Bosnia Erzegovina: modello di multiculturalità in Europa
La Associazione della diaspora bosniaca in Italia "Bosna u srcu", in collaborazione con l’Ambasciata della Bosnia Erzegovina e con il Comune e la Provincia di Piacenza, ha organizzato una tre giorni di incontri sulla cultura bosniaco erzegovese
Nell’immagine: "Tracce" (tecnica mista cm 40×50), di Nisveta Kurtagic Granulo, presente con proprie opere alle giornate di Piacenza. Nata a Sarajevo nel 1962, dove si è laureata in Architettura, specializzazioni a Londra e Firenze, Nisveta Kurtagic attualmente vive e lavora vicino a Ragusa
Si sono concluse martedì a Piacenza tre giornate ricche di incontri, mostre, tavole rotonde sulla cultura della Bosnia Erzegovina, ospitate dalla Galleria d’Arte Moderna "Ricci Oddi". Nel corso della manifestazione sono stati presentati libri e opere di artisti e scrittori bosniaci e italiani. Presente anche l’Ambasciatore della Bosnia Erzegovina in Italia, Luksa Soljan. Tra gli intervenuti Bozidar Stanisic, Sevko Kadric, Luca Leone, Nisveta Kurtagic, Ljiljan Bjelica e molti altri. Di seguito alcune voci raccolte nel corso della manifestazione
Interviste all’Ambasciatore Luksa Soljan, allo scrittore Bozidar Stanisic e a Enisa Bukvic della Comunità della Bosnia Erzegovina in Italia
Luksa Soljan, Ambasciatore della Bosnia Erzegovina in Italia
Di Andrea Rossini e Luka Zanoni
Osservatorio sui Balcani: In questi giorni a Piacenza sono di scena la cultura della Bosnia Erzegovina e i diversi rapporti che legano questo Paese con l’Italia, sviluppatisi soprattutto grazie alla comunità dei cittadini bosniaci che vivono qui. Ma qual è la situazione della Bosnia Erzegovina a quasi dieci anni dalla firma degli accordi di Dayton, che hanno messo fine alla guerra, e come è cambiato il rapporto con l’Europa?
Luksa Soljan: Ci sono persone che non vedono i progressi che ci sono stati, o che considerano non sufficienti quelli raggiunti. Certo, tutti si aspettavano che la Bosnia 10 anni dopo Dayton sarebbe stata più vicina all’Europa anche per quanto riguarda lo sviluppo economico. Soprattutto in questo settore non possiamo essere completamente soddisfatti del cammino fatto, la Bosnia Erzegovina ha raggiunto da poco solamente il 50% del PIL che aveva prima della guerra.
Per quanto riguarda Dayton, quegli accordi sono stati fatti per fermare la guerra, non per essere una soluzione permanente per la pace. Possiamo dire che quegli accordi hanno svolto il loro ruolo, ma allo stesso tempo si può sostenere che la Bosnia è stata disegnata a Dayton in modo un po’ strano, qualcuno ha parlato del "mostro" di Dayton. E’ una architettura statale complessa nella quale il governo centrale era praticamente espropriato delle prerogative del governo di uno Stato normale. Tuttavia le cose stanno cambiando in meglio. All’inizio il governo centrale constava di soli 6 Ministeri, adesso ce ne sono 9, compreso il Ministero della Difesa, costituito a livello centrale, della Bosnia Erzegovina, il che prima era inconcepibile dato che quegli eserciti si combattevano gli uni contro gli altri.
Osservatorio sui Balcani: La strada verso Bruxelles sarà con o senza le Entità?
Luksa Soljan: Questo non è fondamentale. Abbiamo detto che la architettura del nostro Stato è un po’ strana, abbiamo 5 differenti livelli di amministrazione, ma anche l’Italia ne ha almeno altrettanti. Voi in Italia state andando verso una devolution della autorità centrale, mentre noi andiamo verso una integrazione della autorità centrale. Credo che siamo su una buona strada. La nostra applicazione alla Commissione Europea ha passato la fase dello studio di fattibilità, che era positivo con riserva, cioè non incondizionatamente ma con alcune osservazioni. Ci sono 16 settori sui quali siamo impegnati da gennaio, da quando i rappresentanti della Commissione hanno reso nota la loro posizione sul percorso di integrazione europea della Bosnia. Questi 16 settori sono stai trasformati in un piano di azione, abbiamo elaborato 40 leggi relative a questi settori e che sono in corso di approvazione.
Osservatorio sui Balcani: Quali sono i più grossi ostacoli?
