Cedomir Jovanovic: la Serbia del passato e quella del futuro
L’ex vice premier Cedomir Jovanovic approfitta della propria deposizione al processo degli assassini di Zoran Djindjic per attaccare il governo di Vojislav Kostunica, di cui denuncia le collusioni con il vecchio regime e con il crimine organizzato. Colloquio con il Saint-Just serbo, perso in pieno Termidoro
Di Jean-Arnault Dérens e Laurent Rouy, Le Courrier des Balkans, 20 aprile 2005. Titolo originale: "Cedomir Jovanovic: la Serbie du passé et la Serbie de l’avenir"
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta
Courrier des Balkans: Che messaggio vuole far passare testimoniando al processo di Legija e degli altri presunti assassini di Zoran Djindjic?
Cedomir Jovanovic: Volevo distruggere il mito di Ulemek 1. Questo criminale si atteggia a vittima. Pubblica un libro, controlla tutto, anche lo svolgimento del proprio processo, ha decine di avvocati… Si presenta al suo processo in tuta da ginnastica, per meglio mostrare la scarsa stima che ha della giustizia. E di chi dovrebbe avere rispetto? Non è che un criminale! A un certo momento mi sono perfino trovato nella situazione in cui era lui ad interrogarmi. Allora, mi è sembrato di rivedere i vestiti pieni di sangue di Ivan Stambolic, i suoi resti bruciati dalla calce viva. Quest’uomo ha ucciso il mio amico, Zoran Djindjic! Ha scelto il momento di presentarsi alla giustizia, perché ciò faceva parte del suo piano, a cui partecipa anche Vojislav Kostunica…
A cosa mira questo piano?
Questo piano mira a criminalizzare il regime di Zoran Djindjic. Ha avuto inizio all’indomani della rivoluzione del 5 ottobre 2000, per culminare con l’assassinio di Zoran Djindjic, il 12 marzo 2003. Vojislav Kostunica ed il suo Partito democratico di Serbia (DSS) hanno partecipato alla creazione dell’atmosfera politica che ha permesso il crimine. È la lotta tra la Serbia del passato e la Serbia dell’avvenire, che sempre continua.
Lei pensa che Vojislav Kostunica abbia una parte di responsabilità nell’assassinio di Zoran Djindjic?
Sì. Noi avevamo tutte le informazioni, tutti i giorni c’erano voci di attentati contro Zoran o contro di me. Ma il clan di Zemun avrebbe potuto essere distrutto già nel settembre 2002. Kostunica ha moltiplicato gli ostacoli. Noi dirigevamo il governo, ma cosa potevamo fare? Al momento della rivolta armata dei Berretti Rossi, nell’ottobre 2001, noi non avevamo 5 uomini da opporgli. L’esercito non ci seguiva, e la polizia obbediva più al clan di Zemun che al governo.
Qual’è oggi il fine di Vojislav Kostunica?
Vorrebbe fermare il lavoro del Tribunale Speciale. Ha rimesso in sella gli uomini del passato regime, come Rade Bulatovic, che adesso dirige i servizi segreti. Si sono accordati con Legija per mettere a punto lo scenario della sua resa. Quando Legija si è costituito, ha discusso per una mezza giornata coi servizi segreti per mettere a punto questo scenario. Lo scopo è quello di confondere tutti i valori. Al giorno d’oggi, più nulla ha un senso in Serbia. Le frontiere del bene e del male si confondono e tutto può accadere.
Il governo ha proceduto a delle importanti purghe…
Hanno cambiato tutti i responsabili, nella polizia, nella giustizia, nei servizi segreti… Tutte le persone che si erano impegnate nella lotta contro il crimine organizzato durante lo stato di emergenza e l’operazione Sablja Sciabola, ndt sono stati rimossi dall’incarico. Il loro scopo ora è quello di bloccare il processo. Al secondo giorno di deposizioni di Vladimir Beba Popovic 2, gli avvocati della difesa non erano presenti, per bloccare la procedura… Essi cercano anche di spostare il gioco sui media, attraverso i tabloid che essi controllano, per esempio pubblicando dei falsi, come i presunti colloqui telefonici che io avrei avuto con Legija e che Kurir sta pubblicando in questo momento. Sono dei falsi grossolani.
Comunque, il processo segue il suo corso.
