Bosnia Erzegovina, censimento concluso

Il censimento in Bosnia Erzegovina è ufficialmente terminato alle 21 di martedì sera. Dai risultati emergerà l’immagine del paese a 20 anni dalla guerra. Le istituzioni ostentano grande soddisfazione, ma c’è chi non lesina critiche per come si è svolto

18/10/2013, Rodolfo Toè - Sarajevo

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(Foto Colton Witt, Flickr )

La fine del censimento in Bosnia Erzegovina è coincisa singolarmente con il primo giorno di Bajram. Mentre i musulmani del paese si preparavano a celebrare una delle feste più importanti del calendario, mentre la nazionale staccava il suo storico primo biglietto per i mondiali in Brasile, l’amministrazione bosniaca concludeva le proprie rilevazioni.

Un successo, se si dovesse dar credito alle dichiarazioni ufficiali, come quella rilasciata dal direttore dell’agenzia statistica nazionale, Zdenko Milinović, nell’ambito della conferenza stampa organizzata mercoledì a Sarajevo. Milinović ha elogiato il lavoro di "40 istruttori nazionali, 203 istruttori nelle due entità, 30 membri delle commissioni cantonali, 625 membri delle commissioni formate a livello delle singole municipalità, 2.800 istruttori municipali, 22.000 enumeratori", i quali "hanno preparato e organizzato questo censimento in modo esemplare".

Un "lavoro eccezionale", di cui essere "pienamente soddisfatti", secondo Milinović. Al plauso si è aggiunta anche l’Unione europea, che ha partecipato in qualità di principale sponsor e finanziatore, e che ne ha monitorato lo svolgimento con un team di esperti. Secondo il comunicato ufficiale, rilasciato dal capo della missione europea in Bosnia Erzegovina, Peter Sørensen, "il censimento appena compiuto è una vera e propria pietra miliare nella storia del paese".

"Non deve però farci dimenticare – ha aggiunto Sørensen – che la raccolta dei questionari è soltanto una piccola parte del lavoro. Ora ci attendono i controlli di qualità sui dati, la loro elaborazione e la divulgazione". I primi dati, specifica il numero uno dell’UE a Sarajevo, saranno resi noti soltanto tra 90 giorni. Ma per quelli definitivi occorrerà aspettare almeno un altro anno e mezzo.

Si eviterà, quindi, che i risultati del censimento coincidano con la campagna elettorale per le prossime politiche (ottobre 2014), circostanza che secondo alcuni attivisti locali non sarebbe stata ottimale per la salute del dibattito pubblico nel paese. Nell’attesa di sapere quale volto avrà la demografia della Bosnia Erzegovina indipendente, occorre però sottolineare come, al di là dell’ottimismo delle istituzioni, lo svolgimento del censimento non sia stato impeccabile. Anzi.

Difficoltà tecniche"

La cronaca di queste due settimane è stata costellata da piccoli imprevisti e da, per così dire, "difficoltà tecniche". Veri e propri “casi diplomatici”, come la sfortunata scelta delle autorità della Republika Srpska che hanno alloggiato gli ispettori venuti a Višegrad dalla Federazione nell’hotel Vilina Vlas, tristemente famoso per essere stato un campo di stupro controllato dai serbi durante la guerra. Oppure, incidenti legati allo svolgimento errato delle procedure: l’accusa più pesante è probabilmente quella rivolta agli scrutatori della Republika Srpska, che avrebbero volutamente tralasciato di conteggiare le case abitate dalla diaspora bosgnacca, tornata appositamente in patria per partecipare al censimento. Una polemica speculare, del resto, visto che – allo stesso modo – le autorità di Banja Luka hanno lamentato, fin dal primo giorno del censimento, la presenza di un numero irrealistico di persone registrate presso la stessa abitazione. A queste notizie si sono aggiunte quelle, ampiamente attese, di cittadini che semplicemente rifiutano di dichiararsi, diffidando delle autorità e dei funzionari. C’è stato addirittura un caso, ai limiti del tragicomico, di un anziano ritornante a Trebinje morto dopo un’agitata discussione con uno scrutatore a causa "dello stato nervoso" indotto dal censimento. In alcune municipalità, tra le quali Srebrenica, per irregolarità registrate durante la raccolta dei dati, i questionari dovranno essere ridistribuiti.

