Bosnia Erzegovina: sbloccare il futuro

In giugno è prevista la sostituzione dell’OHR con una presenza UE. Ora l’Alto Rappresentante Schwarz Schilling sostiene che dato l’evolvere degli eventi questa chiusura rischia d’essere prematura. La posizione del Centro per le Strategie di Integrazione Europea (CEIS)

25/01/2007, Redazione -

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Christian Schwarz Schilling

A cura del CEIS , Ginevra-Sarajevo-Vienna, 24 gennaio 2007 (titolo originale: "OHR: Results First, Exit Later")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta

La sicurezza regionale e l’implementazione degli accordi di pace di Dayton (GFAP)

Per molti anni la presenza in Bosnia dell’Ufficio dell’Alto rappresentante (OHR) è stato un peso sulla coscienza degli occidentali, non più abituati al concetto di democrazia controllata. Fin dal principio fu chiaro che l’OHR e l’organo preposto alla sua supervisione, il Consiglio per l’implementazione della pace (PIC), erano istituzioni transizionali, da abolire nel momento in cui avessero compiuto la loro missione. All’inizio del 2006 all’attuale Alto rappresentante, il tedesco Christian Schwarz-Schilling, è stato conferito dal PIC l’incarico di predisporre per la smobilitazione dell’OHR, e nel giugno dello stesso anno il PIC ha dichiarato ufficialmente la sua intenzione di chiudere l’OHR nel giugno 2007, in attesa di una valutazione dei progressi che dovrà tenersi nel febbraio 2007. Da allora, l’evolversi degli eventi suggerisce che chiudere l’OHR sarebbe prematuro; diversi governi rappresentati nel PIC, come anche lo stesso Alto Rappresentante, sembrano aver accettato questa posizione già prima del prossimo incontro del PIC.

Naturalmente la principale sfida del 2007 per i Balcani – l’indipendenza finalmente, per quanto condizionata, del Kosovo – solleva la questione se la Bosnia sia sufficientemente stabile da sopportarne i possibili effetti derivanti, e i politici e gli osservatori tendono a dare una risposta negativa a tale quesito. La comunità internazionale nei Balcani è chiaramente ancora responsabile della sicurezza della regione, in un momento di grande potenziale pericolo. In Bosnia, prima che siano state implementate le indicazioni chiave dell’Accordo quadro per la pace del 1995 (GFAP), il PIC non può semplicemente limitarsi a trasferire le responsabilità dell’OHR ad una nuova istituzione come il Rappresentante speciale dell’Unione Europea (EUSR). (Ormai da qualche tempo, l’Alto rappresentante sta contemporaneamente ricoprendo anche la carica di EUSR). Ciò significa che ogni decisione sul fatto se l’OHR debba essere chiuso o meno dipende dalla valutazione se e fino a che punto le indicazioni chiave del GFAP sono state implementate.

Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni osservatori occidentali, la presenza dell’OHR non ha ostacolato lo sviluppo di un vero e proprio Stato bosniaco. È successo esattamente l’opposto. Invece di essere un quasi-protettorato, la presenza internazionale in Bosnia costituisce un nuovo esperimento di "democrazia controllata", un regime ibrido che combina strutture democratiche e non democratiche, in cui attori esterni giocano un ruolo chiave. La sfida della democrazia controllata è quella di rafforzare la democrazia interna, il che rende indispensabili delle strategie di gestione, allo scopo di garantire la piena implementazione di riforme imposte e/o su cui ci sia stato consenso. Esperienze di successo in Bosnia sono state la creazione del Servizio statale di frontiera e del SIPA, l’introduzione della partita singola, dell’ITA Amministrazione delle imposte indirette, NdT, e dell’IVA.

Dopo progressi significativi nell’affrontare le 16 priorità chiave identificate dallo Studio di fattibilità del 2003, verso la fine del 2005 sono incominciati i negoziati con l’UE per un Accordo di stabilizzazione e associazione (SAA), che sono proseguiti positivamente nel corso del 2006, almeno a livello tecnico. Gli esperti dell’UE hanno riconosciuto la professionalità del team negoziale bosniaco. Il fatto che il SAA non sia stato ancora firmato è dovuto interamente alla situazione politica di stallo. Nonostante questa mancanza di progressi politici, la Bosnia è stata invitata ad unirsi al Partenariato per la pace della NATO (PfP) il 14 dicembre 2006, esattamente undici anni dopo gli Accordi di pace di Dayton e Parigi.

La chiusura tecnica dei colloqui per il SAA e la membership nel PfP sono risultati che suggeriscono che la decisione del PIC del giugno 2006, quella di iniziare i preparativi per una graduale smobilitazione dell’OHR entro il 30 giugno 2007, avrebbe potuto essere corretta. Comunque la decisione prevedeva anche che il Comitato direttivo del PIC avrebbe, il 26 e 27 febbraio 2007, valutato nuovamente la situazione e determinato se il livello raggiunto di implementazione degli aspetti civili del GFAP avrebbero permesso la chiusura dell’OHR. Il CEIS ritiene che non sia così.

