Birra e inimicizia: il party dei patrioti croati

In Croazia l’Operazione Tempesta, che pose fine nel 1995 al controllo serbo di circa il 20% del territorio viene ricordata con due celebrazioni. Quella ufficiale, a Knin, e quella promossa dal cantante di estrema destra Thompson

21/08/2013, Barbara Matejčić -

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Nel 1992 il quotidiano Slobodna Dalmacija pubblica uno dei primi articoli sulla canzone "Cavoglave"

(Articolo tratto a Balkan Insight-Transitional Justice, tit. orig. "Beer and Loathing at Croatia’s Patriot Party", pubblicato il 9 agosto 2013)

Alle 8 di mattina del 5 agosto, anniversario dell’inizio dell’operazione dell’esercito croato denominata “Operazione Tempesta” a seguito della quale, nel 1995, venne posto fine al controllo serbo di circa il 20% del territorio della Croazia, l’area di Zagora, in Dalmazia, è tranquilla.

Dieci ore dopo però le strade sono ingolfate di auto, autobus e motociclette dato che migliaia di persone tentano di avvicinarsi il più possibile al villaggio di Čavoglave e alla più affollata celebrazione annuale dell’Operazione tempesta.

Le celebrazioni ufficiali però avvengono altrove. Non a Čavoglave ma a Knin, la capitale di quel territorio che per quattro anni, dal 1991 sino all’Operazione Tempesta, era stato tenuto sotto controllo dai serbi. I rappresentanti delle istituzioni croate vi si ritrovano a ogni anno per ricordare la vittoria.

Čavoglave, invece, è il paese natale del cantante folk croato Marko Perković, soprannominato Thompson, come il fucile automatico americano. La destra lo definisce un patriota, la sinistra un fascista.

Thompson è un veterano di guerra e il nazionalista più influente sulla cultura popolare in Croazia. E’ divenuto famoso durante la guerra con la sua prima canzone “Bojna Čavoglave” (Il battaglione Čavoglave) nella quale diceva ai serbi che sino a quando i croati sarebbero rimasti in vita, i loro nemici non sarebbero mai entrati a Čavoglave.

La canzone inizia con un’incitazione “Za dom – spremni!” ("Per la patria – pronti!"), saluto ufficiale dello Stato indipendente di Croazia, stato fantoccio dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale.

Dopo i cambiamenti politici del 2000, con la salita al potere a Zagabria di un governo di centro-sinistra, Thompson è divenuto se possibile ancora più famoso tra i nazionalisti croati. Ma non è stato più il benvenuto alle celebrazioni ufficiali a Knin e quindi ha lanciato un evento parallelo a Čavoglave, a cui ora partecipano quasi 100.000 persone.

Vittime e traditori

A Knin ho incontrato un centinaio di bikers, vestiti di pelle e mostrine di associazioni di unità militari di varie parti della Croazia. Alcuni di loro mi hanno detto che vengono a Knin ogni anno.

“Per me, questo è il posto più importante dove portare il mio rispetto per i combattenti morti per la nostra patria”, mi dice un biker di 52 anni, veterano di guerra e impiegato del ministero degli Interni, che mi ha chiesto di rimanere anonimo perché “non voleva causare alcun problema”.

“Ci siano o no celebrazioni, continuerò a venire per me stesso e per i miei compagni e non certo per il protocollo. Vado a Čavoglave quando ho tempo, ma è Knin il simbolo della difesa, Čavoglave è solo una festa”, ha aggiunto.

Tra le migliaia di persone che si sono raggruppate nella piazza centrale di Knin, vi sono veterani in maglietta e braghe corte, che hanno portato con loro moglie e figli. Uno di loro, andato in guerra quando aveva poco più di vent’anni e che prese parte all’Operazione Tempesta, racconta che viene a Knin perché non sopporta la confusione e la ressa di Čavoglave.

Aggiunge poi che vuole solo portare il suo rispetto per i compagni morti, ricordare il legame con gli amici nei giorni della guerra, di cui ha nostalgia e poi ritornarsene a casa. Dice poi che la guerra rimane una parte importante della sua vita, ma che ora rappresenta il passato. Finisce poi dichiarando di aver capito ormai, dopo così tanti anni, che è arrivato il tempo per le istituzioni dello stato di parlare di riconciliazione, perdono e di parlare delle vittime civili serbe durante l’Operazione Tempesta.

Molti altri ovviamente la pensano diversamente. Ancor prima che il primo ministro croato Zoran Milanović iniziasse il suo discorso si è alzata una voce tra il pubblico di Knin e un ventenne ha iniziato a urlargli: “Traditore!”.

Gli ho allora chiesto perché il primo ministro fosse un traditore. Mi ha risposto di ascoltare il suo discorso e mi sarebbe risultato tutto evidente.

Tra dei booo assordanti, il primo ministro ha dichiarato, tra le altre cose: “Durante l’Operazione Tempesta molti cittadini croati di etnia serba hanno lasciato questo territorio. Ciononostante, ora, la gente sta ritornando in Croazia… Stanno ritornando solo qui in Croazia perché dopo tutto quanto è successo hanno fiducia nel fatto che questo sia un paese normale, comune, di gente onesta. E questa è la Croazia che vogliamo costruire. Con nessuna malizia o odio per nessuno e con fiducia nei confronti di tutti”.

