Beslan, tre anni dopo
Tre anni sono trascorsi dalla strage di Beslan e le famiglie delle vittime cercano ancora chiarezza. Nel giorno della commemorazione il "Comitato Madri di Beslan" chiede una nuova inchiesta.
Almeno tremila persone si sono raccolte sabato scorso a Beslan nella scuola teatro del tragico assedio da parte di ribelli separatisti ceceni per celebrare il terzo anniversario della strage che costò la vita a 334 persone, di cui oltre la metà bambini e intanto una delle organizzazioni più impegnate per far luce sulla vicenda è stata dichiarata illegale dalle autorità.
La "Voce di Beslan", organizzazione che intende investigare sui fatti accaduti nella scuola n.1 è stata dichiarata illegale dalla corte distrettuale di Vladikavkaz, Russia meridionale, il 25 agosto scorso. La "Voce di Beslan" e il "Comitato Madri di Beslan" richiedevano che l’indagine ufficiale ammettesse tra le prove un video che dimostrerebbe la responsabilità delle forze sicurezza russe nel tragico epilogo dell’assedio del 2004. La presidente dell’Organizzazione Ella Kesayeva si è sempre espressa criticamente nei confronti delle autorità russe per la loro gestione della crisi a Beslan e ha chiesto l’apertura di un’indagine internazionale. Il gruppo "Voce di Beslan" ha deciso di presentare appello contro la decisione della corte e ha assicurato che "continuerà le sue attività".
Il video amatoriale che inchioderebbe le forze di sicurezza russe, è stato diffuso nel luglio scorso e sembra avvalorare la tesi secondo cui le truppe inviate dal Cremlino sarebbero responsabili delle prime due esplosioni che fecero scoppiare l’inferno all’interno dell’edificio scolastico; nel video ci sono pure le immagini di un sopralluogo dove si vedono frammenti di granate attorno alla scuola.
La commissione parlamentare d’inchiesta russa, guidata da Alexander Torshin, incaricata di far luce sulla drammatica presa degli ostaggi, stabilì nel dicembre 2006 che i t[]isti, e non le forze speciali, erano responsabili dell’esplosione avvenuta nella scuola di Beslan. Uno solo l’imputato condannato: il t[]ista ceceno Nurpaša Kulaev. L’opinione pubblica oggi diffida sempre più dei risultati dell’inchiesta ufficiale e questo nuovo video sembra confermare le tesi sostenute dai testimoni e dai familiari delle vittime, secondo cui le forze di sicurezza hanno iniziato per prime ad usare lanciafiamme e carri armati contro i t[]isti asserragliati nella scuola causando il massacro.
Il popolo di Beslan si ritrova in questo anniversario a ricordare le vittime
ma non piange solo i suoi morti. Le madri dei bambini sacrificati nel blitz dell’esercito russo contro i t[]isti ceceni hanno la forza di protestare, di chiedere al presidente Putin una verità che ancora non hanno avuto.
L’irruzione nella scuola resta una delle pagine più nere nelle forze di sicurezza russe, tanti sono ancora i punti oscuri. Per questo il Comitato delle madri di Beslan ha inviato una lettera aperta al presidente Vladimir Putin invitandolo a chiedere ufficialmente perdono per la morte dei loro bambini e a "recarsi a Beslan e riferire la verità" nell’ultimo anno del suo mandato ”…i nostri bambini sono stati sacrificati per l’interesse burocratico di qualcuno. Noi sappiamo la verità. Tutto il popolo russo ora dovrebbe sapere la verità"
Da Astrakhan, sul mar Caspio, in occasione dell’apertura dell’anno scolastico il capo dello Stato ha comunque pronunciato parole di circostanza per i tanti morti e in particolare per quei bambini che a scuola "non ci andranno mai più" ma le sue parole evidentemente non bastano.
Difficile rimane il compito di chi cerca di far luce sulla vicenda. L’avvocato delle Madri di Beslan, Taimuraz Chedzhemov, ha annunciato pochi giorni fa di avere ritirato le accuse mosse contro alcuni ufficiali russi dopo aver ricevuto minacce di morte.