Bosnia Erzegovina: critica o hate speech?
Qual è il confine tra la satira e l’offesa, quando lo scherzo sfocia nel linguaggio dell’odio? La situazione dei social media in Bosnia Erzegovina
Come la maggior parte dei suoi amici, Amira, 33 anni, di Zenica, utilizza Facebook ogni giorno. Oltre che per informarsi e tenersi in contatto con i suoi conoscenti, lo usa anche per divertirsi. Recentemente si è iscritta al gruppo Samo kod nas (Solo da noi), nel quale vengono pubblicati contenuti divertenti che hanno a che fare con i Balcani: post e fotografie di vita quotidiana di persone comuni, ma anche barzellette e fotomontaggi che prendono in giro personaggi pubblici. “Alcune sciocchezze mi fanno ridere”, dice Amira.
La popolarità di gruppi, pagine e account sui social network che diffondono contenuti satirici è in aumento, e il numero dei loro follower in Bosnia Erzegovina cresce sempre più. Tant’è che, in meno di tre anni di esistenza, la pagina Facebook Raja sa biroa (Gente disoccupata) ha raccolto oltre 95mila fan, mentre il sopracitato gruppo Samo kod nas conta più di 40mila iscritti. Seppur meno popolari, anche gli account satirici su Twitter sono abbastanza seguiti. Così Bosanski Bukvalista ha più di 8000 follower, e Das ist Walter più di 4000. Nella maggior parte dei casi, l’oggetto della satira sono gli eventi quotidiani, ma anche le dichiarazioni e i comportamenti dei personaggi pubblici locali e internazionali.
Nel corso dell’ultimo mese, alcuni episodi che hanno scandito la vita pubblica sarajevese – come la brusca rottura tra il noto interprete di sevdah Božo Vrećo e il suo compagno; l’annuncio di Tarik Dautović, membro del consiglio comunale, che la via dedicata a Josip Broz Tito verrà ribattezzata via Alija Izetbegović; o l’apparizione della starletta Maca Diskrecija sul tappeto rosso del Sarajevo Film Festival – sono serviti da ispirazione per numerosi post e fotomontaggi pubblicati su pagine e account social dedicati alla satira. Molti di questi contenuti, tuttavia, non erano direttamente correlati agli episodi in questione, bensì finalizzati a deridere l’aspetto fisico, le origini o l’orientamento sessuale delle persone coinvolte.
“Il più delle volte l’argomento dei post non sono le dichiarazioni o le azioni dei personaggi pubblici, ma le persone stesse, che vengono insultate in quanto tali o apertamente minacciate”, spiega lo psicologo e blogger Srđan Puhalo, aggiungendo che i commenti scherzosi, per quanto spiritosi possano essere, spesso sfociano nell’esagerazione.
Tale opinione è condivisa anche da Elvira Jukić, giornalista e caporedattrice del portale Mediacentar Sarajevo quando sottolinea che la critica è sempre benvenuta ma bisogna sapere che esistono dei limiti. “È lecito analizzare i comportamenti altrui e parlarne criticamente, ma l’incitamento al linciaggio o qualsiasi tipo di minaccia nei confronti di chi è diverso, non rappresentano alcuna forma di divertimento né tanto meno di critica”.
Jukić aggiunge, tuttavia, che distinguere tra critiche accettabili e inaccettabili non è un compito semplice. “È difficile stabilire, o anche solo definire, il confine tra una presa in giro innocua e un insulto, perché chi è preso in giro potrebbe interpretare anche la più piccola critica come il massimo insulto, mentre per chi prende in giro si tratta magari di uno scherzo innocuo”.
Il premier del cantone di Sarajevo Dino Konaković è uno dei politici le cui dichiarazioni e azioni finiscono spesso nel mirino dei commentatori sui social network. Per via dei ripetuti problemi nell’erogazione dell’acqua potabile che tormentano i cittadini sarajevesi, Konaković è diventato protagonista di numerosi fotomontaggi e post sui social network, ma i commentatori non esitano a farsi beffa anche della sua vita privata, prendendo di mira la sua famiglia.
Anche Dušanka Majkić, funzionaria del partito al governo nella Republika Srpska (l’Alleanza dei socialdemocratici indipendenti di Milorad Dodik) e deputata del Parlamento centrale, è costante bersaglio di commenti e sfottò sui social network. Gli amministratori della sopracitata pagina Facebook Raja sa biroa sono autori di numerosi commenti sul suo conto, ma anche di fotomontaggi che deridono non tanto le sue mosse politiche quanto piuttosto il suo aspetto fisico.
