Bosnia Erzegovina: il Paese delle fosse comuni
Dopo aver riconosciuto la responsabilità delle proprie forze armate nella strage di Srebrenica, e le dimensioni del massacro, il governo della Republika Srpska ha nei giorni scorsi espresso ufficialmente le proprie scuse per quella vicenda. Si è aperto un percorso di riconciliazione in Bosnia Erzegovina? Ne parliamo con Amor Mašović.
Amor Mašović, avvocato, è presidente della Commissione Federale per le Persone Scomparse in Bosnia Erzegovina (BiH). Negli anni della guerra, tra il 1992 e il 1995, era stato incaricato dal governo bosniaco di rintracciare gli scomparsi, i prigionieri di guerra e di organizzare gli scambi di prigionieri e dei corpi delle vittime tra le parti in lotta. Nel 1994 ha iniziato il suo lavoro di esumazione dei cadaveri, e di identificazione dei corpi ritrovati nelle fosse individuali e comuni. Da allora ha contribuito alle attività di ricerca, esumazione, autopsia e identificazione di migliaia di vittime. Nel 1998 è stato eletto deputato al Parlamento della Federazione BH, dove ha lavorato come membro della Commissione per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali. Nel 2002 è stato insignito del premio "Sakharov", creato dalla sezione norvegese del Comitato Helsinki per i diritti dell’uomo.
Abbiamo incontrato Amor Mašović a Milano, dove ha partecipato al convegno internazionale su "Violenza senza legge. Testimonianze e riflessioni su genocidi e crimini di guerra nell’età globale", organizzato dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale della Università di Milano Bicocca
Osservatorio sui Balcani: quante sono le persone ancora scomparse in Bosnia Erzegovina?
Amor Mašović: gli scomparsi erano 28.000, di cui circa il 90% civili. 18.000 persone sono state ritrovate e la metà di loro, 9.000, identificate. Le fosse comuni scoperte sono 363. Secondo le mie previsioni, sufficientemente accurate, ce ne sono ancora tra le 180 e le 200 ancora da individuare. Noi pensiamo che quello della sepoltura in fosse comuni rappresenti un crimine in sé, per il quale nessuno è stato accusato o portato in giudizio. Ci sono fosse primarie, ma anche secondarie e terziarie, a seconda del numero di trasferimenti fatti per rendere più difficile il ritrovamento dei corpi. Rappresentano un crimine anche contro i vivi, contro coloro che da oltre dieci anni non possono trovare pace, perché non possono identificare i propri cari.
Osservatorio sui Balcani: come valuta le conclusioni del rapporto della Commissione della Republika Srpska su Srebrenica?
Amor Mašović: considero il rapporto come un passo positivo, perché proviene dal Governo della Republika Srpska (RS) e per la prima volta rappresenta una sorta di riconoscimento, non completo, del crimine di genocidio che è accaduto a Srebrenica. In verità nel rapporto viene attenuata la definizione di genocidio, si parla di una grave violazione del diritto umano internazionale, quindi lo considero come un primo passo necessario, al quale dovranno seguirne altri. In particolare, le persone coinvolte nei crimini commessi dovranno essere accusate, arrestate e sanzionate. Questo è ciò che richiedono le famiglie delle vittime.
Osservatorio sui Balcani: si riferisce a Karadžić e Mladić?
Amor Mašović: non solo a loro, ma anche a tutte quelle centinaia e migliaia di persone che sono nominate nel rapporto della Republika Srpska; in cui c’è scritto che nel crimine di Srebrenica ha partecipato l’esercito serbo, la polizia e un alto numero di civili che sono stati coinvolti. Tutte queste persone devono essere condotte davanti alla giustizia e condannate in base alla loro responsabilità. Ciò che chiedono le vittime non è solo la verità, la verità sul numero di quanti sono stati uccisi a Srebrenica, sul numero di quanti sono scomparsi, sul nome dei responsabili, ma anche la giustizia. Questo è ciò che chiedono le famiglie delle vittime, vogliono vedere i responsabili della morte dei loro cari nel posto che gli spetta, cioè in carcere, che sia all’Aia o nelle carceri della Bosnia Erzegovina. Ma questo è ciò che ancora non succede. Il governo della RS, nove anni dopo Srebrenica, non ha ancora arrestato nemmeno uno dei responsabili di quel crimine. Non parlo solamente dei maggiori criminali e ideologi, come Karadžić e Mladić, ma anche generali, dei politici con alte funzioni, delle persone che hanno materialmente commesso i crimini, quelli che hanno tenuto in mano il kalashnikov e che hanno sparato su quelli di Srebrenica legati e con gli occhi bendati.
