Caos politico in Serbia
Lo stato di emergenza in Serbia è terminato ormai da un mese. Mentre la "Sciabola" inizia a perdere la sua lucentezza, la scena politica fa scintille, tanto che sembra essersi innescata una vera lotta per il potere all’interno della DOS.
Lo scontro politico in Serbia, come era prevedibile, si è incuneato all’interno della DOS. Venuta a mancare la figura aggregante del defunto premier l’Opposizione Democratica della Serbia ha dato i primi segni di cedimento. Da un lato il professor Micunovic, presidente del parlamento e leader del Centro democratico, ha più volte fatto appello alla sensatezza e alla correttezza, sia durante lo stato di emergenza che dopo di esso. Micunovic, uno dei più anziani deputati, sembra dar continuamente prova di essere un po’ più savio dei suoi colleghi più giovani. Forse anche per contrastare il potere emergente del Partito Democratico (DS), il quale si ha sempre più l’impressione che si stia preparando alle future elezioni.
Di recente è stata accolta con plauso la moglie di Djindjic nel consiglio direttivo del partito. Una mossa dovuta, si direbbe. In fin dei conti la moglie di Djindjic è sempre stata, come la storia del pensiero e della politica vuole, un’attenta consigliera del premier-marito. Tuttavia verrebbe da pensare ad una possibile mossa propagandistica.
Non va dimenticato che il DS ha guadagnato più di tutti dall’immolazione del suo ex leader Zoran Djindjic. Inoltre i frutti dello scatto di popolarità e consensi in favore di suddetto partito vanno in qualche modo capitalizzati, perché fra non molto anche il gridato successo della "Sciabola" inizierà ad estinguersi, a maggior ragione se non verrà seguita dallo "Scalpello", ossia la tanto promessa azione di lotta contro la criminalità della finanza. Un’azione quest’ultima già invocata in pieno stato di emergenza dal ministro delle finanze Bozidar Djelic.
Non sono in pochi, infatti, a ritenere che la lotta alla criminalità non avrà compimento significativo se non si adotterà una legge sul finanziamento dei partiti. E certo. Dopo che il clan di Zemun si è trovato a gambe all’aria, il clan di Surcin in calo di notorietà e di uomini (diciamo anche più legalizzato del clan di Zemun), manca all’appello buona parte della classe politica, sia di governo che di opposizione.
Tra le fila dell’opposizione sembra essere finita anche la neo formazione partitica G17. Gruppo di economisti che tanto hanno riscosso successo e consenso nell’ottobre 2000 al fianco della DOS. La loro esperienza tecnica era stata letta come garanzia per il buon governo del paese. Tuttavia da quando una frangia del G17 da ONG si è trasformato in partito politico le cose sono iniziate ad andare per un altro verso. Poco prima di essere ucciso il premier Djindjic aveva lasciato trapelare uno scontro con il governatore della Banca Centrale della Serbia (già Banca centrale di Jugoslavia), scontro ripreso a piena voce dal nuovo premier Zivkovic, già durante lo stato di emergenza e riproposto nei giorni scorsi.
Le recenti manovre del governo sembrano proprio andare nella direzione di una forte limitazione delle sfere di influenza del G17. Miroljub Labus è stato tagliato fuori dalla Agenzia per il risanamento delle banche. E ciò non senza polemica. Polemica in cui Bozidar Djelic, attuale ministro delle finanze del governo di Belgrado, e pure membro del G17, ma non di partito, si trova nella posizione più scomoda. Preso tra il martello e l’incudine del governo e dell’amicizia con Labus. Altro fronte dello scontro la presentazione il mese scorso della legge sulla Banca Centrale. Legge che taglierebbe fuori l’attuale governatore Mladjan Dinkic, perché membro di un partito politico, il G17 appunto, e non avente un’esperienza bancaria di oltre 10 anni, secondo i requisiti previsti dalla legge.
Di per sé queste faccende sarebbero già tema di ampia discussione, tuttavia la scena politica serba, in questi ultimi giorni, ha manifestato una maggiore ricchezza di particolari.
