(Pubblicato originariamente da Open Caucasus Media il 3 aprile 2017)
Secondo il quotidiano russo Novaya Gazeta, a fine marzo è stata lanciata un’ampia operazione da parte delle autorità cecene che prende di mira uomini omosessuali. Da quanto riportato, più di cento uomini sono stati incarcerati e almeno tre sono stati uccisi.
Secondo Novaya Gazeta, tra gli uomini detenuti vi sarebbero anche rappresentanti dell’amministrazione cecena, vicini al capo di stato ceceno Ramzan Kadyrov, e due famosi presentatori televisivi.
L’attivista per i diritti umani e analista per l’International Crisis Group, Yekaterina Sokiryanskaya, ha dichiarato all’emittente Ekho Moskvy di aver ricevuto report simili da "molte fonti differenti" nel corso delle ultime due settimane e che era al corrente di diversi casi di uomini sospettati di omosessualità che sono stati torturati prima di essere uccisi.
L’ondata di repressione potrebbe essere collegata alla dura reazione nei confronti dei tentativi di organizzare dei gay pride in diverse città del Caucaso del Nord. Le richieste per l’organizzazione degli eventi erano state inviate a marzo alle autorità locali di Cherkessk, Maykop, Nalchik, e Stavropol dall’attivista per i diritti queer Nikolay Alekseyev, presidente del progetto GayRussia.ru, ma queste sono state rifiutate. Le richieste hanno innescato un forte dibattito nei paesi del Caucaso del Nord, in cui l’attivismo queer è stato largamente condannato e dichiarato "incompatibile con le tradizioni del Caucaso del Nord".
Le autorità cecene negano la notizia riportata da Novaya Gazeta, considerandola un tentativo di "macchiare la reputazione della Cecenia".
"La notizia è una bugia totale, non si può incarcerare qualcuno che non esiste in questa repubblica – ha dichiarato il portavoce di Ramzan Kadyrov, Alvi Karimov, all’agenzia di informazione russa Interfax – se vi fossero persone di questo genere in Cecenia, la polizia non dovrebbe preoccuparsene perché i parenti stessi se ne occuperebbero, spedendoli in posti da cui non possano fare ritorno".
In un’intervista alla radio Govorit Moskva, il membro del Consiglio governativo sullo Sviluppo della Società Civile e dei Diritti Umani, Kheda Saratova, ha dichiarato che l’omosessualità è "peggiore della guerra". "Credo che se anche una persona del genere [LGBTQ] venisse uccisa dai suoi parenti, farebbero di tutto per non farlo sapere, e l’intero sistema giudiziario e le autorità si dimostrerebbero comprensive nei confronti della famiglia. Nello specifico, non prenderebbero le parti di questa persona. Io non ho ricevuto nessun report [di casi di omicidio], ma non lo prenderei nemmeno in considerazione" ha aggiunto Kheda Saratova.
Successivamente la Saratova ha dichiarato di "essere pentita per la sua dichiarazione", aveva rilasciato l’intervista "in uno stato di shock", dato che non aveva mai pensato che esistessero omosessuali in Cecenia.
Il report di Novaya Gazeta ha provocato un acceso dibattito sui social media ceceni. Nadirsolta Elsunkayev, direttore del Centro per gli Studi Umanitari, una ONG cecena, ha scritto che questo report è stato un tentativo da parte di organizzazioni legate ad agenzie di intelligence straniere di portare la questione dei diritti LGBTQ in agenda, al fine di forzare la Russia a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
In Russia l’omosessualità è stata depenalizzata nel 1993. Le coppie omosessuali non sono legalmente riconosciute in Russia, e attualmente non esiste una legge che proibisca atti di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale. Nel 2013, è entrata in vigore una legge che punisce la "propaganda di relazioni sessuali non tradizionali" tra i minori. La legge è stata condannata dalla Commissione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’infanzia e da gruppi internazionali per i diritti umani per l’ambigua formulazione del testo. Molte voci critiche hanno riconosciuto nel testo un effettivo divieto di promozione pubblica dei diritti e della cultura della comunità LGBTQ nel paese.