Bosnia, intervista con Federico Soda (IOM)
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) è nei Balcani una delle agenzie internazionali più impegnate nella lotta al traffico di esseri umani, lavorando in particolare in programmi di assistenza alle vittime. Dopo la intervista a Pasquale Lupoli (OIM Skopje), pubblichiamo ora la intervista al direttore di programma della missione OIM a Sarajevo, Federico Soda
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) è nei Balcani una delle agenzie internazionali più impegnate nella lotta al traffico di esseri umani, lavorando in particolare in programmi di assistenza alle vittime. Dopo l’intervista a Pasquale Lupoli (OIM Skopje), pubblichiamo ora la intervista al direttore di programma della missione OIM a Sarajevo, Federico Soda
Federico Soda: La Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) è impegnata dal 1999 in programmi volti ad assistere ragazze e donne vittime di trafficking, fornendo in particolare assistenza in case-rifugio, cure mediche, sostegno psicologico e supporto nell’ottenimento della documentazione necessaria a ritornare a casa in modo sicuro. Attraverso il nostro programma, dal 1999, abbiamo assistito più di 600 ragazze e donne vittime del traffico di esseri umani. Sono persone che provengono in particolare da Moldavia e Romania, ma anche da altri paesi dell’Est Europa. Quasi sempre vengono da situazioni di indigenza, e solitamente sono invitate all’estero per un lavoro o fanno richiesta per un lavoro in Europa Occidentale, come cameriere o lavoratrici di alberghi o ristoranti. Questo è il modo attraverso cui iniziano ad essere trafficate. I loro documenti vengono requisiti. Sono trasferite in centri maggiori, grandi città, e vendute, talora più di una volta. Per quanto riguarda la Bosnia Erzegovina, si tratta di un problema comune a tutte e due le Entità in cui il paese è diviso. Il problema è identico in tutto lo Stato.
Osservatorio sui Balcani: Prima della guerra il problema del trafficking non esisteva in Bosnia Erzegovina, ora sì. Perché?
FS: Il mercato di esseri umani è una parte della criminalità organizzata. E’ un business. Dal punto di vista dei trafficanti, si tratta di un settore che può generare molti soldi. Per diverse ragioni la Bosnia e altri paesi dei Balcani sono diventati attraenti per questo genere di attività, il mercato di donne. Non si tratta di una attività confinata alla sola Bosnia Erzegovina, né ai Balcani o ai paesi in via di sviluppo. Si tratta di un problema mondiale, di un fenomeno globale. E’ un qualcosa che ha luogo a Sarajevo così come a Londra. Credo che forse si tratti di un problema nuovo per la Bosnia, ma non è un qualcosa che possiamo dire accada a causa della guerra. Fa parte della transizione e in generale del crimine organizzato. Penso sia una piccola parte di una situazione molto più grande.
OB: In cosa consiste il vostro programma?
FS: Lavoriamo a stretto contatto con le autorità locali e con le organizzazioni internazionali. Prima della chiusura della missione delle Nazioni Unite, lavoravamo molto con l’IPTF (la polizia internazionale che operava in Bosnia sotto l’egida dell’Onu, ndr). Ora che sono stati rimpiazzati dall’EUPM (la polizia dell’Unione Europea, ndr) lavoriamo a stretto contatto con loro, con i Ministeri dell’Interno e con il Dipartimento di Controllo dei Confini di Stato. La nostra azione consiste nell’assistere queste organizzazioni quando identificano delle vittime di trafficking, fornendo un aiuto di tipo umanitario. Lavoriamo attraverso due centri permanenti di protezione e una rete di rifugi temporanei in tutto il paese. Generalmente, quando in occasione di investigazioni o di raid polizieschi vengono scoperte delle donne trafficate, la polizia le identifica e poi le affida all’OIM per assistenza, aiuto medico, sostegno psicologico, supporto nella ricerca dei documenti di viaggio che possano permettere il ritorno a casa e anche assistenza nei paesi di provenienza. Paghiamo i biglietti aerei e le spese di viaggio. Nei paesi di origine, l’OIM realizza anche dei programmi di reintegro che possono aiutare queste donne e ragazze a ricominciare la propria vita. Molte di loro provengono da un retroterra difficile. Sono giovani, per lo più tra i 18 e i 25 anni. La più giovane nella quale ci siamo imbattuti aveva tredici anni, la più vecchia intorno ai trenta. Ma la maggioranza ha circa vent’anni, tra i 18 e i 25 come dicevo.
