Bijelo dugme a Belgrado, il ritorno della Jugoslavia
Record assoluto per la data belgradese della storica rock band. Tra i 200.000 spettatori sventola il tricolore della ex Jugoslavia e ci si lascia andare ai ricordi di un tempo passato, ma per gli scettici si tratta solo di un grande inganno mediatico e di un eccesso jugonostalgico
Annunciato da parecchio tempo, lo storico concerto dei Bijelo dugme, uno dei gruppi musicali più noti e più controversi della ex Jugoslavia, finalmente si è tenuto a Belgrado, il 28 giugno, nel giorno di Vidovdan, festa religiosa che in Serbia gode di una simbologia del tutto particolare. Il concerto è stato organizzato all’Ippodromo di Belgrado e con 200.000 spettatori ha superato senza dubbio tutti i record, entrando a far parte degli annali come l’evento musicale più seguito di tutta quanta la regione balcanica.
I Bijelo dugme, gruppo rock che negli anni ottanta era all’apice della celebrità e che si è sciolto poco prima dell’inizio della guerra nella ex Jugoslavia, dopo molti anni di dubbi e indecisioni, si è riunito di nuovo, organizzando concerti in tre città: Sarajevo, Zagabria e Belgrado. Goran Bregovic, leader ideale della band, a cui si deve il ritorno dei musicisti, ancora una volta ha mostrato di avere "fiuto" non solo per quanto riguarda la realizzazione di un grande spettacolo, ma anche per quanto riguarda la realizzazione di un enorme ritorno economico. Una delle domande più frequenti, che si è sentita ripetere negli ultimi mesi, riguardava proprio il sapere se il gruppo si fosse riunito per il desiderio di suonare insieme ancora una volta i loro successi più famosi oppure se lo hanno fatto per guadagnare il denaro che gli garantirebbe una pensione più che dignitosa. Questo dubbio era fondato anche sul fatto noto che gli ex membri del gruppo tra di loro non godono di buoni rapporti, che nessuno dei tre cantanti credeva alla possibilità di poter fare un concerto insieme e di raggiungere un tale successo.
Però, nonostante i numerosi commenti degli scettici, in modo evidente i Bijelo dugme sono riusciti a realizzare il più grande concerto che Belgrado possa ricordare e sarà difficile attendersi che questo record possa essere superato in breve tempo. Il concerto iniziato alle 21 e trasmesso in diretta dalla più seguita emittente televisiva, TV Pink, è stato preceduto da un’isteria di massa durata qualche giorno, finché il giorno stesso del concerto l’intera città era al collasso. Gli spettatori sono giunti da tutto il Paese, la maggior parte con autobus organizzati, e un gran numero di amanti di Goran Bregovic e della band sono venuti da tutta l’ex Jugoslavia. Così che, spalla a spalla, di fronte ad una nuova resurrezione del tricolore jugoslavo, ballavano nuovi e vecchi ragazzi di Skopje, Podgorica, Ljubljana, Osijek, Novi Sad e molte altre città, in modo nostalgico a ricordare i tempi in cui si poteva viaggiare senza passaporto e in cui si viveva una vita diversa.
Proprio una delle questioni più frequentemente dibattute sul ritorno dei Bijelo dugme riguardava la possibilità di promuovere il concetto o idea della "jugonosalgija" (nostalgia della Jugoslavia. Ndt.), che è tutt’ora evidentemente molto presente e non di rado è vissuta come una minaccia agli interessi nazionali degli Stati che oggi godono di piena sovranità e indipendenza. Un’enorme quantità di bandiere con la stella a cinque punte che si sono viste qualche sera prima del concerto, all’Ippodromo di Belgrado, scandivano "Jugoslavia, Jugoslavia", e molte altri aspetti di una scenografia surreale, rafforzavano chiaramente la tesi secondo la quale esiste tutt’ora un alto numero di coloro i quali credono che si stava meglio quando il Vecchio compagno (Tito, ndt.) era in vita. In questo senso, ancora una volta, ci si deve inchinare alla vecchia volpe Goran Bregovic per la sua fantasia e incredibile sensibilità per la manipolazione. Perché, tutt’oggi, non è indifferente se cantate a Zagabria "Djurdjevdan" o a Belgrado portate un complessino dalmata che canta "Lijepa nasa". Anche la scelta della data per il concerto era in discussione. Perché il 28 giugno, Vidovdan, rappresenta una data storica per la Serbia: in quel giorno del 1389 l’esercito serbo perse la battaglia a Kosovo polje, col che l’impero Ottomano sconfisse la Serbia, ma, secoli dopo, in quella data fu pure consegnato Slobodan Milosevic al Tribunale dell’Aia. Pertanto, i più malevoli commenti si sono sentiti da tutte la parti, ma i Bijelo dugme sono riusciti a neutralizzarli e a tenere il concerto alla data prevista. Rimane ovviamente in questione se la scelta della data sia stato un ulteriore trucco di marketing, tenendo presente che Bregovic sicuramente si aspettava che ci fossero forti reazioni, grazie alle quali si è assicurato una maggiore copertura mediatica.
