Bosko Buha, general maggiore della polizia e assistente del capo dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero degli Interni serbo, è stato ucciso ieri mattina presto a Belgrado. L’omicidio è stato commesso davanti all’Hotel Jugoslavia, nel quartiere di Novi Beograd, alle ore 2.40. Buha è stato raggiunto da una raffica di proiettili sparati da almeno due persone, che si sono immediatamente dileguate su una jeep. Gravemente ferito, il funzionario di polizia è stato subito trasportato al pronto soccorso, ma la sua morte è sopraggiunta poco dopo.
Il giudice Vladimir Vukcevic, precipitatosi sul posto, ha dichiarato che un paio di uomini avrebbero sparato da una distanza dai cinque ai dieci metri. Prima si sarebbe sentito uno sparo e poi due raffiche di proiettili sparati da posizioni differenti. Secondo quanto riportato dal giudice, nei pressi del luogo dell’attentato sarebbero stati presenti anche due vigili urbani, che non hanno visto nulla. Buha è stato ucciso da otto colpi sparati all’altezza del petto.
L’omicidio di Bosko Buka rientra nella serie di omicidi di funzionari statali che in questi anni si sono succeduti a Belgrado. Buha è il quarto ufficiale del Ministero degli Interni serbo ad essere brutalmente liquidato in soli cinque anni. Come conferma il quotidiano Blic, gli altri ufficiali sono: il generale Radovan Stojicic Badza, ucciso l’11 aprile 1997 mentre sedeva con gli amici e il figlio al ristorante "Mamma mia" di Belgrado. Milorad Vlahovic Vlaja, ufficiale del Ministero ucciso nel marzo 1999, Dragan Simic sottufficiale della polizia, ucciso l’8 luglio dello stesso anno. Ma questi nomi sono solo una piccola parte dei numerosi omicidi eccellenti avvenuti a Belgrado nel corso degli ultimi dieci anni, tra i quali ricordiamo solamente il giornalista Slavko Curuvija, il capo della banda paramilitare "le Tigri" Zeljko Raznatovic detto Arkan e l’omicidio, della scorsa estate, dell’ex funzionario di pubblica sicurezza Momir Gavrilovic.
In relazione all’omicidio di Buha, si è subito parlato del probabile fastidio che il funzionario di polizia avrebbe recato a qualcuno. Una delle ipotesi la fornisce Marko Nicovic, ex capo della polizia di Belgrado, secondo il quale Buha "può essere stato testimone di fatti che potrebbero essere compromettenti per qualcuno oggi al potere". Buha ineffetti aveva confidato di essere al corrente di molti fatti riguardanti la criminalità organizzata. Forse proprio nell’establishment del passato regime vanno cercati i mandanti, dal momento che l’ex funzionario di polizia non ha attivato la sua squadra durante le proteste del 5 ottobre 2000, quando Milosevic perse il potere. Questo omicidio confermerebbe perciò come da quel 5 ottobre lo stato della sicurezza per i cittadini non sia cambiata di molto, e come tuttora esista una zona grigia in cui vivono personaggi potenti in conflitto col potere. Indicazioni di una corrente di potere sotterranea, di stampo criminale, Buha le aveva date in un’intervista rilasciata al settimanale Nedeljni Telegraf nel dicembre del 2001, poco dopo essere stato destituito dal suo incarico perché il suo nome compariva nella lista dei 362 poliziotti sui quali il TPI dell’Aja sta raccogliendo informazioni per i fatti del Kosovo. In tale occasione Buha aveva affermato al giornale che "la mafia belgradese cerca di adulare alcuni politici della DOS, gli offre diversi servizi, soldi, persino i dossier con cui compromettere i suoi avversari politici", e aveva aggiunto che "in Serbia operano cinque grandi gruppi del crimine organizzato".
(testo di Luka Zanoni, fonti: Danas, Blic, 11-6-2002)
Biografia di Bosko Buha
Bosko Buha è nato nel 1959 a Virovitica in Slavonija (Croazia). Si è diplomato nel corso di studi sulla difesa territoriale di Zagabria, ed è entrato in seguito nella polizia.
Dopo la prima fase della guerra in Croazia, nel 1991 è entrato nel MUP (Ministero degli Interni) della Serbia, dove è diventato capo Dipartimento degli Affari interni a Sopot. Sei anni dopo è diventato comandante della brigata del SUP (servizi degli affari interni) di Belgrado.
