Brioni, la seconda capitale jugoslava
Con la Seconda guerra mondiale e la nascita della Jugoslavia socialista, le isole Brioni diventano una sorta di seconda capitale jugoslava. Tito vi trascorreva buona parte dell’anno, accogliendo numerosi ospiti internazionali. Lì nasce anche il Movimento dei Paesi non allineati

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Parco nazionale delle Isole Brioni, Croazia © Igor Karasi/Shutterstock
(Leggi la prima parte del reportage: Brioni, ieri e oggi)
Dopo essere state un ambito resort turistico al tempo dell’Austria-Ungheria e durante l’occupazione italiana tra le due guerre, le Isole Brioni vivono una nuova stagione all’indomani della Seconda guerra mondiale.
In questo periodo, la storia dell’arcipelago è legata a doppio filo con la località di Fasana (Fažana) sulla terraferma e non è un caso che la riva dalla quale si salpa per raggiungere le isole porti ancora oggi il nome di “Riva Tito”, dal nome del più famoso abitante delle Brioni nel Novecento.
È su questo lungomare, realizzato negli anni Cinquanta e Sessanta, che incontriamo lo storico croato Igor Duda, professore all’Università di Pola e punto di partenza del nostro reportage.
“All’indomani della Seconda guerra mondiale, nonostante i pesanti bombardamenti, le Brioni avevano ancora il fascino della destinazione d’élite, com’era stato da fine Ottocento. Ecco che nel 1947, al vertice del nuovo Stato – la Jugoslavia – nasce l’idea di fare delle isole Brioni una residenza di Stato”, racconta Igor Duda, co-autore del saggio “Tanned guardians, followers and pioneers. Yugoslav directed tourism across Tito’s Brijuni Islands ”.
La residenza di Tito
Nel 1947, infatti, i Trattati di Pace di Parigi definiscono il confine tra Italia e Jugoslavia in questa parte dell’Istria e in quello stesso anno il maresciallo Josip Broz Tito visita per la prima volta l’arcipelago. Tuttavia, il progetto di una residenza di stato sulle Brioni deve attendere ancora qualche anno. La rottura tra Tito e Stalin nel 1948 impone infatti al leader jugoslavo di limitare, per motivi di sicurezza, i propri soggiorni lontano da Belgrado.
Con la morte di Stalin nel 1953, le autorità jugoslave possono permettersi di abbassare un po’ la guardia e a quel punto le Brioni assumono un ruolo di primo piano nella Jugoslavia socialista, un ruolo che manterranno fino alla morte di Tito nel 1980.
“A Belgrado Tito risiede nel cosiddetto Palazzo bianco, qui nel 1953 si costruisce la Villa bianca, che diventerà il luogo in cui Tito passerà tra i 4 e i 6 mesi l’anno, facendo di fatto delle Brioni la seconda capitale della Jugoslavia”, spiega il prof. Duda.
È un momento di svolta per l’arcipelago, ma anche per Fasana, sulla terraferma. Quest’angolo dell’Istria si sviluppa infatti in un modo diverso rispetto al resto della penisola.
Le Brioni vengono chiuse al turismo e solo gli ospiti del maresciallo Tito sono autorizzati ad accedervi. Sono tantissimi i capi di stato e di governo che incontrano il leader jugoslavo proprio sull’arcipelago, e non solo nella Villa bianca, la sua residenza ufficiale (oggi residenza dei presidenti croati), ma anche nella più piccola vikendica, o casa delle vacanze, che Tito fa costruire sull’isolotto di Vanga.
Che Guevara, Fidel Castro, la regina Elisabetta, Chruščëv, Nasser, Nehru, ma anche star del cinema come Sofia Lauren, Richard Burton, Elizabeth Taylor… tutti soggiornano per qualche giorno sulle Brioni.
La Jalta del Terzo mondo
Abbastanza rapidamente le isole assumono una rilevanza internazionale, in particolare a partire dal 1956 quando proprio qui vengono gettate le basi del movimento dei Paesi non allineati.
“Nel luglio del 1956, il presidente jugoslavo Tito accoglie sull’arcipelago il presidente egiziano Nasser e il premier indiano Nehru. Vengono chiamati centinaia di giornalisti e fotografi. Tito incontra entrambi su Brioni maggiore, i tre discutono per un giorno e infine viene firmata la cosiddetta Dichiarazione delle Brioni”, racconta il sociologo Paul Stubbs, autore di Socialist Yugoslavia and the Non-Aligned Movement: Social, Cultural, Political, and Economic Imaginaries .
Sulle Brioni, Tito, Nasser e Nehru si impegnano a rafforzare i loro impegni di politica estera e “quegli accordi diventano le basi dei principi del Movimento dei Paesi non allineati: la non interferenza negli affari interni di un altro stato, il diritto all’autodeterminazione, la battaglia contro il colonialismo e il neocolonialismo e via dicendo”, prosegue Paul Stubbs, che ricorda che “alcuni autori definiscono le isole Brioni una Jalta del Terzo mondo”.
Ma il ruolo politico dell’arcipelago non si limita al Movimento dei Paesi non allineati. Dal 1953 fino al 1979, ovvero fino all’anno prima della sua morte, Tito passò ogni estate sulle Brioni, di fatto governando la Jugoslavia a distanza e prendendo anche importanti decisioni. Si trovava ad esempio sulle Brioni quando Skopje fu colpita da un grave terremoto nell’estate del 1963 e la ricostruzione della città fu decisa proprio sull’arcipelago.