Parecchia attenzione c’è stata a seguito del cambio di funzione del direttore delle dogane Vladan Begovic, dopo che, alla metà del mese di maggio, aveva tirato in ballo lo scandalo dello zucchero, ossia un’irregolarità delle esportazioni dello zucchero verso l’UE, impacchettato come zucchero serbo ma di provenienza di altri paesi. Cosa che aveva insospettito l’UE e portato al blocco delle agevolazioni fiscali fino ad ora concesse alla Serbia per l’esportazione dello zucchero. Vladan Begovic è poi finito alla direzione dell’agenzia per il tabacco e al suo posto è finto un uomo di Nis, Aleksandar Krstic. Curioso come si sia formato ai vertici della scena politica una sorta di gruppo di Nis, città natale del premier.
Tuttavia il caos non termina certo qua. Le recenti dichiarazioni di Nejbosa Covic e Miodrag Isakov (entrambi vicepresidenti del governo serbo) hanno aperto un altro fronte di rivelazioni e polemiche. Il vice premier Covic si è scontrato con ripetuti botta e risposta con Zeljko Mitrovic proprietario di TV Pink (canale televisivo che è sempre stato di influenza della moglie di Milosevic). Tema della questione, secondo Covic una congiura contro di lui e Isakov per screditare le loro posizioni. Covic chiede che chi sta dietro Pink getti la maschera, allundendo a qualcuno del governo. Mitrovic non tarda a rispondere e attacca Covic con tutta una serie di richieste di indagine: sui finanziamenti in Kosovo, sui contatti con il clan di Zemun, sulle attività della squadra di basket FMP, ecc. Covic sembra spingersi tanto nelle esternazioni fino a dichiarare che Lukovic Legija e Dusan Spasojevic, (ritenuti responsabili della morte di Djindjic e di altri omicidi, il primo latitante e il secondo ucciso poco tempo fa in un’azione della polizia) hanno partecipato all’arresto di Milosevic.
Si apre un altro fronte dello scontro, questa volta tra il ministro dell’interno Dusan Mihajlovic e Covic. A suon di dichiarazioni e smentite, Covic dice di essere stato frainteso, il comunicato che ha fatto circolare il ministero contenente le dichiarazioni di Covic riporta menzogne. I servizi di sicurezza e la BIA chiedono spiegazioni e prove di quanto è stato affermato. Il fuoco della polemica divampa e non è facile da spegnere. E tutto nell’arco di pochissimi giorni, tanto è che il presidente del parlamento Dragoljub Micunovic al suo rientro dopo due giorni di soggiorno a Mosca ha modo di sostenere: "Me ne vado via due giorni e non riesco a riconoscere più la scena politica. Allora, non mi viene voglia di andare più da nessuna parte. Non so da dove provenga tutta questa voglia di autodistruzione nella DOS, ma la si deve fermare" ("Danas", 22 maggio ’03). Micunovic tempo fa si era inoltre già espresso a proposito della difficoltà di ottenere un quorum in parlamento, sostenendo che "se nella coalizione di governo non ci sarà disciplina e armonia, la DOS non ha futuro, e se non c’è, signori, andiamo alle elezioni" ("Vreme", 22 maggio ’03).
Tuttavia il tema delle elezioni sembra essere una sorta di patata bollente. Se da un lato sembra che il partito di governo, DS, si stia preparando alla campagna elettorale, dall’altro è sicuramente quello che meno desidera le elezioni. Zivkovic infatti sostiene sempre di voler portare a termine la legislatura, ossia fino alla fine del 2004. Un atteggiamento curioso, fa notare il caporedattore di Blic News Zeljko Cvijanovic, il quale si chiede perché un politico nella posizione di Zivkovic non vuole andare subito alle elezioni dal momento che, anche se non vincesse, guadagnerebbe molti più voti che fra un anno. La risposta suona: "perché così farebbe un politico". Cvijanovic, invece, ascrive al premier serbo un tipico comportamento da businessman, il quale considera il valore che ha ogni giorno che passa al governo, in termini di controllo delle banche, delle privatizzazioni e dell’esportazione di zucchero ("Blic News", 21 maggio ’03).