OB: Qual è la vostra esperienza di cooperazione con le autorità bosniache?
FS: Abbiamo una stretta collaborazione con i Ministeri dell’Interno, con il Dipartimento di Controllo dei Confini e con il Ministero per i Rifugiati e i Diritti Umani, che è responsabile per le questioni migratorie legate al trafficking.
OB: Siete soddisfatti di questa cooperazione?
FS: Sì. Credo che di recente siano stati fatti dei passi in avanti significativi, anche radicali. Il Ministero degli Interni della Federazione sta facendo degli ulteriori avanzamenti nella direzione di una maggiore attività nel campo del trafficking di esseri umani. Abbiamo anche un accordo, firmato verso la fine dello scorso anno con il Ministero dei Rifugiati e per i Diritti Umani, che chiarisce la loro responsabilità sulla questione, le modalità della loro azione e del nostro supporto. Abbiamo anche organizzato molti seminari e corsi di formazione sulla questione del trafficking e in particolare sul come rapportarsi con le donne e le vittime del mercato di esseri umani. Sì, in generale siamo piuttosto soddisfatti.
OB: Quali sono gli ostacoli che incontrate nel vostro lavoro?
FS: La Bosnia non è un posto dove i cambiamenti avvengono rapidamente. Il processo è lento. Ma non credo che possa essere fermato. Tutte queste agenzie, che si tratti dei Ministeri dell’Interno, del Dipartimento di Controllo delle Frontiere o del Ministero per i Rifugiati e Diritti Umani hanno molte responsabilità. Il trafficking è una delle tante. Spesso non hanno le risorse o il personale necessario. Per questo il processo è lento. Si tratta anche di qualcosa di nuovo, di un nuovo problema. C’è anche un percorso di apprendimento che deve avere luogo. Le difficoltà sono queste, non sono per così dire intenzionali. Sono parte di ciò che significa affrontare problemi complessi nella situazione che c’è in Bosnia.
OB: Quali sono le vostre altre attività? La missione dell’IPTF è terminata, continuerete la collaborazione con l’EUPM?
FS: Come accennavo, lavoriamo a stretto contatto con l’EUPM e con i Ministeri degli Interni stabilendo procedure che sono un po’ diverse da quelle che c’erano con le Nazioni Unite e con l’IPTF. Lavoriamo insieme ai Ministeri nella direzione del trasferimento delle attività e della gestione delle case-rifugio al governo, perché questa deve essere una responsabilità del governo, non delle organizzazioni internazionali. Questi sono i due aspetti principali su cui stiamo lavorando in relazione al programma. Stiamo anche lavorando insieme ad altre organizzazioni internazionali e ai ministeri verso un miglioramento della legislazione per rendere più efficace la lotta al trafficking.
OB: Ci potete indicare quali sono i problemi principali che riguardano le migrazioni verso e dalla Bosnia?
FS: La Bosnia rappresenta un paese di arrivo. Tuttavia, è anche un paese di transito, dal momento che le donne sono trafficate attraverso la Bosnia nella loro strada verso ovest. Infine, è anche un paese nel quale cominciamo a notare un numero crescente di donne bosniache che sono trafficate. Questo rende il problema più difficile perché significa che bisogna affrontarlo su diversi piani. La Bosnia, inoltre, è un paese di transito molto importante per i migranti che vogliono raggiungere l’Europa occidentale. Vediamo molti migranti che provengono dal Kosovo, dall’Albania e da altri paesi a sud est della Bosnia. C’è anche un numero crescente di migranti che provengono da più lontano, da paesi come il Pakistan, l’India, le Filippine e la Cina. In questo momento stanno avendo luogo molti cambiamenti, come la creazione del nuovo Ministero della Sicurezza. Non è ancora chiaro quali saranno le sue funzioni, ma nelle prossime settimane vedremo quello che accadrà a livello istituzionale e legislativo. Noi nei prossimi anni continueremo a lavorare a stretto contatto con l’EUPM nella direzione del rafforzamento delle capacità delle autorità nazionali nell’affrontare le questioni migratorie.