Di quelle estati sulle Brioni rimane oggi una curiosità eredità sulle isole, fatta di animali esotici. È il risultato della cosiddetta “island diplomacy” o diplomazia insulare, di cui ci parla Paul Stubbs facendo riferimento ai tanti leader che vennero ad incontrare Tito proprio su questo arcipelago, portando spesso in dono degli animali dai propri paesi.
“Ci furono le giraffe, il famoso pappagallo, o ancora i due elefanti portati da Indira Gandhi nei primi anni Settanta: Sony e Lanka”, racconta Paul Stubbs, che precisa: “Sony è morto nel 2010 e Lanka è sola da allora. Il che è un simbolo, se vogliamo, non solo dell’importanza dei regali all’interno del contesto della solidarietà nella decolonizzazione, ma anche dell’abuso degli animali da parte degli uomini e infine la tristezza e la solitudine sono un po’ una metafora del destino che è toccato alla Jugoslavia”.
Animali esotici
Tristezza e solitudine non sono concetti esagerati: nel suo recinto che condivide con qualche tacchino, Lanka cammina disegnando dei cerchi sempre uguali e strofinando la proboscide sulla recinzione.
Ma gli animali esotici (tra cui figurano anche le zebre) non sono l’unica eredità concreta del periodo jugoslavo. Su Brioni Maggiore rimane anche un piccolo museo allestito negli anni Ottanta, all’indomani della morte del maresciallo Tito.
Ci sono le foto degli incontri, una mappa con i viaggi del Galeb – lo yacht presidenziale del leader jugoslavo – e qualche oggetto dell’epoca come il bastone da passeggio di Tito.
All’ingresso del museo è parcheggiata la Cadillac presidenziale, che può essere oggi affittata dai turisti per fare un giro sull’isola.
All’ingresso del museo incontriamo Filip, un giovane visitatore venuto da Varaždin in Croazia. Al museo – ci dice – ha imparato molto. Anche se è croato, infatti, della storia di Tito alle Brioni sapeva “qualcosa, ma non molto”. “Penso che il sistema educativo croato non racconti bene quel periodo e che ci sia molta censura. Per i giovani è difficile arrivare a quelle informazioni”, denuncia Filip.
Chi è cresciuto da queste parti invece quella storia la conosce bene. È il caso di Rossana Matejčić Miljević, originaria di Pola e che oggi lavora come guida turistica. “Da piccola i miei genitori e i miei nonni parlavano delle Brioni, ma non se ne sapeva molto, rimanevano un luogo avvolto dal mistero”, afferma la guida turistica, che ricorda: “si raccontava anche che Tito scappasse a volte dalle Brioni per andare al mercato del pesce a Pola. Ma poi venivano a riprenderlo!”.
Gli abitanti di Fasana hanno ricordi ancora più vividi di quel periodo. Mitar Gavočanov è il presidente dell’associazione degli antifascisti di Fasana. Ogni anno, a maggio, l’associazione organizza i Titovi dani (“le giornate di Tito”) per ricordare proprio il periodo in cui il leader jugoslavo soggiornava a due passi dal paese.
Nel 2025 – ci dice Mitar Gavočanov – “le giornate di Tito sono arrivate alla ventesima edizione”. “Sono un ricordo di quel periodo, vengono molti suoi seguaci, persone da tutta l’Istria, dall’Italia e dalle altre repubbliche”, prosegue Gavočanov, “è un evento importante per Fasana, perché qui Tito ha passato molto tempo, lo ha speso in mezzo alla gente: veniva infatti spesso dalle Brioni, a volte di nascosto. Lo si trovava in un’osteria, che giocava a carte, poi a un certo punto qualcuno lo riconosceva e allora arrivava la polizia…”.
Ma se a Fasana si celebrano ogni anno le giornate di Tito, sulle isole Brioni la storia del maresciallo sembra svanire col passare del tempo. Gli ultimi progetti che hanno interessato l’isola, come Novo Ruho Brijuna , non hanno coinvolto la memoria del secondo Dopoguerra e in futuro pare che l’accento sarà innanzitutto messo sull’Ottocento e sulla figura di Paul Kupelwieser.
Secondo lo storico Igor Duda, il motivo è chiaro: la Jugoslavia socialista continua ad essere un tema di cui si parla con difficoltà in Croazia.
“La storia del secondo Novecento, del socialismo e della presenza di Tito resta in secondo piano. I motivi sono ovviamente quelli più generali del contesto croato, ovvero la grande cautela con cui ci si approccia a questo periodo storico, ma io penso che le Brioni meritino un rafforzamento della narrazione del periodo che va dal 1947 agli anni Ottanta e anche fino agli anni Novanta”, afferma lo storico.
Chi non ha dimenticato Tito e anzi lo ricorda quotidianamente è invece Koki, il bianchissimo pappagallo del maresciallo. Alla veneranda età di 65 anni, Koki continua a intrattenere le scolaresche in visita sull’isola, prestandosi ogni tanto alla conversazione. Ripete spesso il proprio nome, sa salutare e chiedere “come ti chiami?”. Ma quando si lascia andare alla nostalgia, dal cuore delle isole Brioni, Koki ancora chiama il vecchio padrone.
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto Cohesion4Climate, cofinanziato dall’Unione Europea. L’UE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBCT.
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