Belgrado, dove crescono i giovani squatter

La “città bianca” sta vivendo un momento di grande effervescenza culturale. Ong, centri culturali, squatters, tutti attivissimi nel recuperare gli spazi pubblici abbandonati.  CaféBabel ha seguito le loro tracce

01/08/2012, Alpin Charbaut -

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Una pubblicità per un'iniziativa sulla poesia al Bigz di Belgrado

(Tratto da CaféBabel, pubblicato originariamente il 13 giugno 2012)

Ci ricordiamo il centro della metropolitana di Belgrado: il Club Akadamia nell’opera di Matthew Collin: This is Serbia calling. Oggi, questo assembramento di giovani studenti di arte si è diffuso in varie parti della città offrendo eventi culturali, mostre, concerti, dibattiti… E’ proprio passeggiando in questi luoghi insoliti, che riflettono l’espansione della cultura serba moderna che Dobrica mi presenterà questi giovani attivisti. Passeggiando per il centro della città, Dobrica stringe la mano alle persone ad ogni angolo della strada.

Comincio a capire il coinvolgimento e la popolarità di questo trentenne. Sta lottando per rendere accessibili gli spazi pubblici in Serbia alle iniziative cittadine. Nel 2009 ha lanciato la campagna “Aprite gli spazi pubblici“, in collaborazione con le istituzioni della città e vari gruppi giovanili,  per il riutilizzo degli spazi non sfruttati. Sensibilizzando l’opinione pubblica, questi giovani cercano di ampliare l’attivismo civico, in mancanza di una volontà politica.

“L’attivismo è l’ottimismo del pessimismo”

93 Bulevar Kralja Alexander. In questo locale un tempo utilizzato per la produzione di film ed ora ristrutturato, due giovani donne, Dubrawka e Jovana, dirigono il centro giovanile Vega, dove organizzano discussioni e dibattiti. La riunione del giorno precedente aveva come tema l’avvenire del loro locale. “In Serbia, le tasse sono gravose anche per le piccole organizzazioni“, sottolinea Jovana. Effettivamente non ricevono contributi finanziari sufficienti ad assicurare una lunga vita al posto. Qui si mescolano allo stesso tempo una trentina di persone che hanno lanciato la No Radio, una stazione radio su Internet destinata a promuovere la giovane scena alternativa. Si parla di società, cultura. Si aiutano i giovani serbi ad ampliare le loro conoscenze sulle culture che li circondano. Per quel che riguarda il futuro della cultura di Belgrado, Jovana preferisce la parola “entusiasmo” a “ottimismo“. In questa microsfera le idee vengono da tutti, anche se lei ammette che solo una minoranza può essere costantemente attiva nell’organizzazione degli eventi.

Infatti a Belgrado sembra che gli artisti siano vittime di un esodo, anche quelli più giovani. Tra il 2001 e il 2011, si contano 30.000 giovani serbi che hanno deciso di emigrare per mancanza di lavoro o di opportunità professionali nel loro campo. Tra la Sava e il centro storico, il Grad KC ospita per 10 giorni l’esposizione di una dozzina di scultori contemporanei. Anche se alcuni ammettono volentieri che “tutto passa in primo luogo attraverso la cultura underground“, molti lamentano la mancanza di mezzi per “essere in grado di creare progetti più ambiziosi“. E sognano altri luoghi: Asia, Europa occidentale o Scandinavia spesso sembrano la terra promessa.

L’impegno ecologico

Altra alternativa: un sacco di giovani artisti restano per fare dell’impegno una sorta di mantra. In questo caso, attivismo ecologico. Lungo il Danubio, nel quartiere di Ada Huja, famiglie ed escursionisti passeggiano lungo le sponde. Si sente l’essenza di un luogo appena costruito, circondato da ampi tratti di terreno incolto. Questo nuovo spazio verde è sede di un rifugio insolito. Una piccola capanna di forma circolare, un tetto coperto di erba e legno e pareti di paglia catturano la mia attenzione. Una originalità voluta dai due leader della ONG Kulturban, Tatjana e Dragan, una giovane coppia felice di aver potuto completare la creazione di questa casa verde, favorendo un minor consumo di energia con l’utilizzo delle fonti rinnovabili. Questo progetto rispecchia il loro impegno, come dice Dragan, di realizzare con un investimento minimo un luogo innovativo e rispettoso dell’ambiente. Missione quasi compiuta per questo progetto, perché dopo la realizzazione di sfilate di moda ecologica, laboratori artistici e didattici in collaborazione con le scuole della città per raccogliere fondi, questa casa hobbit appare come il loro più grande progetto dopo la creazione della ONG .

Tornati in città, sembra sia ritornato il tempo dei botellón spagnoli. Ma non è così. Nel passaggio tra piazza Nikola Pasic e strada Nusiceva, la strada ha assunto dal mese di aprile un’altra prospettiva. “La gioventù deve esprimersi“, dice un passante. Le reazioni degli abitanti sono moderate, ma quelli che si lamentano di non poter più parcheggiare la propria auto dovranno farci l’abitudine. Il collettivo Mikroart è riuscito a dare alla luce – dopo un anno e mezzo di lunghe procedure amministrative – a questa galleria di strada. Danilo Vukovic esprime anche il suo entusiasmo in occasione dell’apertura della sua mostra “Kunstleri Pariz-Beograd“. “Parigi e Belgrado sono città vicine“, mi dice. Attraverso i suoi adesivi apposti alle immagini, esprime la nostalgia di un’era di incoscienza dove si mescolano amicizie, infanzia, la paura e l’amore… un’epoca in cui la preoccupazione non esisteva.

Squat else

Tuttavia, l’espressione artistica rimane un leitmotiv assoluto per i giovani di Belgrado. E questo nonostante le vicissitudini della vita sociale o economica. Il centro culturale Bigz, enorme edificio rilevato da una vecchia fabbrica abbandonata, ora è stato trasformato in un luogo fondamentale per la nuova scena serba. Il Bigz riunisce studi pubblici che gli artisti possono affittare.

Incontro Srdjan, un giovane 22enne serbo che cambia le pelli delle casse della batteria prima del concerto serale. Si destreggia tra lavoretti, i suoi studi e la sua passione per la musica con la quale vorrebbe guadagnarsi da vivere. Paga l’affitto mensile del locale a circa 300 euro, insieme al suo gruppo, ma per lui la musica non ha prezzo. Scendo al sesto piano. Si passa dal punk all’elettronica, e i locali attrezzati diventano bar pubblici dove la rakija scorre a fiumi.

Dinamizzare i luoghi pubblici abbandonati, questo è quello che ha imparato a fare questa minoranza di giovani. Per aprire le mentalità, per mostrare alla loro città che il loro impegno produrrà un’immagine dinamica e moderna. Continuando su questa strada, avranno bisogno ancora di molto energia e motivazione per dare a Belgrado lo status di città culturale europea.

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