Bosnia Erzegovina: la paura dei colpevoli
Perché le proteste in Bosnia Erzegovina sono iniziate proprio ora? Quali gli scenari possibili? Un’intervista a Vedran Džihić, ricercatore dell’Istituto austriaco per la politica internazionale e docente di Scienze politiche all’Università di Vienna
(originariamente pubblicato da H-Alter il 9 febbraio 2014)
Perché le proteste avvengono proprio in questo momento?
Le proteste di questo tipo non hanno mai un chiaro timing ed è difficile spiegare perché proprio adesso e non in un altro momento degli ultimi dieci anni. Queste proteste sarebbero potute accadere in qualsiasi momento, o per meglio dire, dovevano prima o poi accadere.
Mentre i primi anni del dopoguerra erano segnati dalla speranza in un futuro migliore e da una certa dinamica riformista (ovviamente, spesso dettata dall’OHR) dal 2006 in poi la BiH e i suoi cittadini ogni giorno sono sprofondati sempre più nell’abisso, che altro non è che il risultato dei folli giochetti etno-politici, dell’irresponsabilità coltivata dell’élite locale e straniera nonché di una consistente arroganza a tutti i livelli dello stato.
Le vuote frasi sulla Bosnia di Bruxelles, sulla vulnerabilità nazionale, l’occupazione dei media con le storie sulla “neverending story” della Sejdić-Finci e altro, sono soltanto lo schermo dietro il quale gli stretti cerchi del potere politico e economico – che chiamerei élite bosniaco-erzegovesi neoliberiste novokomponovane – hanno lavorato per assicurarsi il potere e i privilegi acquisiti.
Così la BiH è diventata paradigmatica per ospitare la forma più brutale del capitalismo neoliberale, dove un piccolo gruppo di persone letteralmente è parassita sull’impotente e vessata massa dei cittadini della BiH.
Come ha detto il filosofo tedesco Peter Sloterdijk nel suo libro “Ira e tempo”, si trattava solo di una questione di tempo per far sì che la crescente rabbia accumulata dal popolo si riversasse nelle strade. La BiH, come una fabbrica di rabbia, inevitabilmente doveva esplodere. E quando ciò accade la paura inizia a spostarsi dai semplici cittadini ai veri colpevoli di questo accumulo di ira, cioè le élite politiche della BiH e i rispettivi circoli. E’ tempo che inizino ad avere paura.
Quanto è importante il fatto che le proteste per la prima volta sono di carattere sociale e non etnico?
Questo è di estrema importanza, semplicemente perché dietro tutte queste storie etno-politiche sull’essere minacciati e sul profondo odio presente in BiH si nascondono palesi e particolari interessi delle élite locali.
La storia sull’odio etnico e sull’essere minacciati fa parte della mitologia della BiH di Dayton, che viene coltivata grazie ai media e agli intellettuali di regime. Tutti i cittadini della BiH, a prescindere dal fatto che abitino in Republika Srpska o in qualsiasi cantone della Federazione BiH, si trovano nella stessa situazione: sono vittime di una BiH di Frankenstein, un paese senza un minimo di giustizia sociale, un paese di poveri e senza diritti, depressi e frustati, un paese dove quelli che rubano sono eroi nazionali e i cittadini ridotti a una massa amorfa che si cerca di comandare con i mezzi del marketing etno-politico.
La cosa importante è che le proteste non diventino oggetto di manipolazioni politiche, per altro già iniziate. La cosa importante è che i cittadini della BiH capiscano che i vari Dodik, Čović, Izetbegović, Lagumdžija ecc. sono semplici manipolatori irresponsabili che hanno perso il contatto con la realtà, e che domani, se la pressione dei cittadini dovesse diminuire, continueranno con la stessa politica condotta finora.
Gli attuali partiti politici della BiH e i loro leader hanno avuto quasi 20 anni di tempo per dimostrare di sapere e volere guidare questo paese. Il risultato è un paese in agonia, un paese che sta morendo. Sono necessarie nuove persone, un nuovo ethos nel paese e nella società, una nuova coscienza che creda nella possibilità di una Bosnia Erzegovina diversa e migliore.
Quali potrebbero essere le conseguenze delle proteste?
Esiste uno scenario secondo il quale le proteste inizieranno a diminuire e l’élite politica semplicemente gioca col fattore tempo cercando di discreditare la gente che manifesta per le strade. Siamo testimoni delle prime dimissioni, ma allo stesso tempo anche testimoni dei tentativi di manipolazione delle proteste. Queste manipolazioni continueranno anche nei prossimi giorni.
Ma io credo e spero che questa volta i cittadini persisteranno nei loro obiettivi, che il febbraio 2014 entri nella storia della BiH come il mese in cui tutti i cittadini della BiH, a prescindere dalla loro appartenenza etnica, hanno formulato chiaramente una visione della nuova BiH. Ed è una visione del paese dove sarà superata quella irrazionale e fin troppo cara costruzione costituzionale e divisione del paese, dove saranno usate in modo ottimale le risorse del paese, che sarà governato da politici pronti a lavorare con impegno e sacrificio per i cittadini. E’ la visione di un paese dove vengono apprezzate e rispettate le differenze ma in primo piano viene posto tutto ciò che è comune.
In che modo valuta le mosse dei funzionari governativi?
Le dimissione rassegnate finora sono il risultato della paura, ed è un bene che per la prima volta dall’accordo di Dayton i politici inizino ad avere paura. Sono rimasti sorpresi da queste proteste, non si aspettavano questa ira, questa eruzione. Hanno cercato di reagire come al solito: un po’ di manipolazione, un po’ di vuota retorica, un po’ di battibecchi etno-nazionali e tutte le solite storie sulle cospirazioni e sui supposti interessi che vi stanno dietro.
Ora, però, mi pare che inizino a riconoscere che questa volta è diverso. Sembra che inizino a capire che loro, come regnanti di questo paese, sono veramente nudi e che la gente se ne è accorta. Adesso inizia il panico. Adesso gli si può semplicemente dire: benvenuti nella BiH reale, il paese in cui i cittadini ogni mese sono in panico perché non sanno come sfamare la propria famiglia. E’ tempo che anche voi sentiate questo panico, che vi sentiate agitati, spaventati, e che capiate di essere colpevoli.
In che modo valuta la voce dei media sulle proteste?
La voce dei media è variegata così come lo è l’intera scena dei media in BiH. Abbiamo esempi di professionalità eccellente, ma abbiamo anche esempi di media che ovviamente si trovano al servizio diretto di determinate fazioni politiche. Questi ultimi, secondo me, sono pericolosi perché possono manipolare le proteste verso una direzione completamente sbagliata.
I media tradizionali continueranno a svolgere un ruolo importante, ma in queste proteste per la prima volta vediamo il ruolo sempre più importante dei social media, che hanno una dinamica particolare e rappresentano molto meglio e in modo più autentico i cittadini e sanno canalizzare le proteste.