Bulgaria, le conseguenze della pandemia sui giovani studenti

La Bulgaria è stata colpita duramente dalla pandemia da Covid-19, a farne le spese soprattutto i giovani studenti. Le disparità si sono evidenziate in particolare nelle comunità più fragili, come quelle rom e turca

16/12/2021, Francesco Martino - Sofia

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Bulgaria, primo giorno di scuola 2021 - © R R/Shutterstock

Alla vigilia delle vacanze di Natale 2021, il sistema scolastico in Bulgaria sembra essere finalmente tornato ad un passo dalla normalità. A metà dicembre 2021 più dell’80% di alunni e studenti della scuola dell’obbligo – dalla prima alla dodicesima classe – sono infatti tornati fisicamente nelle aule di scuola.

Un risultato tutt’altro che scontato in quello che è uno dei paesi Ue più duramente colpiti dalla quarta ondata di Covid-19, alimentata da tassi di vaccinazione sotto il 30% e da un certo scetticismo nei confronti delle misure di prevenzione. Per raggiungerlo, le autorità di Sofia hanno messo in campo una strategia flessibile, che include test virali a cadenza regolare e green pass per i ragazzi vaccinati o guariti dalla malattia, e un approccio più liberale nelle municipalità a più basso tasso di contagio.

Vincere le resistenze dei genitori ai test – effettuati in modo non invasivo – non è stato semplice, soprattutto all’inizio ed anche qui si è arrivati ad una soluzione di compromesso: in aula sono tornate le classi in cui almeno la metà dei genitori ha dato il proprio consenso all’esame anti-Covid (percentuale poi portata al 30%), in caso contrario, il processo educativo è continuato a distanza.

L’impatto della pandemia sugli studenti

Nonostante le faticose prove di normalità, il prezzo pagato dai più piccoli durante quasi due anni di pandemia è stato pesante, a farne le spese soprattutto alunni e studenti provenienti dalle famiglie più vulnerabili dal punto di vista economico e sociale, spesso parte delle comunità rom e turca.

“La pandemia ha approfondito gli squilibri nel sistema educativo, una situazione che si è resa evidente fin dal marzo 2020, quando è stata presa la decisione di passare all’istruzione a distanza”, racconta a OBCT Deyan Kolev, presidente di Amalipe”, la più grande Ong rom nel paese.

Vari fattori hanno contribuito a rendere particolarmente difficile la vita scolastica ai ragazzi più poveri. Il primo è stato di carattere puramente materiale: “Nelle 270 scuole con cui lavoriamo – frequentate soprattutto, ma non esclusivamente da ragazzi rom”, spiega Kolev, “il 25-30% degli studenti non aveva a disposizione nessuno strumento per seguire le lezioni a distanza”.

Ecco perché sono state lanciate varie campagne per far sì che le scuole potessero ricevere come donazione computer, laptop, tablet inutilizzati per permettere a tutti di seguire le lezioni da casa, come quella battezzata “Tecnologia vecchia per un nuovo inizio”, promossa dalla stessa Amalipe. Uno sforzo a cui presto si è impegnato il ministero dell’Istruzione, che riconoscendo l’importanza della questione, ha dirottato sull’acquisto di dispositivi elettronici una parte importante dei fondi di emergenza anti-pandemia REACT-EU.

L’altro grosso problema è invece legato alla modalità di implementazione dell’educazione online. Se molte scuole sono state in grado di mettere in campo la cosiddetta “istruzione a distanza sincronica”, in cui le aule fisiche sono state rimpiazzate da piattaforme online, preservando però l’interazione diretta tra ragazzi ed insegnanti, molti istituti, soprattutto nelle aree rurali o più marginali, hanno scelto o sono state costrette a passare alla versione “a sincronica”.

“In questo caso gli insegnanti potevano soltanto spedire materiali agli studenti, confidando poi nella loro capacità di elaborare le informazioni ricevute senza interazione diretta”, spiega ad OBCT la professoressa Marta Metodieva, insegnante sia al Liceo classico nazionale “Konstantin-Kiril Filozof” che all’Università “San Clemente d’Ohrid” di Sofia. “È chiaro che in un sistema già imperfetto come quello bulgaro, la modalità ‘a sincronica’ era destinata a fallire fin dall’inizio, con conseguenze pesanti sui ragazzi”.