Carenze chiave

Il Comitato direttivo del PIC deve affrontare il fatto che i risultati positivi sopra menzionati sono minacciati da tre fattori. Primo, in Bosnia non c’è un consenso sul futuro del Paese come comunità politica. Secondo, molte riforme chiave sono state approvate ma non completamente implementate. Terzo, il Paese non è ancora saldamente ancorato in Europa: il SAA non è stato firmato e non verrà firmato se i politici bosniaci non troveranno un accordo sulla riforma della polizia e del sistema pubblico radiotelevisivo. Un pacchetto di riforme costituzionali è stato respinto dal parlamento nell’aprile 2006; intanto, i partiti con le visioni meno reciprocamente compatibili sul futuro della Bosnia hanno avuto buoni risultati alle elezioni generali di ottobre. Sarebbe irresponsabile da parte del PIC, in una congiuntura così critica, farsi da parte chiudendo l’OHR.

Certo, l’OHR non può essere soddisfatto di riforme che sono in parte genuine, ma in parte di pura facciata. L’OHR deve concentrare tutta la sua attenzione nell’assicurare che la Bosnia sia uno Stato funzionante, attraverso accordi su – ed una piena implementazione di – riforme significative. Ogni altro compito dovrebbe essere immediatamente passato all’EUSR e alle varie agenzie internazionali che continuano ad operare nel Paese. Anche se gli aspetti politici non possono essere interamente separati da quelli tecnici, questi ultimi dovrebbero essere il più possibile gestiti dall’EUSR e da altre strutture, mentre i primi dovrebbero catalizzare l’esclusiva attenzione dell’OHR.

Questa raccomandazione non è nuova. Nel suo sesto documento sulle linee politiche, il CEIS ha chiesto all’OHR di concentrarsi sul proprio mandato anziché sulla propria chiusura ( CEIS, "How (Not) to End: The OHR’s Last Days in Bosnia," CEIS, Sarajevo 12 luglio 2006). Come sottolineato in quel documento, questo comprende tre aree critiche: supportare le necessarie modifiche costituzionali, lavorare per confini più sicuri, e preparare il trasferimento dall’OHR all’EUSR. Nel frattempo tali questioni si sono, se mai, acutizzate, anche se ora le vorremmo riproporre con un’enfasi leggermente diversa: mentre il terzo punto – il passaggio all’EUSR – dev’essere gestito dall’UE e dal PIC, il secondo dipende essenzialmente dalle prossime decisioni sullo status del Kosovo; entrambe sono al di fuori del controllo dell’OHR. L’OHR dovrebbe perciò concentrare tutta la sua attenzione sulla riforma costituzionale e sul far progredire l’integrazione della Bosnia nelle strutture europee. Molto tempo è già stato perso mentre i politici hanno ignorato la gravità della situazione.

Tre compiti critici

Le modifiche costituzionali – sia che avvengano mediante emendamenti sostanziali, oppure attraverso una bozza completamente nuova – richiedono tempo, e sarebbe perciò ingenuo aspettarsi che l’OHR arrivi a vedere la fine di questo processo. Invece l’OHR dovrebbe sviluppare dei principi costituzionali chiave, che tutte le principali forze della società bosniaca possano sottoscrivere. In termini operativi l’OHR dovrebbe aiutare a stabilire o a migliorare un ufficio esistente, interno al governo, e l’Alto rappresentante dovrebbe essere un invitato fisso alle riunioni della Presidenza bosniaca e del Consiglio dei ministri, per assicurare un partenariato effettivo con le autorità legittime. Il governo dovrebbe anche condurre un ampio processo di consultazione al fine di coinvolgere tutte le realtà interessate. Ciò dovrebbe essere la principale priorità dell’OHR prima della sua uscita di scena.

La seconda priorità è quella di assicurare l’implementazione delle riforme che sono già state approvate. Mentre gli aspetti tecnici possono essere immediatamente delegati all’EUSR e ad altri organismi, l’OHR deve assicurare il consenso, tra le élite politiche a tutti i livelli, sul fatto che il processo di riforma è di vitale importanza per il futuro del Paese. Ciò implica soprattutto decidere di passare allo Stato le responsabilità dei cantoni e delle entità. Nel passato è spesso successo che un tale trasferimento sia avvenuto solo sulla carta, mentre i livelli inferiori mantenevano le loro prerogative. Affrontare questo tema genererebbe benefici immediati, aiutando a ridimensionare strutture amministrative inefficienti. Ciò manderebbe un chiaro segnale ai contribuenti – in Bosnia e all’estero – che le considerevoli quantità di denaro pubblico spese in Bosnia negli ultimi undici anni non sono andate perdute.