Un anno prima dei bombardamenti della NATO Buha viene inviato in Kosovo per combattere contro l’UCK albanese. Nel giugno del 1999, poco prima della fine della guerra, rimane ferito.
Bosko Buha diviene famoso il 5 ottobre 2000, quando insieme con gli altri capi del Ministero si rifiuts di intervenire contro i dimostranti, evitando così un inutile spargimento di sangue. A quel tempo Buha faceva parte della Brigata antisommossa del MUP di Belgrado. Dopo di che Buha viene fatto capo della polizia di Belgrado, diventando anche generale. Viene però destituito dopo la rivolta dei berretti rossi avvenuta lo scorso anno, diventando in seguito l’assistente del generale Sreten Lukic.
Reazioni
Il Ministro degli Interni della Serbia, Dusan Mihajlovic, riferendosi all’assassinio del Generale Bosko Buha, assistente del Capo del dipartimento dei Servizi segreti – Sreten Lukic – ha dichiarato che sono state mobilitate tutte le forze di polizia, e che verranno rivoltati cielo e terra finché non saranno trovati i responsabili di questo crimine.
Il Premier della Serbia Zoran Djindjic in risposta a Mihajlovic ha detto che i responsabili non si trovano né in cielo né in terra, ma tra coloro che avevano contatti con la vittima. Ha sottolineato che solo attraverso la chiara definizione dei motivi del suo assassinio si potranno disegnare gli identikit dei possibili killer. "Richiederò un rapporto ogni due-tre giorni, in cui mi si dovrà spiegare quali sono le difficoltà del caso, le ragioni della mancanza di risultati, e in quale misura c’è mancanza di professionalità e di precisi metodi di indagine" ha aggiunto, dicendo che si aspetta dei risultati entro un mese. Ha inoltre dichiarato che non crede si tratti di un assassinio politico, anche se non ha elementi concreti per affermarlo. Ha dichiarato di aspettarsi che in pochi giorni Mihajlovic presenti al Governo o al Consiglio per la sicurezza nazionale una strategia chiara con la quale debbano muoversi i servizi in casi come questo. In base ad essa si valuterà se la polizia ha effettivamente fatto tutto ciò che le competeva, e se lo farà anche in futuro raggiungendo dei risultati finali.
Anche Vladan Batic, Ministro della Giustizia della Repubblica, ha dichiarato di non considerare la morte di Buha un assassinio politico, ma di un "regolamento di conti" della malavita con un uomo che ha ricoperto per lungo tempo alte cariche all’interno della polizia.
A questo proposito Goran Svilanovic ha dichiarato di considerare l’assassinio di Buha una vera e propria minaccia alla sicurezza del paese. "L’unico vero pericolo che minaccia la sicurezza del paese è il connubio tra criminalità organizzata e centri di potere presenti nella regione" ha concluso Svilanovic, che interveniva all’apertura della Conferenza internazionale "I partenariati per la pace e le minacce non convenzionali nel Sud est Europa" tenutasi il 10 giugno a Belgrado.
Zoran Sami, vicepresidente del Partito Democratico Serbo, ha dichiarato che l’assassinio di Bosko Buha è da considerarsi preoccupante perché dimostra che con la criminalità non si è in grado di agire tempestivamente.
"Probabilmente sono diversi i moventi dell’uccisione di Bosko" ha aggiunto Marko Nicovic – ex capo della polizia di Belgrado. "Può essere stato testimone di fatti compromettenti per alcuni soggetti del governo. Aveva dichiarato infatti di sapere molte cose delle organizzazioni criminali. Ma forse si può trattare anche di una vendetta del precedente establishment poltiico, dal momento che il 5 ottobre 2000 Buha non aveva attivato la sua brigata antisommossa per bloccare i manifestanti anti-Milosevic".
Il Partito Nuova Democrazia ha denunciato l’assassinio di Buha, ma anche il fatto che questo "vergognoso atto" venga utilizzato per interessi di partito allo scopo di dimostrare la presunta incapacità del governo nella lotta contro la criminalità. "E’ irreale aspettarsi dalla polizia che in breve tempo riesca a risolvere problemi che sono radicati nel profondo nella società, come non può da sola assumersi la responsabilità del funzionamento dello Stato", si legge in un comunicato stampa.