Bulgaria, smantellare il “sistema Borisov”
La Bulgaria si avvicina a nuove elezioni anticipate – previste per il prossimo 11 luglio – tra scandali e colpi di scena, come le sanzioni imposte a sei cittadini bulgari da parte del dipartimento del Tesoro USA. Uno scenario incerto, ma che lascia intravedere il tramonto politico dell’ex-premier Boyko Borisov
Mentre si avvicinano le nuove elezioni anticipate in Bulgaria, previste per il prossimo 11 luglio, il panorama politico a Sofia è stato scosso da un vero terremoto. Il 3 giugno, il dipartimento del Tesoro USA ha comunicato la decisione di imporre sanzioni a sei cittadini bulgari in forza della “legge Magnitsky”, che colpisce a livello globale individui sospettati di violare diritti umani o di alimentare imponenti pratiche corruttive.
A cadere sotto le maglie della “Magnitsky” sono stati anche due protagonisti assoluti della vita politica ed economica in Bulgaria, l’ex deputato e tycoon mediatico Delyan Peevski e l’oligarca in fuga Vasil Bozhkov. A tutti i sanzionati è vietato l’ingresso negli Stati Uniti, mentre le loro proprietà e attività su suolo americano vengono congelate.
Per chi segue le vicende bulgare, il nome di Peevski non ha bisogno di presentazioni: deputato dal 2009 nel Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS) – il partito che ufficiosamente rappresenta la comunità dei turchi di Bulgaria – Peevski negli anni ha creato un impero economico che controlla anche buona parte dei media in Bulgaria, diventando agli occhi dell’opinione pubblica il simbolo del sistema di potere opaco consolidatosi negli ultimi decenni.
Bozhkov, anche noto col soprannome di “Teschio”, è stato per decenni quasi-monopolista del gioco d’azzardo, una posizione garantita dai buoni rapporti con l’élite al potere. Un sodalizio naufragato improvvisamente a inizio dell’anno scorso, quando la procura lo ha accusato di una lunga serie di gravi reati. Da allora Bozhkov è fuggito a Dubai, da dove ha iniziato a raccontare la sua (scomoda) versione dei fatti sui rapporti intrattenuti sia con Peevski che con l’ex premier Boyko Borisov, tentando poi di lanciare un suo progetto politico.
Per i due le sanzioni rappresentano un duro colpo, visto che i provvedimenti affossano anche una lunga serie di compagnie a loro legate: di fatto, chi cade sotto le maglie della “Magnitsky” diventa un vero e proprio “paria” a livello internazionale, visto che chiunque interagisca con i sanzionati rischia di venire a sua volta colpito.
Una transizione al guado
Il dipartimento del Tesoro americano ha smentito ogni connessione tra la propria decisione e la situazione politica in Bulgaria, ma è evidente che l’eco della “Magnitsky” si farà sentire durante l’intera campagna elettorale che si appresta a cominciare.
Le elezioni dello scorso 4 aprile hanno lasciato il paese in una situazione politica ambigua: il movimento GERB dell’ex premier Boyko Borisov, dominatore della scena politica da oltre un decennio, ha mantenuto la maggioranza relativa nonostante mesi di proteste e malcontento proprio sulla questione della corruzione, ma si è trovato del tutto isolato nel nuovo parlamento.
Anche le forze di opposizione, però, uscite collettivamente vincitrici dalle urne, non hanno trovato una piattaforma comune su cui lanciare un nuovo progetto di governo. Né il nuovo movimento “C’è un popolo così”, promosso dal popolare anchorman Slavi Trifonov e arrivato inaspettatamente secondo, né i socialisti arrivati terzi, sono riusciti a raccogliere numeri e idee per creare una maggioranza.
Preso atto dello stallo, il presidente Rumen Radev ha deciso così l’11 maggio di sciogliere l’assemblea appena formata e di chiamare ancora una volta i cittadini al voto, dopo aver creato un esecutivo tecnico guidato dal generale Stefan Yanev.
