Bosnia Erzegovina: giornalisti sotto controllo

Non è una novità nei Balcani come dimostrano le recenti rivelazioni sulle persone controllate sotto il regime Tudjman in Croazia. Ma suscita scalpore avvenga nella Bosnia degli Accordi di Dayton. L’Apel, un sindacato di giornalisti, chiede chiarezza.

14/12/2001, Redazione -

L`associazione dei giornalisti Apel di Mostar ha recentemente reso noto di essere stata contattato da alcuni giornalisti che denunciavano di subire intercettazioni telefoniche. Si tratta di giornalisti di Sarajevo, Mostar ed altre città della Federazione che si sono resi conto le proprie comunicazioni telefoniche venivano spesso controllate.
Le informazioni raccolte in questo modo talvolta venivano utilizzate contro i
giornalisti stessi per intimorirli e discreditarli. Apel non ha specificato né i nomi né il numero dei giornalisti coinvolti nella vicenda.

I giornalisti in questione si chiedono chi vi sia dietro questi atti. La polizia o qualcun altro? E che motivo per procedere a controlli nei loro confronti?
L`associazione Apel spera che Slavo Kukic ed Edin Batlak, rispettivamente presidente dell’HPT e presidnete della PTTBIH, le due compagnie telefoniche della Federazione, diano al più presto il loro contributo per dirimere la questione. Lo stesso si chiede al ministro degli interni Ramo Maslesa ed al suo braccio destro Tomas Limov ai quali viene fatta una richiesta aggiuntiva: rendere pubblici i presunti elenchi dei giornalisti che hanno subito intercettazioni (Oslobodjenje 07.12.2001).
Nei giorni scorsi una vicenda simile, ma legata all’era Tudjman, è emersa in Croazia. Il ministero degli interni croato ha reso noti i nomi di chi, essendo considerato "nemico dello stato", era stato spiato per lunghi anni. Tra questi 125 giornalisti. Intere redazioni di alcuni giornali venivano controllate: il loro telefono intercettato, la loro posta sistematicamente aperta.
Tra chi ha scoperto di essere stato "nemico dello stato" anche il corrispondente dell’Osservatorio sui Balcani da Zagabria Lino Veljak.

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