Luksa Soljan: Non ci sono ostacoli, ma possiamo dire che ci sono ancora forze interne che cercano di mantenere la stessa posizione che avevano subito dopo la guerra, tesa al mantenimento della forza delle Entità. Si può dire che la Repubblica Serba di BiH, ndrsi trova in una posizione un po’ esclusiva, che ci sono forze, non la gente, ma partiti e personaggi, che non vogliono andare nella direzione della integrazione. Per questo serve una azione che combini il bastone con la carota.
Osservatorio sui Balcani: Dal prossimo gennaio la Bosnia Erzegovina avrà una propria Corte responsabile del giudizio sui crimini di guerra. Il vostro Paese è pronto per giudicare direttamente questi crimini?
Luksa Soljan: Si sta attrezzando, anche con l’aiuto della comunità internazionale. Ci sono anche giudici e procuratori internazionali che ci stanno lavorando. Ci sono tuttavia alcune minacce. Penso che i due casi più importanti che riguardano la Bosnia Erzegovina, Karadzic e Mladic, debbano essere arrestati e inviati all’Aja. Per quanto riguarda altri casi, possono essere processati da noi
Osservatorio sui Balcani: Esiste un processo di riconciliazione in Bosnia Erzegovina oggi?
Luksa Soljan: Un evento di grande importanza, dopo tante riluttanze, avvenuto solo 10 giorni fa, è stato quello della accettazione da parte del governo della Repubblica Serba del rapporto della Commissione Srebrenica, una cosa impensabile solo sei mesi fa. Si tratta di uno dei primi passi in un possibile processo di riconciliazione. Coloro che hanno commesso un disastro, un crimine, devono ammettere nel proprio cuore, nella propria anima, quanto hanno fatto, e assumersene la responsabilità. Chi ha commesso crimini non può essere considerato un eroe, si tratta di criminali di guerra che devono essere processati. C’è un processo in corso, ma lento. Tutti naturalmente auspicheremmo un processo molto più veloce, ma si tratta di cambiamenti profondi, che devono avvenire nel modo di pensare della gente. Dobbiamo capire che alcuni nostri "eroi" sono stati dei criminali di guerra, e non è un percorso facile.
Bozidar Stanisic, scrittore bosniaco residente in Italia
Bozidar Stanisic (Visoko, Bosnia, 1956), ha pubblicato, tra l’altro, opere in poesia ("Primavera a Zugliano", "Non-poesie" e "Metamorfosi di finestre") e in prosa ("I buchi neri di Sarajevo", 1993; "Tre racconti", 1998; "Bon Voyage", 2003). I suoi testi sono stati tradotti in francese, inglese, albanese e sloveno
Osservatorio sui Balcani: Quando è arrivato in Italia e come ha iniziato la sua attività di scrittore?
Bozidar Stanisic: In realtà io non sono partito, ma fuggito dalla Bosnia, come un terzo della popolazione che non condivideva le cause della guerra. La mia strada è stata molto lunga. Attraverso la Croazia ho raggiunto la Slovenia dove mi sono sistemato in una chiesa che aiutava i profughi bosniaci. Poi stranamente espulso dalla Slovenia ho raggiunto Trieste, dove è iniziata una lunga catena di solidarietà verso me e la mia famiglia. Ho raggiunto un piccolo paese, Zugliano, ai piedi di Udine, dove c’è il centro Ernesto Balducci per profughi, immigrati e richiedenti asilo, un centro che porta il nome del grande pacifista italiano e che è un punto di riferimento della pace e della solidarietà in Friuli. Quello che facevo in Bosnia come scrittore ho continuato a farlo in Italia, ma con altri riferimenti e altri temi, con un altro stile. Ora dietro di me ci sono alcune opere e alcune traduzioni nelle lingue europee. La mia attività come autore ormai ha toccato anche il campo dei testi di teatro, e aspetto delle risposte per quanto ho scritto in italiano appositamente per il teatro. Quello che voglio proporre con la mia scrittura non è solo letteratura, ma una letteratura che porti dei significati, cioè che voglia uscire da se stessa. Come diceva il grande autore jugoslavo Danilo Kis, un libro deve portare del bene, come la genesi, creazione, non distruzione.
Osservatorio sui Balcani: In che anno è arrivato in Italia?
Bozidar Stanisic: Sono arrivato nell’estate del ’92, prima a Trieste e poi in novembre in Friuli, a Zugliano.
Osservatorio sui Balcani: In Italia lei riesce a vivere del suo lavoro di scrittore?