Il nuovo governo però ha presto messo in chiaro di non volersi limitare alla gestione dell’ordinario e all’organizzazione delle nuove elezioni. Di fatto, l’esecutivo ha iniziato a smantellare senza troppe cerimonie buona parte del sistema di potere radicatosi all’ombra di Borisov. Sostituzioni e avvicendamenti di funzionari hanno interessato quasi tutte le sfere dell’amministrazione, dai governatori regionali alle agenzie governative passando per i ministeri.
Un’attività frenetica che, almeno secondo i sondaggi, viene apprezzata dall’opinione pubblica, che si è espressa in larga maggioranza per il cambiamento, anche se la transizione ad un possibile “dopo-Borisov” resta per il momento al guado.
Nuovi, vecchi scandali
Oltre alla rottamazione di parte importante dell’“amministrazione Borisov”, l’azione del nuovo governo tecnico è stata segnata dall’emergere di una lunga serie di irregolarità legate all’esecutivo a guida GERB.
Sotto accusa sono finite le politiche di gestione della crisi COVID-19, che secondo l’Istituto bulgaro per le Iniziative legali (BIPI) sono state segnate da caos, poca trasparenza nelle commesse pubbliche, lievitazione sospetta dei costi nella risposta sanitaria alla pandemia.
I controlli e le accuse interessano buona parte dell’apparato amministrativo: secondo il nuovo ministro, negli ultimi tre anni, il 90% delle commesse nel ministero della Difesa sarebbero state assegnate senza concorso. Secondo la procura di Sofia – che ha dato il via ad un’indagine – l’agenzia per le autostrade avrebbe distribuito 4,5 miliardi di leva (2,3 miliardi di euro) a compagnie “amiche”. La direzione dell’ex ospedale governativo “Lozenets” è stata collettivamente licenziata dopo la scoperta di attività di trapianto illegali e malversazione. E la lista potrebbe continuare ancora a lungo.
Il più grave degli scandali però ha un carattere spiccatamente politico: nei mesi scorsi, segnati da forti e prolungate proteste antigovernative, la procura anti-mafia avrebbe ordinato intercettazioni a danno di decine di attivisti e politici dell’opposizione.
Sugli schermi della televisione nazionale, giovedì 3 giugno l’avvocato Nikolay Hadzhigenov – noto per la sua lotta a favore dello stato di diritto – ha mostrato in diretta una lunga lista di nomi, compreso il suo, che sarebbero finiti sotto l’occhio attento dei servizi di sicurezza a partire dal luglio 2020.
Quali prospettive politiche?
Nonostante il clima da resa dei conti, il futuro politico della Bulgaria resta incerto. Gli ultimi sondaggi fotografano una situazione poco diversa da quella emersa dalle ultime consultazioni: GERB risulta ancora il primo partito, e le forze destinate ad entrare nel prossimo parlamento sono le stesse, con la possibile eccezione dei nazionalisti, che dopo la sonora sconfitta del 4 aprile hanno deciso stavolta di correre insieme.
In un contesto così indefinito, le sanzioni americane potrebbero però giocare un ruolo importante. Nel suo percorso politico, Borisov ha sempre rivendicato la sua capacità di ancorare la Bulgaria ai principali alleati internazionali, con un occhio di riguardo a Germania e Stati Uniti.
Le modalità e la tempistica dei provvedimenti del dipartimento del Tesoro americano suonano come una sonora bocciatura nei confronti dell’ex premier e del suo sistema di potere, che evidentemente non godono più dell’appoggio di Washington. Dopo l’iniziativa americana gli alleati UE potrebbero seguire a ruota, e il Parlamento europeo ha deciso di inviare in Bulgaria una missione di verifica per i prossimi mesi, ulteriore segnale che la stagione politica di Borisov con tutta probabilità si è definitivamente esaurita.