Osservatorio sui Balcani: cosa pensa del lavoro del Tribunale dell’Aia?
Amor Mašović: a mio giudizio non ha svolto a pieno il suo compito. Credo che in questi dieci, undici anni di esistenza, avrebbe potuto fare molto di più. Considerando i mezzi finanziari, gli strumenti e le altre risorse di cui era a disposizione, ha fatto veramente poco. Ma, purtroppo, fino ad ora, il Tribunale dell’Aia è stata l’unica vera forma di giustizia che abbiamo avuto. Se non ci fosse stato il Tribunale dell’Aia, praticamente dopo tutti questi anni, 14 dalla guerra di Croazia, non avremmo avuto nemmeno una persona condannata per i crimini di massa che sono accaduti nella ex Jugoslavia. Il Tribunale è l’unico ad aver portato un pezzettino di giustizia nei Balcani. Nessun altro lo ha fatto. Ma la mia personale aspettativa, e specialmente le aspettative delle famiglie delle vittime, erano decisamente più alte.
Osservatorio sui Balcani: nel gennaio del prossimo anno in Bosnia Erzegovina dovrebbe avviare le proprie attività una Camera Penale nazionale (locale) per i crimini di guerra. Qual è il ruolo che possono svolgere i tribunali locali?
Amor Mašović: non credo che la magistratura locale sia pronta per giudicare i crimini di guerra. Ci sono vari motivi: logistici, la mancanza di aule per i processi, la insufficiente preparazione dei tribunali, la inadeguata preparazione delle unità carcerarie. Non disponiamo di personale adeguatamente istruito, con una sufficiente esperienza. Il fatto che in un primo tempo, nei processi per i crimini di guerra, parteciperanno anche degli stranieri, non significa molto, perché anche questi stranieri non hanno una sufficiente esperienza. La cosa più importante, in ogni modo, è che in Bosnia Erzegovina non esiste ancora la volontà politica, ossia non esiste ancora una posizione dell’opinione pubblica, che sia in grado di appoggiare tali processi.
Osservatorio sui Balcani: né in Republika Srpska né nella Federazione BiH?
Amor Mašović: particolarmente nella RS, ma anche in alcune parti della Federazione, ci sono persone che sono pronte ad unirsi in difesa dei criminali. Vi faccio solo un esempio. Il rientro dall’Aia del generale Blaškić è stato festeggiato in alcune parti della Bosnia Erzegovina, in Federazione BiH, a Kiseljak, a quindici minuti di macchina da Sarajevo, ma anche a Vitez, e così via… Nessuno ha pensato che stesse rientrando dall’Aia un criminale, un uomo che è stato condannato per crimini di guerra il generale croato bosniaco Tihomir Blaškić è stato rilasciato il 2 agosto scorso dopo che nuove prove raccolte dal Tribunale dell’Aja lo hanno scagionato dal coinvolgimento nel massacro di Ahmići, portando alla riduzione della sua condanna da 45 a 9 anni. Il fatto che non sia stato dimostrato come responsabile di tutti i crimini di cui era sospettato non cambia le cose. E’ importante che si tratti di cento o di cinquanta vittime, o di venti, oppure di una sola, quando si tratta di crimini di guerra? Mentre lui invece di essere emarginato dalla comunità per quello di cui è stato accusato, è stato accolto come un eroe. Un altro esempio recente è quello di Nerdžuk Samarđić, un uomo che ha violentato una dodicenne, arrestato dalle forze internazionali a Bileća, in Republika Srpska. L’arresto è stato seguito da una resistenza di 200 persone appartenenti alla comunità locale, che hanno manifestato in sua difesa, attaccando persino il cameraman serbo, distruggendogli la telecamera e picchiandolo. Gente che si è messa a difendere un uomo che ha violentato una ragazzina di dodici anni. Ecco, quelle duecento persone, invece di aiutare, hanno cercato di impedire il suo arresto, la sua consegna all’Aia o al tribunale di Sarajevo. Questo, pertanto, è il motivo per cui credo che non sia ancora il tempo, né in Bosnia, né in Croazia – come dimostra il caso Gotovina, né in Serbia e Montenegro – come dimostra il caso dei quattro generali. Non è ancora il momento per i tribunali locali.
