsabilità e questo ha fatto sospettare qualcuno in Serbia sul fatto che anche Perisic potesse rientrare nelle famose "liste segrete degli indiziati" all’Aja. Sino ad ora nulla che vada in questa direzione è stato però confermato. Hartman, portavoce del Tribunale Penale Internazionale, ha negato l’arresto di giovedì abbia qualcosa a che fare con il Tribunale stesso e, essendo stato condotto da qualcuno appartenente alla polizia militare, si può scommettere sul fatto che non stia mentendo.
Dopo aver partecipato agli scontri in Bosnia, Perisic è rientrato in Serbia ed è stato promosso generale divenendo in poco tempo uno delle persone più influenti all’interno del regime di Milosevic. Fu in fretta individuato quale sostituto alla guida dell’esercito federale jugoslavo dell’oramai anziano generale Zivota Panic. Così avvenne nel 1993, anno nel quale la Federazione Jugoslava dovette affrontare una gravissima crisi economica ed un’inflazione galoppante. Rimase ad occupare quest’incarico sino agli inizi del 1998. In questi cinque anni poco si è venuto a sapere sulla personalità di Perisic. Sembrava, lui come molti altri, un pupazzo nelle mani di Milosevic, con una personalità non troppo forte e pronto a seguire gli ordini che provenivano dall’alto. Solo dopo l’avvenuta rottura tra i due è emerso chiaramente che Perisic non era stato in quegli anni così taciturno. Negli ultimi anni del regime di Milosevic più fonti avevano infatti affermato che le uniche due persone che erano riuscite, in qualche modo, a contrastare e controllare Milosevic furono il generale Perisic ed il capo dei servizi segreti Jovica Stanisic. Negli anni durante i quali il potere del leader jugoslavo si è andato pian piano sgretolando e nei quali una parte della Serbia cercava disperatamente di distanziarsi da Milosevic, alcuni nomi, ora affermati politici della coalizione DOS, hanno preso le distanze dal regime. Uno dei primi fu Dusan Mihajlovic, ora leader del partito Nuova Democrazia. Un altro è stato Nebojsa Covic, una volta vice-presidente dell’SPS e sindaco di Belgrado. Altri non fecero questa scelta. E’ stato il caso ad esempio del capo dei servizi segreti Jovica Stanisic (che in ogni caso è sempre stato un ottimo amico personale dell’attuale premier Zoran Djindjic). Quest’ultimo fu però licenziato quando si rifiutò di utilizzare le forze speciali di polizia contro i manifestanti dell’opposizione scesi in piazza per reclamare la vittoria nelle elezioni amministrative del 1996/1997.
Nel 1998, all’alba dell’intensificazione delle operazioni in Kossovo, Perisic fu il nuovo target del regime. Fu allora che quest’ultimo decise di parlare in pubblico. In due suoi interventi denunciò il tentativo "suicida" di contrapporsi alla NATO. Promise di non tirarsi indietro nel caso l’esercito da lui guidato fosse stato attaccato ma lanciò un appello per evitare in tutti i modi tale evenienza. Secondo alcune indiscrezioni ebbe anche dei rapporti diretti con alcuni generali della NATO, in particolare Naumann e Clark. Fu rimosso da Milosevic nella primavera del 1998. Dopo la fine della guerra in Kossovo è stato più volte denunciato dai media fedeli a Milosevic e da alcuni circoli militari vicini al generale Pavkovic, al quale non si è mai sentito troppo vicino, come "codardo" e "traditore".
Perisic intraprese allora la carriera politica. Andò a creare il cosiddetto "terzo ramo" della coalizione DOS, quello formato da piccoli partiti non troppo vicini né a Kostunica, né a Djindjic. Molti lo vedono come possibile candidato a ritornare alla guida dell’esercito ma è più probabile che quando Kostunica si deciderà a rimuovere dall’incarico il generale Pavkovic sarà il generale Ninoslav Krstic a prenderne il posto. Quest’ultimo si è distinto soprattutto per il contributo dato alla risoluzione della recente crisi nel sud della Serbia.
Che un uomo con una biografia di questo tipo sia in possesso di molte informazioni è senza dubbio vero. Anche la sua inclinazione pro-occidentale non è certo un segreto. Il suo Movimento per una Serbia democratica, insieme al partito Nuova Democrazia guidato da Mihjlovic, è stato il maggiore supporter a favore dell’entrata della Federazione Jugoslava nel progetto Partnership for Peace della NATO.