La terza priorità consiste nelle sei riforme chiave che stanno bloccando la conclusione del SAA, e di conseguenza il consolidamento delle relazioni della Bosnia con l’UE: la piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY), la piena implementazione degli Accordi per la riforma della polizia di ottobre 2005, l’adozione e l’implementazione di tutte le necessarie norme legislative sull’emittenza pubblica radiotelevisiva a livello di Stato e di entità, assicurare che tutti i ministeri e le istituzioni statali siano adeguatamente finanziati e propriamente dotati di strumenti, l’adozione e l’implementazione di un piano d’azione esauriente per la riforma della pubblica amministrazione; e infine assicurare l’esistenza di un vero mercato interno, che comprenda l’intero Paese. In stretta cooperazione con il Consiglio per l’integrazione europea, si dovrebbero esercitare pressioni al fine di ottenere un accordo su queste riforme, come pure sulla loro piena implementazione. La definizione e la firma del SAA nel 2007 è un secondo caposaldo che dovrebbe essere raggiunto prima della scomparsa dell’OHR.

La transizione OHR-EUSR

Finora l’EUSR è stato un organismo in larga misura virtuale, con poca realtà operativa. Il CEIS sta ora chiedendo al PIC ed all’UE di operare una chiara divisione dei compiti tra le due istituzioni, dal momento che entrambe sono per il momento necessarie. In termini operativi, comunque, l’OHR può ugualmente essere ridimensionato, affinché si concentri solo sulle questioni politiche chiave, con tutto il pieno supporto dei poteri di Bonn e del PIC.

Al fine di sottolineare il costante, forte interesse dell’UE per gli affari bosniaci, un EUSR con un mandato forte – che includa la guida della delegazione in Bosnia della Commissione europea, sulla falsariga del modello utilizzato con qualche successo in Macedonia – dovrebbe essere nominato o nominata perché assuma il suo ruolo il primo luglio 2007. Mentre alcune prerogative dell’Alto rappresentante – consigliare e monitorare l’implementazione delle riforme, coordinare le attività della comunità internazionale – possono essere subito trasferite all’EUSR, altre dovranno essere completate dall’OHR o trasferite solo più tardi. Questa divisione dei compiti aiuterà l’OHR a concentrarsi esclusivamente sui suoi obbiettivi, mentre darà all’EUSR il tempo di costruire la propria capacità di giocare un ruolo guida nel facilitare gli accordi politici, nel garantire una stabilità duratura, e nel promuovere le riforme necessarie.

Perciò, posporre la chiusura dell’OHR non dovrebbe creare all’istituzione dell’ufficio dell’EUSR quella sorta di problemi che alcuni esperti temono. Al contrario, il valore aggiunto di questo approccio contribuirebbe alla coerenza del mandato e delle operazioni dell’EUSR. I compiti specifici dell’OHR verrebbero completati dall’OHR nell’ambito del mandato che gli era stato affidato a Dayton, al posto di dover essere aggiunti al faldone degli incarichi dell’EUSR. L’altra opzione, mantenere il ruolo di Alto rappresentante, inclusi i poteri di Bonn, sotto le vesti di EUSR, confonderebbe solamente: l’EUSR deve trovare e affermare il suo ruolo specifico, distinto da quello dell’OHR.

Un aspetto importante per il nuovo EUSR sarà coinvolgere nel processo di rafforzamento i partner non-UE, specialmente gli Stati Uniti. Nel sistema attuale, questo è realizzato attraverso il PIC; un tale coinvolgimento formale non esisterà più nel caso dell’EUSR; di qui il bisogno di qualche altro mezzo istituzionale per mantenere stretto il coinvolgimento dei Paesi non-UE. Ciò è importante soprattutto alla luce del fatto che l’EUSR alla fine dovrà anche assumere, dopo che l’OHR avrà chiuso i battenti, una qualche forma di leadership politica all’interno della comunità internazionale in Bosnia.

Conclusioni

I tre importanti aspetti sopra evidenziati indicano che l’OHR deve agire rapidamente e con efficacia, al fine di assicurare il futuro europeo della Bosnia. Un piccolo ufficio, flessibile e dinamico, dovrebbe servire allo scopo, usando i poteri di Bonn ogniqualvolta si rendessero necessari. Questo è l’unico modo per la comunità internazionale di proteggere i suoi considerevoli investimenti sul futuro della Bosnia.

Un fallimento in Bosnia sarebbe un duro colpo per le azioni multilaterali volte a metter fine alle guerre; per la visione dell’UE, di portare la pace attraverso l’allargamento e l’associazione; e per tutti i cittadini dell’ex Jugoslavia. Ecco perché la Bosnia deve essere centrale in un approccio autenticamente regionale. Ciò è tanto più importante in un momento in cui la strategia di allargamento dell’UE si è incagliata; consolidare la democrazia e i fragili Stati della regione dovrebbe essere una priorità assoluta per la comunità internazionale, e specialmente per i politici europei. La presidenza slovena dell’UE nella prima metà del 2008 dovrebbe essere vista come un’opportunità di rinvigorire le prospettive di membership dei Paesi dei Balcani occidentali; nel frattempo, l’OHR deve assicurare che il lavoro in Bosnia venga portato a termine.

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