Bulgaria: aree umide, preziose e fragili
Le aree umide in Bulgaria, situate soprattutto lungo il Danubio, sono un patrimonio tanto prezioso quanto fragile. Negli ultimi anni la consapevolezza sulla loro importanza è cresciuta, ma anche le sfide da affrontare, tra fattori umani e cambiamento climatico

Bulgaria-aree-umide-preziose-e-fragili
Pellicani a Srebarna - © FO-ART/Shutterstock
Coprono appena lo 0,8% del territorio nazionale: eppure, nonostante una superficie limitata, le zone umide in Bulgaria costituiscono uno degli ambienti fondamentali per la protezione e la conservazione del patrimonio naturalistico del paese.
Oltre a rappresentare ecosistemi unici, le aree umide sono l’ambiente in cui vivono e si riproducono un gran numero di specie vegetali ed animali protette. Questi ambienti preziosi in Bulgaria sono distribuiti soprattutto lungo il Danubio, la Maritsa e la costa del Mar Nero, con numerosi siti che fanno parte della rete Ramsar e le aree protette Natura 2000.
Questo patrimonio è però estremamente fragile: per loro natura le aree umide sono particolarmente sensibili all’intervento e alla presenza umana. Soprattutto durante il XX secolo, la pressione antropica in Bulgaria – dal prosciugamento all’inquinamento, passando per il bracconaggio – ha ridotto notevolmente le aree umide sia in termini di estensione che di biodiversità.
“Lo stato delle aree umide in Bulgaria è oggi molto compromesso, non solo a causa della mancanza di fondi e iniziative, ma anche per i cambiamenti climatici che hanno reso critica la situazione idrologica nei Balcani e in Europa meridionale”, spiega a OBCT Stoyan Mihov, program manager per le aree umide di WWF Bulgaria.
Negli ultimi anni il paese ha lentamente preso coscienza dell’importanza di proteggere e riqualificare le sue aree umide: oggi a disposizione di Sofia ci sono anche i fondi di coesione europei e i programmi LIFE e Interreg, che hanno finanziato e continuano a finanziare diversi progetti di restauro e conservazione.
Oggi la Bulgaria è il primo paese dell’Unione europea per quota di superficie coperta da aree protette, e tra i primi per biodiversità. Il 34% del suo territorio rientra sotto la protezione di Natura 2000, rete europea di aree protette che ha come obiettivo la salvaguardia delle specie e degli habitat più rari, preziosi o minacciati del continente.
Nel settore specifico, Sofia ha adottato un Piano d’Azione Nazionale per la Conservazione delle Zone Umide di Elevata Importanza (2013–2022), che individua 11 aree prioritarie e prevede misure per il ripristino del regime idrico, il monitoraggio e la sensibilizzazione del pubblico. Secondo i rapporti ufficiali presentati alla Convenzione di Ramsar, il Paese ha aggiornato l’inventario nazionale delle zone umide grazie al progetto di cooperazione territoriale WetMainAreas (2017–2018), mettendo a disposizione dati per istituzioni e stakeholder.
Tuttavia, le valutazioni più recenti indicano che lo stato ecologico complessivo non mostra ancora un miglioramento significativo. Analisi condotte nel 2024 su 11 siti Natura 2000 hanno evidenziato la necessità di un monitoraggio dinamico, capace di misurare variazioni di estensione, umidità e connettività idrica.
“Piani generali come quello del periodo 2013-2022 danno linee guida, ma poi trasformare le indicazioni generali in azioni specifiche ed efficaci nella protezione delle aree umide resta spesso una sfida che resta inevasa”, commenta Mihov.
Una delle difficoltà fondamentali nell’affrontare l’opera di salvaguardia delle aree umide in Bulgaria è legato alla frammentazione della proprietà dei terreni interessati. Molte aree umide sono state prosciugate durante il comunismo e trasformate in terreni agricoli, oggi privati. “Per operare in queste zone”, spiega Mihov, “è necessario l’accordo di tutti i soggetti interessati, spesso centinaia di proprietari diversi”.