Il fatto che il suo arresto (in un’azione non certo scevra di una certa spettacolarità) e la pesante accusa di spionaggio siano arrivati in un momento politico particolarmente delicato non sembra essere una coincidenza. Va innanzitutto notato come quest’arresto, a detta di molti, ha infranto la legalità. Perisic, nonostante i suoi trascorsi, è attualmente un civile ed il suo arresto da parte delle autorità militari non sarebbe potuto avvenire senza una previa autorizzazione da richiedere alle autorità civili competenti in materia.
Per non tirare in causa le sua doppia immunità quale vice-premier della Serbia e deputato federale: le norme prevedono infatti che potrebbe essere arrestato solo se colto in flagrante nella commissione di un crimine che può essere punito con più di 5 anni di galera. E cosa dire del diplomatico americano: arrestato (alcuni affermano pure malmenato) e detenuto in un campo militare per più di 15 ore prima che venisse data notifica dell’arresto alla sua ambasciata. Questo non è solo in contrasto con la convenzione di Vienna sull’immunità diplomatica ma anche causa di un inutile scandalo che indebolisce notevolmente i non già idilliaci rapporti tra FRY e Stati uniti. Ed infatti le reazioni sdegnate da parte dell’ambasciatore americano non si sono certo fatte attendere.
Il diplomatico americano sostiene inoltre che gli agenti in borghese che hanno effettuato l’arresto non avevano documenti validi per permettere la loro identificazione e che durante la prigionia gli è stata sottratta la valigetta nella quale, prima che gli venisse restituita, sarebbero state aggiunte alcune audio cassette citate come prova della sua attività di spionaggio. Anche non fosse vero rimangono forti dubbi sull’intera operazione.
Le reazioni sono state molte. Il partito dei radicali ultranazionalisti di Seselj ha descritto l’operazione come impeccabile. Il DSS di Kostunica si è limitato a definire l’azione "non usuale ma condotta non infrangendo la legalità". Tutti gli altri si sono invece definiti scandalizzati. In primo luogo Djindjic che ha affermato che "nessuno deve essere protetto se ha commesso un crimine, in particolare se si tratta di pubblici ufficiali, ma queste accuse sono serie ed un’azione così scandalosa ha bisogno di enormi prove a carico degli indiziati per essere giustificata. Se queste non vi fossero chi la ha ordinata e realizzata ne subirà le conseguenze".
Il ministro degli interni Mihajlovic si è dichiarato scioccato "incredibile che l’esercito non abbia nemmeno pensato di avvertire i colleghi dei servizi segreti, cosa che facciamo sempre quando ci occupiamo di casi di militari indiziati per qualche crimine". Il ministro della giustizia Vladan Batic, ed il vice-premier Nebojsa Covic hanno dichiarato di avere alcune informazioni secondo le quali "alcuni circoli dell’esercito sarebbero fuori controllo delle stesse autorità militari". Sono stati fatti anche alcuni nomi, tra i quali quelli del capo dei servizi segreti militari generale Tomic e di Bulatovic, in passato funzionario nel ministero degli esteri ed ora consigliere per quanto riguarda la sicurezza di Kostunica che secondo i ministri "avrebbe illegalmente partecipato ad incontri tra i responsabili della sicurezza militare e sarebbe stato tra i promotori dell’azione contro Perisic". Altro fatto rilevante: il generale Tomic si è rifiutato di prendere parte ad una riunione urgente del governo federale convocata proprio sull’argomento Perisic e non ha cambiato idea neppure dopo che il primo ministro federale Pesic ed il ministro per la difesa Radojevic gli avaveno chiesto di partecipare all’incontro. Per farlo cambiare idea non è bastato nemmeno l’ordine di un suo diretto superiore, il generale Pavkovic.
Sorge allora la domanda: Chi sta comandando in Serbia? Se i servizi segreti dell’esercito operano senza notificare nulla alle autorità politiche. Se arrestano un ministro senza che nessuno ne sappia nulla. Se causano uno scandalo internazionale in un momento molto delicato. Cosa sta avvenendo? E’ forse questa un’altra prova di forza tra Kostunica, che controlla l’esercito e Djindjic che controlla invece la polizia? E’ qualcosa invece di ancora più pericoloso? Ogni richiesta per il controllo civile delle forze armate sembra ridicola dopo questi fatti.
Tempo fa, in una delle sue canzoni Djorge Balasevic, uno dei più grandi cantautori jugoslavi, chiese se il suo fosse "un accampamento militare od un Paese". Questo verso è stato scritto e cantato quando Milosevic era all’apice della sua carriera politica. E’ possibile che così poco è cambiato dopo la sua sconfitta?