“Potete immaginare gli effetti su quei ragazzi che vivono all’interno di famiglie disagiate”, puntualizza Kolev, “con genitori analfabeti o con basso tasso di istruzione, che sono stati lasciati soli e non hanno potuto seguire né aiutare i propri figli. Alla fine sì è arrivati ad un paradosso: nelle scuole di città, e tra i figli di persone istruite, i risultati scolastici nel corso della pandemia sono addirittura migliorati, mentre l’esatto contrario è accaduto tra i giovani provenienti da famiglie povere”.

Disparità e strategie per superarle

Col passare dei mesi, buona parte delle difficoltà legate a organizzazione e carenze sul piano dei dispositivi a disposizione degli studenti sono state superate. Tanto che, secondo la Metodieva, “sul piano generale il sistema scolastico bulgaro ha reagito in modo sorprendentemente dinamico, mostrando non pochi esempi di creatività e dedizione”. La pandemia ha poi accelerato il processo di digitalizzazione dell’istruzione, che probabilmente in condizioni normali avrebbe avuto bisogno di una tempistica molto più lunga. La capacità di reazione però è stata tutt’altro che uniforme, ed ha lasciato gli istituti con capacità più fragili sempre più indietro rispetto alle punte di eccellenza.

Un ruolo fondamentale perché il solco non diventasse una voragine è stato giocato dai mediatori scolastici, figura introdotta con crescente successo negli ultimi anni soprattutto da scuole e asili ad alta concentrazione di studenti con situazioni familiari fragili. Oggi in Bulgaria sono attivi circa mille mediatori, soprattutto grazie ai finanziamenti ricevuti del programma operativo “Scienza ed istruzione per una crescita intelligente” dell’UE, il resto sostenuti dal budget del ministero dell’Istruzione e da altri progetti.

“I mediatori sono stati fondamentali, soprattutto nella fase più acuta della pandemia”, racconta Kolev. “Hanno aiutato i ragazzi ad utilizzare gli strumenti tecnologici, hanno motivato i genitori. Nessuno si è tirato indietro, nonostante i rischi per la propria salute”.

Nonostante gli sforzi, molti problemi, poco visibili ma potenzialmente profondi restano sul tavolo, come ad esempio la capacità di affrontare le conseguenze della pandemia non solo a livello educativo, ma anche psicologico. “Non mi pare siano state previste e approntate misure per fornire un supporto psicologico agli studenti”, ci dice la Metodieva. “Il sistema si è concentrato soprattutto nel non far perdere le lezioni ai ragazzi. Nessuno ha aperto una discussione sul prezzo psicologico pagato dai più piccoli durante la pandemia, e non vedo passi in questa direzione”.

Per Kolev, le conseguenze più gravi ed immediate da affrontare, soprattutto tra i giovani delle comunità rom e turca, è l’aumento del tasso di abbandono scolastico. “Con la pandemia e la chiusura delle scuole, molti ragazzi hanno semplicemente smesso di frequentare. E soprattutto nelle comunità rom, molti ragazzi sono andati all’estero per lavorare insieme ai genitori”. Anche perché, le équipe speciali dal 2017-18 che agivano per monitorare i ragazzi a rischio abbandono e riportarli a scuola, con l’inizio della pandemia di fatto hanno smesso di operare.

Secondo la Metodieva, la pandemia ha messo in risalto problemi di lunga data del sistema scolastico in Bulgaria, senza però fornire risposte chiare su come superarli. Nei mesi scorsi la situazione è stata resa ancora più complicata dall’instabilità politica, che ha portato a indicazioni confuse e inconsistenti da parte di istituzioni come i ministeri dell’Istruzione e della Salute, “che hanno creato più problemi di quanti ne abbiano risolti.

“Soprattutto per gli studenti provenienti da contesti socio-economici fragili, purtroppo non vedo spazio per molto ottimismo”, conclude la Metodieva. “Se poi guardiamo alla comunità rom, dove già i livelli di successo scolastico erano molto bassi, la situazione post-Covid appare oggi ancora più drammatica”.

 

Central European Initiative

Questo articolo è stato pubblicato con il sostegno di Central European Initiative – Executive Secretariat

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