Oltre ai politici, la celebrazione di Knin ha visto la presenza anche dei generali Ante Gotovina, Mladen Markač e Ivan Čermak, scagionati l’anno scorso dal Tribunale internazionale per i crimini di guerra in ex Jugoslavia, accusati di crimini commessi proprio durante l’Operazione Tempesta. Non si sono invece fatti vedere alla festa di Thompson a Čavoglave, nonostante vi fossero stati invitati.

La concomitanza di queste due celebrazioni è vissuta con preoccupazione da alcuni dei veterani di guerra presenti alle celebrazioni di Knin. In un caffè veterani della Quarta Brigata, la prima ad entrare a Knin 18 anni fa, dicono che le celebrazioni a Čavoglave creano divisioni sia tra i veterani che tra i normali cittadini. “Dovremmo celebrare a Knin e non lassù, non abbiamo sollevato alcuna bandiera a Čavoglave, ma qui”, mi dice uno di loro.

Kebab, birra e souvenir nazionalisti

Alle due del pomeriggio il grande prato di Čavoglave inizia lentamente a riempirsi.

In questo villaggio di poco più di 100 abitanti, di cui in pochi avrebbero sentito parlare se non fosse stato per la canzone di Thompson, gruppi di ragazzi girano per le stradine con la bandiera croata stretta attorno ai fianchi, alcuni con magliette con la scritta “Croato” altri con t-shirt nere con il logo di Thompson.

Sono state montate grandi tende, già colme di persone che mangiano agnello alla brace, kebab e che bevono birra. Vi sono anche alcune famiglie con bambini, ma la maggior parte dei presenti sono giovani, ogni tanto cantano canzoni ustascia e gridano “Per la patria – pronti!”.

Nessuno sembra infastidito da tutto questo, anche se lodare gli ustascia e diffondere l’odio etnico è vietato in Croazia.

Le tende sono state montate nei pressi della Chiesa dei martiri croati, che in molti vi ricorderanno “è stata donata da Thompson al villaggio”.

Non vi è ressa all’interno della chiesa. Di fronte ad essa vi è una bancarella con souvenir realizzati da invalidi di guerra per raccogliere denaro a scopi umanitari. Le donne dietro al bancone ammettono mestamente che le vendite non vanno molto bene.

Poco più in là altre bancarelle vendono giubbotti e magliette raffiguranti Thompson e con la scritta “Un croato? Puoi scommetterci!”. Loro fanno buoni affari. La polizia però ha insistito fino a far rimuovere dalle bancarelle i souvenir con simboli ustascia.

Si può sentire ovunque parlare inglese o tedesco, segno che sono presenti anche molti croati che lavorano all’estero con i loro figli.

Tra loro anche Vanja e Anton Mlinar di Salisburgo, rispettivamente di 26 e 18 anni, che hanno raccontato di come amano l’atmosfera di Čavoglave, dove possono rilassarsi e non badare troppo a cosa dicono, cosa che non avviene invece in Austria, dove frequentano persone originarie di varie parti della ex Jugoslavia.

Vanja racconta che le piacciono le canzoni di Thompson, ma che ascolta anche la star serba del turbo folk Ceca, vedova dell’ex leader di un gruppo paramilitare serbo Željko Ražnatović Arkan, nonostante i due, dal punto di vista ideologico, sembrano agli opposti. “Per i serbi Ceca è quello che per i croati è Thompson”, spiega Vanja.

Per Dio, per la fede, per il patriottismo

Chiedo ad alcuni degli adolescenti che sono venuti qui in autobus da varie zone della Croazia cosa significa per loro Čavoglave e perché siano qui. In gran parte mi rispondono che sono a Čavoglave perché amano la loro patria, ma non riescono a spiegare esattamente cosa intendono per questo.

Alcuni dicono che sono qui perché sostengono le idee per cui si batte Thompson: Dio, fede, patriottismo, matrimonio come unione di un uomo e una donna. Per loro ascoltare la musica di Thompson o andare ai suoi concerti è una sorta di attestato politico di essere “dei croati puri” e di rispettare “i valori croati”.

Prima che il concerto di Thompson abbia inizio la tenda montata dietro la chiesa è pregna di sudore e il pavimento attaccaticcio per l’alcool versato; un gruppo di ragazzini si filma con il cellulare mentre canta una canzone ustascia, una ragazza in mimetica s’arrampica su una panca e, con le braccia in alto, urla una canzone di guerra. “Chiama, chiama e tutti i falchi daranno la vita per te”.

Čavoglave è in ebollizione e in migliaia si sono raggruppati sotto il palco per sentire Thompson che li saluta con le sue canzoni: “Siamo cristiani e non abbiamo paura di morire…”.

Anche alcuni bambini di quattro-cinque anni sanno a memoria i suoi testi, che parlano di tradimento, vendetta e guerra. Sollevavano i loro piccoli pugni nell’aria, allo stesso ritmo dei loro padri, mentre le bandiere croate volteggiavano sopra le loro teste, tra il fumo e fari rossi.

Ho chiesto a due veterani di guerra che ne pensavano dei punti di vista divergenti di Thompson rispetto alle celebrazioni ufficiali a Knin. “Andiamo sia a Knin che qui, ma non ce l’abbiamo con Thompson, qualsiasi cosa egli dica, perché le sue canzoni sono l’unico dono che ci è arrivato da Dio dopo il presidente Tudjman e le sue canzoni fluiscono nelle vene dei nostri figli”, ci dice uno di loro.

Finito il concerto i fuochi d’artificio illuminano il cielo in una cacofonia che assomiglia più alla guerra che a dei festeggiamenti.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

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