Bosnia: basket e rientri

La nazionale jugoslava vince i campionati del mondo ed i tifosi serbo-bosniaci si scatenano in raid vandalici ed in minacce nei confronti dei musulmani rientrati in RS. Un’intervista.

19/09/2002, Redazione -

Kozarac, cittadina alle porte di Prijedor, Republika Srpska. Durante la guerra questo luogo è stato un incubo per i bosniaco-musulmani. Per evocarlo basti ricordare il nome del campo di concentramento di Omarska, a pochi chilometri da qui dove vennero rinchiusi, torturati e spesso uccisi migliaia di bosniaco-musulmani e croati.
Ora è stata di nuovo ricostruita e contro ogni aspettativa ha visto il ritorno di moltissime famiglie. Ma le tensioni restano, come quelle che si sono scatenate in seguito alla vittoria del campionato del mondo da parte della nazionale jugoslava di basket. Gruppi di tifosi serbo-bosniaci hanno in quell’occasione imperversato in piena notte nel paese abitato da musulmano bosniaci. Vandalismi, insulti, minacce. Un’intervista a Muharem Murselovic, uno dei rappresentanti della comunità musulmana di Prijedor.

Come giudica i fatti avvenuti a Kozarac?

Murselovic: Occorre tenere innanzitutto in considerazione il fatto che non si è trattato di fatti spontanei ma sono stati organizzati come una vera e propria "manifestazione politica". Il loro obiettivo era quello di spaventare i rientranti.

Come hanno reagito le autorità della RS?

Murselovic: Ad una sessione dell’Assemblea Nazionale ho interpellato Jovicic, il Ministro degli interni, per sapere se avessero informazioni sui responsabili dei disordini accaduti a Kozarac. La sua risposta è stata però del tutto ridicola. "Quelle persone esercitavano il loro diritto alla libertà di movimento, erano a Kozarac perché abbiamo vinto la partita" ha affermato. Ma io mi chiedo come si possa giustificare con il termine "libertà di movimento" gruppi di tifosi che alle due di notte imperversano per le strade di Kozarac insultando, minacciando, sparando con armi da fuoco, lanciando sassi e distruggendo quello che potevano distruggere. La polizia ha registrato 30 targhe ma non ha fatto ancora nulla per identificare chi era alla guida di quelle macchine.

Quale l’obiettivo a suo avviso di tali atti?

Murselovic: E’ ovvio che l’obiettivo principale è quello di spaventare i bosniaci e bloccare i processi di rientro. Questo è solo la punta dell’iceberg di una politica chiara che la RS sta implementando nei confronti dei bosniaci. Qui chi ritorna deve affrontare vari problemi. Le autorità trattano ancora i rientranti come una delle parti in causa nella guerra e non come cittadini. Questo è il vero problema.

Come fa ad affermare questo?

Murselovic: Sono circa 20.000 i bosniaco-musulmani rinetrati nella municipalità di Prijedor. Nonostante questo per molto tempo eravamo fanalino di coda per quanto riguarda l’implementazione delle nuove leggi sulla proprietà. Sotto forti pressioni della Comunità Internazionale le autorità locali hanno reso il ritorno possibile ma resta ancora molto ostruzionismo. Spesso vengono garantiti agli sfollati serbi terreni che sono di proprietà dei bosniaci. E gli sfollati serbi non desiderano riantrare nei luoghi d’origine e le autorità serbe hanno sempre ostacolato un loro eventuale rientro.
Un altro esempio: secondo un accordo risalente al 1998 si sarebbe dovuta ristrutturare la polizia su base multietnica, tenendo conto delle percentuali etniche emerse dal censimento tenutosi poco prima che scoppiassero le ostilità. Secondo queste percentuali dovrebbero lavorare nella polizia circa 300 musulmano-bosniaci. Questo non avviene e per ora vi lavorano non più di trenta persone.
Anche in merito agli incidenti avvenuti a Kozarac. Era prevedibile sarebbero avvenuti ma le autorità della Republika Sprska non hanno ritenuto necessario dislocare più polizia. Ed i tre poliziotti che pattugliavano Kozarac quella notte non hanno naturalmente potuto fare nulla.

Ed ora?

Murselovic: La tensione è molta. Ad esempio la polizia sembra molto attiva sul caso del poliziotto ferito a Kozarac, forse da qualche musulmano-bosniaco ma non è stato ancora provato, mentre nessuna indagine viene fatta per quanto riguarda le violenze post-partita.
I rappresentanti della comunità di Kozarac hanno inviato questi giorni una lettera ai responsabili della polizia di Prijedor dove si chiarisce che, nel caso non lo facesse quest’ultima, saranno i cittadini stessi di Kozarac ad impedire che dimostranti violenti possano imperversare per le strade della cittadina.
Ma sembra purtoppo che le autorità, in questo periodo, siano interessate a far crescere la tensione (Oslobodjenje, 17.09.02).

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