Più consistenti, tuttavia, sono le accuse lanciate dall’organizzazione Popismonitor , una rete di ONG che si sono occupate di monitorare la correttezza della raccolta dei dati. Di essa fa parte anche Darko Brkan, attivista dell’organizzazione Zašto ne (perché no) che ha dichiarato a Osservatorio di essere molto insoddisfatto per come si è svolto il lavoro nel corso della prima metà di ottobre.

"Ci sono stati evidenti problemi, soprattutto per quanto riguarda l’immagazzinamento delle schede compilate. Non esisteva, di fatto, un luogo dove i funzionari potessero lasciare il materiale. Erano costretti a portarselo a casa", sottolinea Brkan, evidenziando come questo possa incidere sui dati raccolti a causa degli evidenti rischi di falsificazione o corruzione delle risposte. "Popismonitor si è occupata altresì di fornire un’informazione e un’assistenza adeguate alla popolazione, che non è stata informata correttamente dalle autorità".

Questo è un punto particolarmente dolente per gli attivisti di Popismonitor, che hanno lamentato l’incapacità delle istituzioni di fornire un’informazione imparziale ai cittadini. "C’era un solo numero verde attivo, funzionava solo nei giorni lavorativi per cinque ore al giorno". Non abbastanza. Peggio, rincara Brkan, "il governo ha permesso a molte associazioni di inquinare l’opinione pubblica con messaggi nazionalisti, che in alcuni casi erano evidentemente contro la legge. Il risultato di tutte queste mancanze è stata una grande confusione, anche tra le stesse persone che erano chiamate a raccogliere i dati. Abbiamo registrato un totale di almeno 700 casi di questionari compilati in modo errato". Durante una conferenza stampa, tenuta all’inizio della settimana, l’organizzazione aveva evidenziato che fino a un questionario su cinque potrebbe essere viziato da []i o irregolarità. Una percentuale allarmante.

Il calvario degli scrutatori

Un altro punto negativo è quello che riguarda le migliaia di scrutatori che sono state impiegate per bussare alle porte delle case bosniache. Accusati da un lato di essere inetti e privilegiati, dall’altra parte sfruttati e malpagati. Circa 50.000 persone avevano fatto domanda quest’estate, dopo la pubblicazione del bando pubblico. Le procedure di selezione avevano fatto molto discutere: secondo i media bosniaci, a essere scelti sarebbero stati soprattutto amici, parenti, o più prosaicamente funzionari già appartenenti a un determinato partito politico.

Agli operatori sul campo era stato promesso uno stipendio di 800 marchi (400 euro) per due settimane di lavoro. Ma è stato subito chiaro che la prospettiva sarebbe stata illusoria. "In realtà siamo pagati a cottimo", dichiara a Osservatorio un giovane di Mostar, che preferisce rimanere anonimo: "Due marchi e venti centesimi per ogni questionario compilato. Senza nemmeno il rimborso della benzina per quelli di noi che dovevano usare le auto, soprattutto nelle zone rurali. Ci hanno dato giusto i soldi per il telefono, dieci marchi in tutto. Il sistema non è così sbagliato", giudica però sorprendentemente lo scrutatore, "ognuno viene pagato per quello che fa veramente. Le autorità avevano programmato il tutto in modo che a ciascuno di noi spettasse un numero più o meno uguale di intervistati. Ma così non è stato. C’è chi ha avuto moltissime persone da intervistare, e chi praticamente nessuno". E poi c’è la questione del contratto: per lo più inesistente. "Mi hanno fatto il contratto solo al decimo giorno del censimento, prima non ero in regola. Riesci a crederci? Il mio stesso governo mi fa lavorare in nero".

Il pessimo trattamento economico, inferiore a quanto sbandierato all’inizio per reclutare i volontari, ha avuto un effetto indesiderato. In tanti hanno semplicemente scelto di ritirarsi. "In molti se ne sono andati già durante la formazione", spiega una giovane volontaria di Banja Luka, che parimenti preferisce restare anonima, "altri a censimento già in corso. In totale, circa tremila persone hanno dichiarato forfait". Per quanto riguarda la parte economica, però, ha avuto più fortuna. "Non ho avuto problemi con il mio contratto, la paga non è così male. Certo, ammesso che arrivi. Se tutto va bene, vedrò i soldi dopo febbraio".

C’è anche chi ha provato a risolvere il problema nel modo più semplice: sedendosi al caffè e compilando i questionari da solo. Chi ci ha provato però (alcuni casi sono stati registrati a Sarajevo e Srebrenica) è stato immediatamente allontanato dal proprio incarico.

 

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Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

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