Sì, ma ciò che importa è la pubblicità data a questo processo. Se il processo non interessa che tre o quattro amici di Zoran Djindjic, perde il suo senso, perché questo processo riguarda l’avvenire di tutti i Serbi, per almeno una generazione a venire! C’è l’omicidio di Zoran Djindjic, ma anche quello di Ivan Stambolic, i tentativi di attentato contro Vuk Draskovic sulla strada dell’Ibar e a Budva. Se il processo non fa la sua parte, simili crimini si ripeteranno. Oggi, le strutture del vecchio regime hanno potuto nuovamente ricompattarsi. Hanno ucciso 8000 persone a Srebrenica! Non si tratta di giudicare qualche singolo individuo, ma tutto un sistema. Tutti gli uomini del vecchio regime sono responsabili dei crimini commessi, e Kostunica gli apre le porte. Egli governa col sostegno del Partito Socialista di Milosevic, ha formato delle coalizioni con i Radicali di Seselj in metà delle città della Serbia! E naturalmente Kostunica tace su crimini come Srebrenica. Qualche settimana fa, doveva essere organizzata una conferenza all’Università di Belgrado sul tema «I dieci anni della liberazione di Srebrenica». Con il mio Centro per una politica moderna abbiamo protestato, e siamo riusciti ad ottenere che la conferenza, almeno, non avesse luogo all’Università.
Lei ha lanciato una campagna contro l’arresto del generale di polizia Milan Obradovic. Perché è stato arrestato?
Milan Obradovic è stato uno dei pilastri dell’operazione Sablja. Ha cercato di lottare coraggiosamente contro il crimine organizzato e gli uomini del vecchio regime. Dopo l’arrivo al potere di Kostunica, è stato sottoposto a molteplici pressioni. Il 17 marzo, durante le sommosse in Kosovo, anche la moschea di Belgrado è stata incendiata. In qualità di capo della polizia urbana, gli si contesta di non averla saputa difendere, benché egli non avesse che una manciata di uomini a sua disposizione. L’hanno trasferito a Kursumlija, nel sud della Serbia. Ha accettato questa misura umiliante e ha iniziato il suo lavoro laggiù. È stato arrestato il 22 marzo, col pretesto che avrebbe sottoposto a torture i criminali legati all’omicidio di Bosko Buha. Questo è totalmente falso, ma lui resta in prigione. Circa 1000 persone hanno manifestato in tutta la Serbia per esigere la sua liberazione. Noi abbiamo pubblicato dei manifesti che riprendono la sua dichiarazione del marzo 2003: «Noi sconfiggeremo la mafia».
Secondo lei, il governo coopera con il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja (TPI)?
Ma no, fa solo finta! Presenta questa cooperazione come un obbligo, come una coercizione imposta alla Serbia. Il TPI non è un obbligo, è il simbolo della nostra debolezza collettiva. Se noi non ne prendiamo coscienza, simili crimini si ripeteranno. Cosa fa la nostra Chiesa? Anch’essa tace sui crimini successi, che a volte hanno avuto la sua benedizione.
Quale è la sua personale situazione politica?
Io sono l’opposizione. Una cosa che Kostunica non vuole comprendere, è che io mi pongo su un terreno politico contro di lui. Io sono stato illegalmente escluso dal Partito Democratico (DS), ed ora Tadic, capo del partito, prepara la sua alleanza con Kostunica e l’entrata del DS in un governo allargato. Nonostante ciò, anche se questo non viene riconosciuto, io ho una corrente in seno al DS. Noi formiamo una rete attraverso l’intera Serbia.
Lei ha conservato dei legami con gli ex ministri del governo Djindjic ?
Con alcuni, sì. Ma persone come Bozidar Djelic o Vlahovic sono dei conformisti. Se si ha il potere, gli si può fare un colpo di telefono, se no non vale la pena di chiamarli. Oggi, bisogna ricostruire tutto a partire da zero.
Cosa pensa della situazione in Kosovo?
La Serbia non può amministrare il Kosovo. Il bilancio dell’UNMIK equivale attualmente al 40% del bilancio della Serbia: come potremmo noi gestire il Kosovo? Il Kosovo sarà indipendente, tutti i politici lo sanno, ma preferiscono non dirlo… Se noi seguiamo questa politica, entro cinque anni i Serbi faranno la coda davanti all’ambasciata della Repubblica del Kosovo per dimostrare che hanno una nonna originaria del Kosovo e per cercare di ottenere un passaporto che gli apra le porte dell’Europa… La Serbia perde il suo tempo. Ha già buttato via cinque anni, dopo il 2000, ed i Serbi fanno la fila davanti all’ambasciata per cercare di ottenere un passaporto croato.
1 Milorad Ulemek Lukovic, detto Legija, ex comandante delle Unità speciali della polizia, è considerato il principale organizzatore dell’omicidio di Zoran Djindjic
2 Ex consigliere di Zoran Djindjic