Non aiuta il fatto che la regione lungo il Danubio, dove si trova la maggior parte delle zone umide bulgare, rappresenta l’area più povera di tutta l’Unione europea. Le iniziative per la protezione delle aree in questione viene quindi legata a progetti di sviluppo locale, come turismo alternativo, ma non è sempre facile coinvolgere le comunità locali, spesso depauperate da una forte emigrazione.
Studi specifici sulle specie di uccelli acquatici hanno confermato che le zone umide rimaste sono ancora vitali, in particolare per specie migratrici come l’oca collorosso , ma risultano sempre più frammentate e vulnerabili.
Per recuperare e salvaguardare le proprie aree umide, la Bulgaria ha iniziato a partecipare ad iniziative di scala regionale e pan-europea, come WaterLANDS, progetto che sperimenta tecniche innovative di restauro e che in Bulgaria si è concentrato sulla palude di Dragoman , non lontano dal confine con la Serbia, o il Restore4Life , focalizzato sul grande bacino danubiano. Dal 2009 oltre 60.000 ettari di pianure alluvionali e zone umide sono stati ripristinati lungo il Danubio, inclusi tratti bulgari.
Uno dei progetti più riusciti riguarda il Parco Naturale Persina (oltre 21.700 ha) è uno dei simboli della rinascita delle zone umide in Bulgaria. Dal 2002, grazie a fondi LIFE e di coesione, sono state ripristinate connessioni idriche, riattivate inondazioni controllate e migliorata la vegetazione acquatica.
Nel 2023 un rapporto segnalava già progressi nella qualità ecologica, con maggiore presenza di pesci e nuove osservazioni di specie ornitiche rare. Il progetto ha coinvolto anche cittadini e scuole in attività di monitoraggio, rafforzando la consapevolezza locale.
“Uno dei segreti della rinascita di Persina è dovuto al fatto che, essendo un’isola fluviale sul Danubio, il terreno dell’area è rimasto per legge di proprietà statale, permettendoci un intervento complessivo di recupero”, chiarisce Mihov.
Alcuni interventi però hanno avuto ricadute dai risultati più controversi. Uno dei progetti più ambiziosi, finanziati anche dai fondi di coesione, riguardava l’area protetta di Srebarna, non lontano dalla città di Silistra lungo il Danubio. Qui è stato realizzato un canale di due chilometri – inaugurato nel 2023 – che collega l’area al Danunio, e che avrebbe dovuto migliorare la circolazione delle acque e rimuovere parte dei fanghi accumulati sul fondo del lago.
Nell’estate di quest’anno, però, il lago di Srebarna è stato vicino al collasso , dovuto al quasi prosciugamento. I canali con cui l’area umida dovrebbe ricevere acqua dal vicino fiume, infatti, sono utilizzabili solo quando il livello del Danubio è superiore ad una certa quota. Per motivi diversi, legati all’uso delle acque del fiume e da fattori climatici, negli ultimi anni questo accade sempre più di rado.
“E’ difficile dare un giudizio esaudiente sul progetto. Fin dall’inizio però il WWF ha presentato i suoi dubbi sul progetto del canale. Secondo i nostri esperti molti elementi non sono stati discussi e chiariti a sufficienza. Non posso dire che il progetto fosse negativo nel suo complesso, ma di sicuro ha rivelato debolezze. Purtroppo ai nostri dubbi non è stata data risposta esaudiente”, commenta Mihov.
“Per noi”, rilancia l’esperto del WWF, “oggi la cosa importante è continuare a valutare la situazione e lavorare insieme guardando al futuro. Srebarna è l’area umida più importante rimasta in Bulgaria. E noi vogliamo che lo resti”.
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto Cohesion4Climate, cofinanziato dall’Unione Europea. L’UE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBCT.
Tag: Cohesion for Climate












