Balcani: cultura sospesa durante l’epidemia, sacrificata dopo

Con il divieto di riunirsi e la cancellazione delle varie manifestazioni in programma l’industria culturale dei Balcani è tra le prime colpite dall’epidemia coronavirus. Si pone la questione della sopravvivenza degli artisti durante ma anche dopo l’emergenza

30/03/2020, Nikola Radić -

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Concerto a Belgrado - © Nebojsa Markovic/Shutterstock

(Pubblicato originariamente da Courrier des Balkans il 27 marzo 2020)

“Tutti i miei concerti sono stati annullati con la dichiarazione dello stato d’emergenza. Anche le feste private sono state rinviate sino a nuove direttive”, racconta desolato Uroš, contrabbassista e membro di vari gruppi che suonano la sera nelle kafane o presso feste private. In marzo e aprile aveva una trentina di appuntamenti ma questo belgradese ha dovuto chiudere il suo contrabbasso nella custodia. “Passata la crisi penso che i ristoratori, e soprattutto i clienti, avranno bisogno di liberarsi della paura e tutto dovrebbe riprendere un corso normale. Ma se dura a lungo sarò obbligato a trovare una soluzione alternativa, anche di cambiare mestiere anche se non ho alcuna idea di cosa potrei fare”.

In questa situazione, artisti e operatori culturali – spesso in Serbia pagati in nero – sono pesantemente toccati. Per quanto riguarda chi esercita la propria attività artistica in piena legalità, i dispositivi attualmente in vigore non sono loro d’aiuto. “I musicisti possono procurarsi un permesso di lavoro, rilasciato dai sindacati dei musicisti. Un documento che permette di lavorare legalmente, di beneficiare della sicurezza sociale e di pagare i contributi pensionistici, ma non garantisce alcune indennità in caso di malattia o di situazioni eccezionali come quella che stiamo vivendo in questi giorni. I musicisti che vivono esclusivamente dei loro concerti dovrebbero godere di compensazioni finanziarie in queste circostanze”, continua Uroš.

La situazione è meno difficile per l’oboista italiana Vittoria, dipendente della Filarmonica di Zagabria, alla quale almeno il salario è garantito. “Sono due settimane che la nostra orchestra ha sospeso i concerti e le prove e tutto questo durerà almeno sino al 14 aprile. Anche prima di questa sospensione il mio supervisore aveva chiesto a me e ai miei tre colleghi italiani di non partecipare alle prove”, racconta. “Una sospensione lunga di prove e concerti rischia di far abbassare il livello della nostra orchestra e ci si metterà molto tempo a recuperare”.

“Situazioni come la crisi attuale dimostrano tutta la fragilità del mondo culturale e la necessità assoluta di un quadro normativo che permetta ai lavoratori di questo settore di condurre un’esistenza dignitosa”, sottolinea Ivana Pejić, responsabile editoriale del portale culturale croato Kulturpunkt. “Fiume, in quanto capitale europea della cultura, sente effetti immediati della pandemia. Dopo l’inaugurazione di febbraio la stagione iniziava ad essere più intensa in marzo. L’annullamento di tutta la programmazione culturale ed artistica e di tutti gli eventi pubblici rappresenta un duro colpo per tutta l’organizzazione”.

“La situazione è particolarmente difficile per la società civile, la cui sopravvivenza dipende dalla realizzazione di progetti ed è ancora più drammatica per gli artisti indipendenti le cui attività vengono cancellate una dietro l’altra. Non è solo messa in pericolo la loro salute, ma tutta la loro esistenza”, aggiunge Ivana Pejić.

In Slovenia ed in Serbia le organizzazioni del settore non hanno tardato a mobilitarsi ma le misure di sostegno tardano a prendere concretezza. In Montenegro la piattaforma Kultura Korektiv ha invitato il governo ad adottare indennizzi a favore degli artisti e ad esonerare le organizzazioni culturali dal costo degli affitti o di introdurre più flessibilità relativamente ai possibili ritardi di progetti in corso. Il governo montenegrino ha rapidamente reagito mettendo a disposizione 500.000 euro e aumentando il budget di appalti già avviati nel campo della cinematografia e dell’industria creativa.

Il ministero della Cultura montenegrino inaugurerà prossimamente un portale dal nome Mercato on-line dell’arte per aiutare gli artisti a piazzare le loro opere, non potendo più esporle in atelier e gallerie d’arte. “Dato che la vendita è l’unica fonte di guadagno di un gran numero di artisti indipendenti è quantomai necessario ricorrere a soluzioni alternative”, ha chiarito Aleksandar Bogdanović, ministro della Cultura del Montenegro.

In Croazia vi sono stati vari appelli, come quello dell’Iniziativa dei produttori, autori ed interpreti di teatro indipendenti; dell’Associazione degli organizzatori di concerti Romo o della Piattaforma per le condizioni di lavoro in ambito culturale o dell’iniziativa Dosta je rezova ! («Basta tagli») portano già dei frutti.

Il ministero della Cultura, in collaborazione con il Centro audiovisivo croato e la fondazione Kultura nova ha adottato varie misure come la creazione di un fondo di crisi o la proroga dei termini di scadenza di progetti che erano in corso di realizzazione.

Se queste prime iniziative aiutano ad attenuare l’impatto finanziario della crisi sanitaria, i pronostici di Ivana Pejić rimangono pessimistici: “Nel lungo termine la pandemia avrà sicuramente ripercussioni negative sul settore culturale, che resta l’obiettivo numero uno quando si deve stringere la cinghia. Tenuto conto del ruolo importante giocato dal settore turistico per il Pil croato, 17%, tra i più alti d’Europa, il fallimento atteso della stagione turistica causerà un buco nel budget statale. Di conseguenza è lecito aspettarsi nuovi tagli nell’ambito culturale, le cui risorse diminuiscono di anno in anno”.

Il suo collega della redazione, Lujo Parežanin , ritiene da parte sua che dalla crisi in corso si potranno trarre anche insegnamenti importanti: “È essenziale per il futuro della cultura non interpretare questa crisi solamente come una difficoltà da superare ma come una lezione su come viene trattato – in modo fallimentare – il lavoro culturale ed artistico nella nostra società”.

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