Caucaso del sud e Balcani: proteggere l’infanzia

Uno strumento per chiamare i governi alle loro responsabilità rispetto alla protezione dell’infanzia. Verrà presentato il prossimo 28 settembre a Bruxelles da World Vision e ChildPact

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(Tuncay/flickr)

Come attiviste che ci occupiamo della protezione dell’infanzia sentiamo spesso dire dai politici che “i bambini vengono al primo posto”. Nonostante un cinismo diffuso rispetto alla classe politica, crediamo che siano sinceri. La società e i politici sanno che i bambini sono il nostro futuro; non solo i nostri figli o i bambini che conosciamo, ma tutti i bambini, ovunque vivano e in qualsiasi contesto vivano.

Ma una domanda rimane: come traduciamo queste dichiarazioni nella sostanza di un sistema effettivo di protezione dell’infanzia?

Senza un tangibile progresso nelle riforme continueremo a sentire storie di bambini che vivono, inermi, situazioni pericolose e traumatiche, che non vorremmo mai accadessero ai nostri figli. E’ la storia di Klajdi, bambino albanese obbligato a raccogliere cromo nelle miniere di Bulqiza; la storia di Hana, della Bosnia Erzegovina, obbligata a sposarsi bambina e vivere continue violenze domestiche. O di Elen, in Armenia, prigioniera in un istituto per minori e che spera di poter ritornare a casa, dalla sua famiglia. E’ anche la storia di Eliza, del Kosovo, che avrebbe bisogno di una sedia a rotelle che la sua famiglia non può permettersi. O di Elvis, Maria e altri bambini rom vittime quotidianamente di discriminazioni. E’ la storia di Gabriela, nove anni, dalla Moldavia, che ha aspettato anni fino prima che una famiglia riuscisse, infine, ad adottarla.

Queste vicende drammatiche non dovrebbero esistere perché sappiamo già quali riforme andrebbero adottate, riforme che si sono dimostrate in grado di ridurre in modo sostanziale l’incidenza di abusi e marginalizzazione su minori vulnerabili. Sappiamo, già ora, come aiutare questi bambini a reagire e rivivere.

Le riforme nel campo della protezione dei minori rischiano a volte di contenere tecnicismi e di essere efficaci, troppo spesso, solo nel lungo periodo. E i politici capiscono fin troppo bene che le “riforme di lungo periodo” raramente ricevono attenzione nei format attuali dei mezzi d’informazione schiacciati sulla quotidianità. Piuttosto si preferisce navigare attraverso continui scandali di corruzione e parlare della crisi.

Siamo sinceri, non vi è da raccogliere molta gloria nel sostenere riforme lunghe e molto tecniche, che promettono benefici solo tra qualche anno e mal si adeguano ai cicli elettorali. E allora, come riuscire a far sì che queste riforme vengano fatte?

Lezioni europee

Quantunque nelle nebbie dell’attuale crisi di identità dell’Unione europea, non dobbiamo dimenticare come l’Ue sia stata l’artefice di importanti e incrementali processi di riforma in molti campi che coinvolgono la vita dei suoi cittadini. Dai diritti dei consumatori alla sicurezza sul lavoro, le istituzioni europee hanno spostato con decisione la barra di ciò che è accettabile e ciò che non lo è nell’Unione.

Negli ultimi decenni, l’integrazione di nuovi stati membri ha accelerato la velocità del processo di riforma nei paesi coinvolti; nei termini di protezione dei minori è particolarmente vero per quanto riguarda la Romania. Vi sono molte lessons learned da applicare anche altrove per quanto riguarda la protezione dell’infanzia e riforme di lungo periodo che si sono rivelate di successo.

Innanzitutto avere una lista di cose da fare può aiutare nel tenere attivo il processo di riforma. Attraverso il processo di integrazione le istituzioni europee hanno sempre avuto, a carico dei paesi aspiranti all’ingresso, una lista delle cose da fare in svariati campi; un modo questo per tener conto delle riforme fatte, negli anni e nel susseguirsi di varie compagini governative.

Inoltre quest’approccio obbliga le forze politiche a tenere i piedi per terra: i grandi ideali vengono pragmaticamente trasformati in una lista di riforme tecniche che devono essere introdotte ed implementate.

In terzo luogo il processo di allargamento ha dimostrato la tendenza dei nuovi paesi membri a rilassarsi e perdere slancio nelle riforme. Anche il campo della protezione dei diritti dei minori è uno di quei settori dove non si sono fatti gran passi in avanti una volta chiuso il capitolo integrazione. Siamo tutti convinti che i singoli paesi hanno ancora bisogno di incentivi per realizzare riforme di lungo periodo.

Child Protection Index

Il Child Protection Index (CPI), è un nuovo strumento creato assieme da World Vision e ChildPact, che verrà presentato a Bruxelles il prossimo 28 settembre. E’ stato sviluppato relativamente a 9 paesi tra cui due stati membri Ue.

Il CPI si basa su 600 indicatori tratti dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia (UNCRC). Nel loro complesso gli indicatori costituiscono una lista di cose da fare per far terminare la violenza dei confronti dei minori, il trafficking, il lavoro minorile, le discriminazioni ed altre violazioni dei diritti dei minori.

Il CPI può essere utilizzato per chiamare i governi alle loro responsabilità rispetto alla protezione dell’infanzia. Il CPI va oltre le piattaforme politiche o la partigianeria. Serve per ricordare ai paesi che indicizza i risultati raggiunti, ciò che ancora manca, i loro impegni per la protezione dell’infanzia, a prescindere dalla maggioranza che vi è al governo.

Servono riforme, ora

E’ fuori discussione, abbiamo bisogno di velocizzare il processo di riforme in tutta la nostra regione ed a livello globale.

L’Ue può contribuire in modo fondamentale, a partire dall’inserire in modo convinto nella sua agenda diplomatica di relazioni con i paesi partner la protezione dell’infanzia. L’Ue dovrebbe fare propri gli indicatori del CPI ed inserirli nelle proprie liste di cose da fare per gli stati membri, per i propri vicini, per i paesi partner.

Il futuro dipende da una lunga lista di piccoli passi che i governi devono fare per creare un ambiente che valorizzi le centinaia di migliaia di bambini e bambine nella nostra regione. Sì, il compito che ci aspetta sembra sovrastante, ma con il sostegno dell’Ue e dei suoi stati membri e con il passato, presente e futuro mappato nelle pagine di questo nuovo indice, possiamo riuscirci.

Daniela Buzducea è direttrice nazionale di World Vision Romania

Mariana Ianachievici è presidente di ChildPact

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