L’altro commento più frequente sui Bijelo dugme, che esiste da quando esiste il gruppo, riguarda il fatto che questa musica non è ascoltata e non è capita dalle fasce urbane della popolazione. Si crede che Bregovic abbia "provincializzato" la musica locale, che sia l’iniziatore del turbo folk, dal momento che ha manipolato i bei motivi etnici con l’intento di rendere popolari i valori più bassi. Proprio questa persistente distinzione tra "campagna" e "città" questa volta è stata il campo di battaglia su cui si sono scontrati i sostenitori delle due tesi antagoniste, quelli che proibirebbero l’esistenza dei Bijelo dugme e di gruppi simili, e quelli che credono che Bregovic sia il miglior ambasciatore dei Balcani e della nostra cultura. Sicché molte persone sono rimaste a casa, rifiutandosi persino di seguire il concerto in diretta televisiva, affermando che si trattava solo di un grande imbroglio. Se questa divisione, e di queste ce ne è abbastanza, viene assunta come esatta, allora dobbiamo confrontarci col fatto che la Serbia è definitivamente un "provinciale" Paese dei montagnosi Balcani, almeno a giudicare dall’incredibile numero dei presenti al concerto e di quelli che l’hanno seguito da casa.
È fuori discussione che tutti i musicisti dei Bijelo dugme hanno già raggiunto una certa età, ma questo non può giustificare la scarsa, e nel migliore dei casi mediocre, musica che abbiamo sentito qualche sera fa a Belgrado. Mladen Vojcic Tifa, cantante che ha aperto il concerto, quasi non ha cantato affatto, ma ha lasciato il compito al pubblico, e se si deve tenere fede alle indiscrezioni circolate, Tifa ha praticamente boicottato il concerto a causa dello scontro avuto con Bregovic già durante la data di Sarajevo. A dire il vero, il più brillante del concerto è stato il leggendario Zeljko Bebek, che benché sia il più vecchio del gruppo, ha interpretato in modo fantastico alcuni dei maggiori successi dei Bijelo dugme. Il suono, una delle cose più importanti, era piuttosto scarso, fatto che ha indotto molti spettatori ad abbandonare il concerto molto prima che finisse. Fondamentale e decisamente importante, non c’era l’atmosfera che caratterizza questi grandi e importanti eventi, in particolare avendo in mente che questo concerto si è atteso a lungo e che non ci saranno più occasioni per vedere i Bijelo dugme suonare insieme. Per tutta la durata del concerto, si aveva l’impressione che gli stessi musicisti aspettassero solo il momento di finire di suonare. Eccetto, ovviamente, Goran Bregovic, l’unico ad essere pienamente soddisfatto.
Ma come non potrebbe esserlo, quando le valutazioni sui guadagni, della sola vendita dei biglietti per il concerto di Belgrado, si aggirano attorno al 1.800.000 euro, ai quali vanno aggiunte le entrate delle pubblicità, degli sponsor e cose varie, oltre ai concerti di Sarajevo e Zagabria. Naturalmente, un altro motivo di soddisfazione dei Bijelo dugme sta nel fatto che (di nuovo) sono riusciti a fare ciò che nessun altro ha mai fatto: sollevare un gran clamore e far alzare in piedi tutta quanta la ex Jugoslavia.
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