Censimento in Croazia: certificazione del crollo demografico
"La Croazia invecchia, questo è il messaggio che il censimento ci darà. Ma questo non allarmerà il governo che si limita ad una politica da pompieri, spegnendo gli incendi". Il giorno dell’inizio del censimento generale in Croazia abbiamo intervistato il demografo Marin Strmota
Tra il 2016 e il 2018, Marin Strmota ha lavorato come Segretario di Stato al ministero della Demografia, della Famiglia, dei Giovani e delle Politiche sociali. Ma a causa dei disaccordi con l’allora ministra Nada Murganić e "dell’inazione del governo sulle politiche di sostegno alla natalità e di freno all’emigrazione", Strmota ha dato le dimissioni. Da allora, ha ripreso la sua cattedra di demografia all’Università di Zagabria.
Oggi inizia il censimento in Croazia. Che risultati si aspetta?
Da decenni, ad ogni appuntamento con il censimento, i demografi registrano un maggior numero di morti rispetto alle nascite ed un saldo migratorio negativo. Quindi è chiaro che anche questo censimento confermerà una complessiva riduzione della popolazione. Sarà un calo netto: gli abitanti della Croazia dovrebbero scendere addirittura al di sotto della soglia dei 4 milioni, cosa che suona catastrofica per il paese. E lo è: è un crollo di più di 300mila persone [nel 2011, la popolazione era di 4,28 milioni, ndr.]. Inoltre, anche la struttura demografica sarà peggiore, con più persone anziane e meno bambini e giovani. La Croazia invecchia, questo è il messaggio che il censimento ci darà – sicuro al 100%.
Per la prima volta, il censimento si farà anche online, una decisione criticata dai demografi. Perché?
La Croazia ha una grande diaspora, molti cittadini vivono all’estero. Dall’ultimo censimento dieci anni fa, e in particolare dopo l’ingresso del nostro paese nell’Ue (2013), molte persone si sono trasferite altrove, in Germania, in Irlanda… Ecco, per la prima volta quest’anno le persone potranno registrarsi al censimento da sole e online durante la prima fase dell’inchiesta (13–26 settembre). Otterremo sicuramente dei dati falsati, con persone che vivono all’estero ma che si dichiareranno come residenti qui. Questo perché nella seconda fase, “offline” (27/9—17/10), non ci sarà un controllo fisico di chi si è già auto-dichiarato online. Per di più i dati risulteranno non comparabili con quelli del 2011, dato che la metodologia è cambiata. Infine, un altro problema è che per la prima volta neanche un demografo è stato coinvolto nella preparazione del censimento. Perché? È una prassi ovunque nel mondo. Ce lo aspettavamo.
Perché ha smesso di lavorare per il ministero?
Perché ho una mia integrità che non ho voluto compromettere. Ho visto che non c’è una volontà seria di affrontare la questione demografica. Ci sono dei bonus bebè, qualche centinaio di euro qua e là, ma questo non basta ad invertire una crisi che va avanti da decenni. I nostri politici dicono che il calo demografico è un problema di tutti i paesi europei, ma non è proprio così. La Croazia soffre di una combinazione di fattori: ha un maggior numero di morti rispetto alle nascite, un saldo migratorio negativo e un calo complessivo della popolazione. Tutti i parametri sono negativi! Certo, la natalità cala ovunque in Europa, ma noi figuriamo tra i cinque paesi peggiori in materia, assieme a Lituania, Lettonia, Romania e Bulgaria. E per di più siamo un paese molto piccolo, grande quanto una metropoli.
Cosa dovrebbe fare il governo?
Molte cose. Serve una strategia politica per la popolazione che comprenda tutte le dimensioni, da quella economica a quella sociale. Spesso si pensa che la crescita economica sia sufficiente, ma la demografia ci dice il contrario: quando gli standard di vita aumentano, la gente fa meno figli. Quindi servono altri strumenti se vogliamo incentivare la natalità. Serve una politica di sostegno alla famiglia, ai giovani, una discriminazione positiva per i bambini, per i genitori che hanno figli, perché il sistema attuale di fatto punisce chi fa figli. Ma per chi ci amministra, le politiche di sostegno alla famiglia sono qualcosa di conservatore, una politica della misericordia, una spesa e basta. Tuttavia non c’è una demografia di destra o di sinistra: se la popolazione di uno stato invecchia, servono più bambini o più immigrazione… E anche le politiche di immigrazione non si inventano dall’oggi al domani, vanno pensate sul lungo termine.
Perché il governo croato fa poco o nulla, nonostante si parli continuamente di crisi demografica in Croazia?
Perché ci vuole un approccio più lungo del mandato di un governo. Bisogna pensare oltre ai 4–5 anni. Oggi, invece, ci si limita ad una politica da pompieri, si spengono gli incendi. E sul lungo termine, è più facile stare zitti che occuparsi di demografia, forse anche perché la diaspora contribuisce moltissimo: nel 2018 abbiamo ricevuto 2 miliardi di euro di rimesse dalla nostra popolazione all’estero, più degli investimenti diretti esteri. Così finisce che si parla in modo molto superficiale di demografia, mentre in altri paesi si attuano politiche moderne in materia. Penso all’Ungheria e alla Polonia, ma ci sono anche la Francia e la Germania, la prima con importanti sostegni alla natalità e la seconda con una forte immigrazione. In Scandinavia si fa attenzione all’uguaglianza di genere, una politica che si è rivelata ottima nelle società dove lavorano entrambi i genitori.
E a livello europeo?
A livello europeo abbiamo paesi che mandano i propri cittadini in altre parti dell’UE e che si svuotano. Non c’è una situazione omogenea e bisognerebbe intervenire. Perché anche non far nulla è di fatto una politica. La Croazia perde popolazione da un secolo ed è un problema economico per il paese. Il nostro sistema non riesce a dar lavoro a tutti e finisce che il paese funziona da semplice incubatore: prepara i giovani che poi, una volta finiti gli studi, vanno a lavorare all’estero. Non lo dico in senso eurofobo o xenofobo, ma economico: la gente qui invecchia e il sistema ha difficoltà a sostenersi.
Forse i risultati allarmanti del censimento provocheranno una reazione da parte del governo?
Lo dubito fortemente. Io e i miei colleghi siamo la terza o la quarta generazione di demografi che si occupa dello stesso tema: il crollo demografico. Ma nonostante questo, la demografia continua ad essere un tema buono solo per la campagna elettorale. Se ne parla ogni quattro anni, alle elezioni, e poi più niente. Siamo un paese piccolo che potrebbe essere un laboratorio in Europa per le politiche demografiche e invece nel 1980 avevamo quattro lavoratori per ogni persona in pensione e ora il rapporto è 1 a 1. È insostenibile.