Osservatorio sui Balcani: lei ha dichiarato che in Bosnia Erzegovina ci sono ancora 10.000 persone scomparse, verosimilmente in fosse comuni… Si può parlare di riconciliazione, in presenza di una situazione tale?
Amor Mašović: In queste condizioni è molto difficile parlare di fiducia, di riconciliazione. Ho detto che in Bosnia Erzegovina centinaia di migliaia di persone, ogni notte, da diversi anni, vanno a letto e si svegliano con lo stesso pensiero: riuscirò finalmente a trovare mio figlio, mio padre, mio fratello o mio marito, perso durante la guerra… E questo dura per alcuni di loro da 12 anni, capite? Si tratta di una popolazione estremamente frustrata e il tempo che passa non li aiuta a superare il dolore. Al contrario, il dolore e l’incertezza diventano sempre più grandi. Sicché quelle centinaia di migliaia di persone che attendono le informazioni sui loro cari, sono sempre una potenziale bomba, una potenziale fonte di nuovi conflitti. Rappresentano un fattore di destabilizzazione non solo in Bosnia Erzegovina, ma anche in Croazia, in Kosovo e in Serbia Montenegro.
Osservatorio sui Balcani: qual è il lavoro della Commissione sulle Persone Scomparse? Avete mezzi finanziari? Aiuti dall’estero?
Amor Mašović: siamo una commissione governativa, del governo della Federazione BH. Il nostro budget di base proviene dal budget del governo della Federazione, che ogni anno mette a disposizione tra i 600.000 e gli 800.000 marchi convertibili, una cifra sufficiente per realizzare i piani che la nostra commissione si prefigge. Abbiamo un sostegno anche da parte della Commissione Internazionale per le Persone Scomparse, che è stata inaugurata a Lione, in Francia, nel 1996, su iniziativa dell’allora presidente americano Bill Clinton. Questa commissione ha diversi programmi e forme di aiuto non solo per la Federazione e la Republika Srpska, ma anche per le associazioni delle famiglie degli scomparsi, il lavoro delle quali viene in parte finanziato con i mezzi che provengono dalla Commissione internazionale. Questa Commissione internazionale riceve i propri mezzi da donazioni degli Stati, Olanda, Germania, Svizzera, USA e altri Paesi.
Osservatorio sui Balcani: l’anno prossimo ricorrerà il decennale della firma degli accordi che hanno portato alla fine della guerra. Che cos’è la Bosnia Erzegovina dieci anni dopo Dayton?
Amor Mašović: anzitutto, oggi è del tutto evidente quanto Dayton sia di ostacolo alla sopravvivenza della BiH. L’accordo di Dayton, che ha avuto valore, che ha portato la pace, che ha fermato le uccisioni in Bosnia Erzegovina e in tutta la ex Jugoslavia, è oggi un ostacolo all’ulteriore sviluppo della Bosnia Erzegovina, alla sua necessaria integrazione nei percorsi europei, nel Patto di Stabilità, nell’Unione Europea. E’ necessario fare dei parziali cambiamenti all’accordo di Dayton, ed in particolare all’annesso che riguarda la Costituzione della Bosnia Erzegovina. La costituzione in vigore è discriminante, rende la gente diseguale, non consente a tutti i bosniaco-erzegovesi di potersi candidare per la presidenza della Bosnia Erzegovina, per il suo governo ecc. Io spero che pian piano si percorra la strada che conduce ad un qualche cambiamento, anche radicale, della costituzione della BiH. Ciò significa la fine dell’esistenza delle Entità e fine dell’esistenza delle unità più piccole dell’amministrazione, che in Federazione sono i cantoni. E quindi che ci sia una amministrazione basata sull’autonomia locale, con dei poteri ai comuni e ai sindaci dei comuni in una Repubblica di Bosnia Erzegovina.
Osservatorio sui Balcani: per quanto riguarda le istituzioni internazionali, come l’OHR?
Amor Mašović: l’OHR Ufficio dell’Alto Rappresentante, ndr ha avuto un ruolo molto importante ma, secondo me, già da tempo avrebbe dovuto ridurre il suo potere e trasferirlo ai Bosniaci. So che è molto difficile, ma lasciate che i Bosniaco-Erzegovesi guidino la BiH verso i processi di integrazione nell’UE.
Vedi anche: Bosnia Erzegovina: alla ricerca della verità sugli scomparsi