Bozidar Stanisic: No, non ci sono riuscito. Lo dico senza nessuna vergogna, io lavoro in fabbrica, come metalmeccanico. Questa è la conseguenza del trattamento non solo per gli autori e artisti stranieri emigrati in Italia, ma anche un segnale abbastanza triste della situazione culturale nell’Occidente, perché la cultura è povera anche nel benessere. Tuttavia la letteratura non è un hobby per me, lavoro sulla scrittura a tempo pieno.
Osservatorio sui Balcani: Che opinione ha della Bosnia Erzegovina oggi?
Bozidar Stanisic: E’ un Paese del tutto cambiato rispetto a quando ci vivevo io, per me in peggio, perché la spartizione tra le diverse parti nazionali, ma anche sociali, è molto netta. La vedo cambiata e anche più lontana da quelli che sono i valori europei rispetto a 10, 12 anni fa, ma non credo che la porta sia chiusa, perché credo che l’esistenza della Bosnia come Stato, come società e come cultura sia possibile solamente nel grande abbraccio della Unione Europea.
Osservatorio sui Balcani: L’anno prossimo si celebreranno i dieci anni degli accordi di Dayton che hanno posto fine alla guerra. Che cosa è la Bosnia di Dayton?
Bozidar Stanisic: Dayton è stata una conseguenza abbastanza logica e realistica dopo il grande silenzio europeo e l’intervento americano, l’unica possibile, nonostante io come persona non condivida le clausole e gli articoli approvati. Anzitutto dico che gli accordi di Dayton dovevano prevedere molto di più nel campo della educazione. Ora in Bosnia la gente vive uno accanto all’altro senza conoscere nulla della cultura altrui, il che è una cosa assurda, paradossale, quasi fossimo nel teatro dell’assurdo. Io penso che per prendere il cammino verso una società diversa il terreno dell’educazione deve essere quello centrale.
Enisa Bukvic, rappresentante della Comunità della Bosnia Erzegovina in Italia
Osservatorio sui Balcani: Quanti sono i Bosniaci oggi in Italia?
Enisa Bukvic: I Bosniaci in Italia, regolari, sono 15.000. Non dobbiamo dimenticare però quelli irregolari, tra i quali molti Rom, che sono circa 1.500.
Osservatorio sui Balcani: Voi siete organizzati come associazione della diaspora bosniaca in Italia, fate parte anche della rete internazionale della diaspora bosniaca mondiale?
Enisa Bukvic: Sì, noi siamo organizzati in Italia dove abbiamo creato questa rete, ma facciamo parte anche della Unione Mondiale della Diaspora Bosniaca. Personalmente io faccio parte del Consiglio Direttivo della Unione Mondiale della Diaspora Bosniaca.
Osservatorio sui Balcani: Qui in Italia siete organizzati come associazione?
Enisa Bukvic: Sì. Siamo molto presenti a Roma, dove vivono tanti di noi, ma abbiamo legami con i Bosniaci in tutta Italia. Utilizziamo molto i moderni mezzi di comunicazione, internet, abbiamo un giornale elettronico che si chiama "Sebilj". Le nostre principali attività sono di tipo informativo e culturale. Abbiamo preparato una presentazione multimediale sulla Bosnia Erzegovina che si chiama "La mia patria", organizziamo manifestazioni culturali, come questa di Piacenza, molte ne abbiamo organizzate anche a Roma. Lavoriamo molto anche in programmi umanitari, in particolare per cercare di portare bambini bosniaci malati di leucemia per farli curare in Italia.
Osservatorio sui Balcani: La storia della comunità bosniaca in Italia, e dell’arrivo dei cittadini bosniaci nel nostro Paese, è naturalmente molto legata al periodo della guerra 1992-1995. Quali sono invece i problemi principali che vi trovate ad affrontare oggi?
Enisa Bukvic: I problemi sono ancora legati alla integrazione, i Bosniaci ancora lottano per questo. Anche se, per fortuna, molti sono riusciti ad integrarsi molto bene, resta ancora una grande fatica nella integrazione. Ad esempio, per quanto riguarda i particolare i Bosniaci, c’è il problema del mantenimento della cultura e della lingua, specialmente per quanto riguarda i bambini.
Osservatorio sui Balcani: Avete delle scuole?
Enisa Bukvic: A Roma sì. Con la regione Lazio da dieci anni organizziamo dei soggiorni estivi per il recupero linguistico e culturale. Oggi qui con noi era presente anche il Vice Ministro per i Diritti Umani e i Profughi della Bosnia Erzegovina. Ci ha assicurato che presto ci forniranno dei libri e ci sosterranno nella organizzazione di corsi per il recupero linguistico e culturale dei bambini.