Cecenia, la “polizia morale” di Kadyrov

Il potere del presidente ceceno Ramzan Kadyrov raggiunge le strade di Mosca, dove i suoi "kadyrovzi" non esitano a portare avanti azioni violente. Mentre mostra i muscoli, però, Kadyrov – che avrebbe seri problemi di salute – pensa ad assicurare la propria successione

18/06/2025, Marilisa Lorusso

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Ramzan Kadyrov - Foto www.kremlin.ru

È successo di nuovo: di nuovo i kadyrovzi, i ceceni che fanno capo a Ramzan Kadyrov, hanno compiuto una operazione per le strade di Mosca, capitale della Federazione russa, indisturbati.

Non è la prima volta che questi operativi, in genere barbuti e vestiti di nero, si muovono con autonomia e al di fuori della legge nel territorio della Federazione russa, inclusa la capitale, e – sotto l’occhio impotente, o ignavo delle forze di polizia locale – portano avanti operazioni al di fuori del quadro della legalità.

La “cecenizzazione” della Russia è un tema che fa storcere parecchi nasi a Mosca, ma di fatto non appaiono essere state prese misure efficaci per contrastare i rapimenti, i pestaggi, i rimpatri forzati, spesso di ceceni che si sono rifugiati in altre parti della Federazione e che – o Kadyrov o qualcuno che gravita nella sua sfera – ordina di riportare indietro, o di punire.

Questa volta è toccato a un uomo d’affari armeno, Areg Shchepikhin.

Shchepikhin, in precedenza una figura poco nota, si è distinto come blogger per un comportamento online eccentrico. Si è autodefinito in modo altisonante, “dio del sesso” e “capo della città di Mosca e del centro finanziario russo”, oltre a post provocatori che prendevano di mira musulmani ed ebrei. In uno di questi si è lanciato contro il Corano e i ceceni, attirandosi l’ira di questi ultimi che hanno pensato bene di organizzare una missione punitiva in piena Mosca.

Il 3 giugno, alla stazione ferroviaria Yaroslavsky di Mosca, Shchepikhin è stato prelevato con la forza mentre chiedeva aiuto, nonostante in alcuni filmati risultino presenti nelle vicinanze uomini in divisa che non sono intervenuti. È poi ricomparso , probabilmente su pressione del Cremlino, con il viso segnato dalle percosse.

Il Comitato Investigativo russo ha avviato due procedimenti penali. Uno nei confronti di Shchepikhin, il quale rischia fino a cinque anni di carcere per istigazione pubblica ad attività estremiste e fino a sei anni per incitamento all’odio o all’inimicizia con minacce di violenza. Il secondo procedimento riguarda il rapimento di Shchepikhin, con sei ceceni arrestati ma poi rilasciati e già rientrati in Cecenia.

Questi hanno utilizzato un veicolo con targhe governative collegate a collaboratori di Kadyrov. Tre detenuti hanno dichiarato di essere membri della Guardia Nazionale russa (Rosgvardiya) e hanno sostenuto che le loro azioni costituivano una detenzione legittima e non un rapimento. Questa versione è stata sostenuta dal ministro ceceno della Stampa e della Politica nazionale, Akhmed Dudaev.

Fatto sta che i kadyrovzi si muovono come una polizia morale. Sempre questo mese ma questa volta a Sochi, il prelato del locale monastero di Valaam, Gavriil, ha pronunciato un sermone che è stato considerato critico dell’Islam.

Nel sermone, incentrato sulla "forza della fede", il sacerdote ha menzionato "uomini sani e sobri che praticano il wrestling e vanno in palestra" – fedeli della moschea centrale di Prospekt Mira a Mosca. Secondo il sacerdote, questi uomini erano "legati dalla loro fede, anche se fuorviata". Gavriil ha poi definito i fedeli della moschea un "esercito" e ha suggerito che "se un mullah ordinasse loro di massacrare i moscoviti, il ministero dell’Interno non avrebbe nemmeno il tempo di reagire".

Le sue parole hanno scatenato Apti Alaudinov, comandante militare ceceno, che ha condannato fermamente Gavriil, definendolo un “idiota” e un “servo dell’Anticristo”, e accusandolo di agitazione provocatoria. Di conseguenza Gavriil è stato rimosso il 5 giugno. Ma questo episodio ha causato anche una controreazione nella comunità ortodossa, che ne ha chiesto il re-insediamento.

Il presente e il futuro di Kadyrov

Questa “polizia morale” – che si muove con una sicurezza che rasenta l’immunità di fatto –  più che difendere l’Islam è il braccio armato di Kadyrov, e usa la fede per ribadire anche fuori dal territorio della Cecenia l’estensione del potere e dell’influenza del presidente ceceno.

Ma Kadyrov, come si sa da anni, è malato. Non ancora 50enne, ha problemi cronici che non ne fanno certo il ritratto della salute, per quanto sulla sua immagine di valente guerriero in pieno vigore lui investa molto.

Lo spettacolo riempie gli schermi, così da far tacere i dubbi il più possibile. L’aggressione all’Ucraina è stata uno dei suoi teatri di massima visibilità, e si è anche fatto riprendere a bordo di una Tesla Cubertruck equipaggiata con una mitragliatrice.

Le comparsate – sue e dei suoi uomini – nei video autopromozionali hanno fatto peraltro guadagnare ai kadyrovzi il poco invidiabile epiteto di "truppe TikTok", derisi perché simulano azioni di guerra mentre in realtà restano al sicuro in Cecenia e simili amenità.

Ad esempio, Anastasia Balter, studentessa dell’Università Statale di Mosca, nota per la sua partecipazione a un reality, si è rivolta a Kadyrov sostenendo di essere stata espulsa dall’università per aver “difeso il popolo ceceno”. Aveva denunciato un compagno di studi per aver definito l’unità Akhmat cecena "truppe TikTok". Anche in questo caso il comandante della stessa unità, Apti Alaudinov , sarebbe arrivato in persona per "gestire" la situazione e difendere la reputazione dei suoi combattenti.

Al di là dello spettacolo resta aperta la partita della successione. Kadyrov ha piazzato figli e figlie in tutti i posti che contano, per garantire la continuità del potere. Recentemente ha chiesto di essere sollevato dalla presidenza, in modo piuttosto retorico, ma pur sempre non prima di aver piazzato il figlio 17enne a fare il supervisore del ministero degli Interni, e subito dopo di avergli assegnato nuove medaglie e riconoscimenti.

La possibilità del subentro del 17enne è una delle fonti di tensione fra Kadyrov e il Cremlino. Fra gli eredi potrebbe comparire anche Ahmat Kadyrov, il figlio maggiore, da aprile nominato residente onorario di Grozny, mentre le figlie – che pure hanno avuto incarichi e aziende – paiono essere escluse dalla successione politica e stanno mantenendo un basso profilo.

Oltre alla scelta del possibile successore, il Cremlino pare essere in apprensione per il coinvolgimento di stati terzi nelle garanzie che Kadyrov si sta costruendo intorno, evidentemente non fidandosi solo del Cremlino, nonché dei numerosi circoli moscoviti.

L’FSB ha informazioni sulle frequenti trattative sul futuro dei suoi beni e sulla sicurezza dei suoi familiari con i rappresentanti delle monarchie musulmane del Medio Oriente. Tutto questo fuori dal radar del Cremlino, con cui queste trattative non sarebbero coordinate.