Alla nostra domanda se tali contenuti travalichino i confini del buon gusto, uno degli amministratori della pagina ha risposto: “Non è niente male per una pensionata che non è tale. In realtà è stata pensionata per un giorno, vero? E per quel giorno ha intascato 28mila marchi convertibili (circa 14mila euro)”, riferendosi al fatto che la Majkić aveva deciso di andare in pensione nel pieno del suo mandato da deputata, avendo maturato i requisiti di anzianità contributiva, ma non appena intascato l’assegno di buonuscita ha trovato il modo di aggirare le norme e riprendersi il suo seggio in parlamento. “Quindi, se lei si è permessa di offendere in quel modo l’intelligenza di tutti noi che paghiamo regolarmente le tasse allo stato, allora credo che sia del tutto legittimo voler esprimere la propria opinione in merito, ricordando ai cittadini, che evidentemente hanno una memoria da pesce rosso, che ci sono persone che quotidianamente si fanno beffa di loro”.
Nonostante ammettano le proprie occasionali esagerazioni, gli amministratori della pagina Raja sa biroa, così come le persone che la seguono, ritengono che tale sarcasmo sia del tutto comprensibile. Stando alle parole di uno dei responsabili della pagina: “Tutto ciò è una valvola di sfogo contro le ingiustizie a cui assistiamo ogni giorno. Del resto, siamo convinti che la Majkić, protetta dai vetri oscurati della sua Audi da circa 100mila marchi, non si scomponga affatto per i nostri commenti”.
Srđan Puhalo, dal canto suo, dice che nei suoi commenti cerca di criticare fatti concreti, le dichiarazioni o i comportamenti di certe persone, e non esse stesse in quanto tali né tanto meno le loro famiglie. “Evito di etichettare le persone, essendo consapevole di non conoscerle bene. Suppongo siano in molti a pensare che io esageri nei miei commenti, ma cerco di non oltrepassare certi limiti”, afferma Puhalo, aggiungendo che gli piacerebbe che anche gli scherzi sul suo conto rimanessero entro certi limiti. “Alcuni scherzi e commenti sono molto spiritosi e a volte mi dispiace di non averci pensato io, ma ce ne sono anche molti di cattivo gusto, sfacciati e slegati dai fatti, insomma un mucchio di generalizzazioni idiote. Ricevo anche delle minacce, ma suppongo sia inevitabile quando si è socialmente impegnati e disposti a parlare di temi scomodi”.
Gli amministratori della pagina Raja sa biroa affermano di ricorrere al blocco dei fan che scrivono commenti contenenti minacce o linguaggio dell’odio. “Ci è capitato più volte di dover ‘bannare’ gli utenti che cercavano di incitare all’odio. Semplicemente, non lo approviamo”.
Anche gli amministratori del gruppo Samo kod nas si scontrano con lo stesso problema. In pochi anni di esistenza del gruppo hanno bloccato quasi 600 membri. Pur avendo stabilito un chiaro regolamento di condotta, che prevede il divieto di insulti e di incitamento all’odio, ogni giorno sono costretti a rimuovere contenuti offensivi. “Lo conferma il numero di membri bloccati. Eppure vi è un ampio margine di tolleranza, perché ognuno di noi può avere un brutto giorno”, spiegano i responsabili del gruppo, aggiungendo: “Se un membro che riteniamo spiritoso scrive qualcosa che viola le regole del gruppo, prima riceve un avvertimento, e se non lo prende sul serio viene mandato a ‘calmarsi’. Ciò significa che viene rimosso dal gruppo, ma non bloccato, e per un certo periodo non può essere riammesso”.
Secondo Elvira Jukić del Mediacentar Sarajevo, il trasformarsi della critica in linguaggio d’odio sui social network non è che un riflesso del persistente analfabetismo mediatico e della mancanza di una vera cultura del criticare. “La beffa, la presa in giro di qualcuno o l’espressione del proprio disaccordo con le opinioni altrui sono spesso accompagnate da bestemmie e minacce. Mi sembra che molti dei cittadini bosniaco-erzegovesi che quotidianamente usano i social network e commentano ciò che accade nella società in realtà non sappiano distinguere tra critica e linguaggio d’odio”, spiega la giornalista.
A suo parere, affinché una critica sia costruttiva è innanzitutto necessario che abbia a disposizione uno spazio pubblico dove poter esprimersi e aprire un dialogo su questioni di pubblico interesse. “Per quanto sia importante imparare a comunicare in maniera civile, senza ricorrere agli insulti né incitare al linciaggio, è altrettanto importante imparare ad accettare le critiche, anche quando arrivano sotto forma di fotomontaggi satirici”, conclude la Jukić.
Dal Resource Center
Come distinguere il discorso d’odio? Sul Resource Center per la libertà dei media curato da OBCT è disponibile questo comodo vademecum pubblicato da Article 19.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto