Azerbaijan, un Paese a due velocità
Il flusso di ricchezza e modernizzazione dovuto al boom petrolifero si ferma quasi esclusivamente nella capitale Baku. Le regioni periferiche restano arretrate, e la stessa agricoltura arranca di fronte alla concorrenza dei mercati internazionali. Nostra traduzione
Di Rovshan Ismayilov*, per Eurasianet, 13 agosto 2007 (titolo originale: "Azerbaijan: Baku Boom Has Yet to Hit Regions").
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta
All’interno dell’Azerbaijan convivono con difficoltà due mondi separati. Uno è Baku, la capitale del boom petrolifero del Paese, una metropoli sempre più luccicante di grattacieli, club esclusivi e boutique d’alta moda. Ma basta uscire non lontano da questa città di 2,9 milioni di persone e il quadro cambia bruscamente.
Le regioni periferiche dell’Azerbaijan – specialmente nelle aree rurali – sono intrappolate dal duplice problema della disoccupazione e del sottosviluppo dei trasporti. Qui i salari mensili (circa 120 – 150 dollari) sono meno della metà di quelli mediamente percepiti a Baku, stando alle statistiche ufficiali. Guidare un taxi privato è uno dei lavori più comuni per gli uomini locali.
La disparità deriva da un andamento irregolare dello sviluppo economico. A Baku può essere difficile trovare lavori per specialisti qualificati, però abbondano le opportunità per gli operai generici nell’edilizia, nei ristoranti e nei negozi. Pur non esistendo dati ufficiali, sono sempre di più i giovani che arrivano a Baku per gli studi universitari e successivamente restano a lavorare nella capitale.
"Di conseguenza noi abbiamo uno squilibrio economico abnorme, dato che fino al 90 per cento del PIL del Paese viene prodotto a Baku, mentre il resto dell’Azerbaijan ne produce solo il dieci per cento circa", ha commentato Rasim Huseynov, un esperto indipendente di economia, di Baku.
Il crescente divario economico risalta con maggiore evidenza nella differenza tra gli stili di vita. Baku è affollata di bar, nightclub, discoteche, piste di bowling e altri centri di divertimento frequentati tanto da uomini che da donne. Per contro, al di fuori della capitale, in tutto l’Azerbaijan non esiste neppure un nightclub o una discoteca.
"Vivere nel villaggio è noioso", si lamenta il diciassettenne Mobil Mammadov, residente nel villaggio di Asrik, presso il confine armeno. "Non c’è Internet, i giornali non vengono consegnati. Si può solo guardare il canale della televisione di Stato, che non è per nulla interessante". Il divertimento per i giovani nel villaggio di Mammadov si riduce al "Futprognoz," un gioco che fa parte del sistema di scommesse computerizzato Totalizator, e a cui si può accedere dalle città di tutto il Caucaso meridionale.
Il sogno di Mammadov è che nel villaggio apra un Internet caffè – il più vicino è a 25 chilometri, nel centro regionale di Tovuz. "Ho sentito parlare di Internet da amici che la utilizzano a Baku", dice. "Sembra eccitante".
Secondo Osman Gunduz, capo dell’Internet Forum dell’Azerbaijan, la schiacciante percentuale del 77 per cento degli utenti azeri di Internet, stimati in 700 – 800 mila, vive a Baku, e solo il 6 per cento vive al di fuori delle principali città regionali. Il governo ha lanciato un programma per favorire l’accesso al computer nelle regioni fornendo ciò che il ministro per le Comunicazioni Ali Abbasov definisce "prezzi preferenziali" per le macchine, ma l’impatto dell’iniziativa non è ancora noto.
L’esperto economico Huseynov comunque avverte che focalizzare l’attenzione sulle ovvie differenze tra città e campagna in Azerbaijan può dare un’immagine distorta della situazione.
"È sbagliato sostenere che in assoluto il boom petrolifero non abbia toccato le province", dice. "L’economia sta crescendo in tutto il Paese, nelle regioni vengono migliorate le principali infrastrutture ed è qui che si aprono nuovi stabilimenti industriali e nuovi alberghi, e il turismo si sta sviluppando".
Il Programma statale di sviluppo sociale ed economico delle regioni, introdotto nel 2004, mira ad affrontare questi squilibri promuovendo quei settori dell’economia che non dipendono dal petrolio. Huseynov e altri esperti vedono il principale punto di forza del programma nell’introdurre la competizione tra le dirigenze dei governi locali.
Il rapporto di programma del 2006 afferma che l’80 per cento dei 174.000 nuovi posti di lavoro creati in Azerbaijan lo scorso anno si trovavano fuori Baku. Allo stesso tempo, la spesa statale sta creando nuove strade, fabbriche, scuole, ospedali, e sta compiendo alcune migliorie nei servizi pubblici.
Ma al di fuori delle grandi città regionali questa situazione peggiora. L’agricoltura, asse portante per le regioni dell’Azerbaijan, ha prospettive relativamente scarse, sostiene un esperto. Importare gli alimenti è ora più conveniente che coltivarli sul posto, dice Inglab Ahmadov, direttore del Centro per il monitoraggio della finanza pubblica. "Paradossalmente i nostri contadini diventano sempre più poveri mentre i prezzi sui mercati agricoli crescono", valuta Ahmadov. "Il costo dei prodotti cresce per le spese di trasporto al mercato e per il ricarico al mercato stesso".
Questa situazione contribuisce a dare luogo ad un alto tasso di disoccupazione per le donne che vivono nelle regioni. "Le donne non hanno lavoro nelle province, devono starsene a casa", ha commentato Saida Hojamanly, presidentessa dell’Ufficio per la protezione dei diritti umani, una organizzazione non governativa di Baku. "Non ci sono posti d’impiego per le donne, eccetto che in famiglia e coi bambini".
Di conseguenza anche gli sbocchi sono pochi, continua. "Anche in città regionali relativamente grandi come Mingachevir o Guba non ci sono molte donne per le strade, per non dire nei caffè o nei ristoranti. Nelle regioni ogni cosa è concepita per gli uomini – impianti sportivi, caffè, ristoranti, chaykhana (case da tè)."
Anche se la legislazione azera in tema di parità dei diritti è vicina agli standard internazionali, la realtà dei fatti nelle regioni è molto più arretrata, aggiunge Mehriban Zeynalova, direttrice di Temiz Dunya (Mondo pulito), un gruppo di supporto per le donne. "La passività delle locali autorità esecutive, nonché dei governi municipali, è un grosso problema", ha detto.
Un simile squilibrio deteriora la situazione complessiva dei diritti umani nelle province, dicono gli attivisti. "Gli uffici di tutte le organizzazioni internazionali, come anche la maggior parte delle ONG che si occupano di diritti umani sono situate a Baku, sicché operano per lo più nella capitale", ha commentato Hajimurad Sadaddinov, presidente della Fondazione azera per lo sviluppo della democrazia e dei diritti umani, con sede a Baku. "I diritti delle persone nelle regioni vengono violati più spesso e più crudelmente".
Riusciranno mai questi "due" Paesi a diventare uno? Per ora l’esperto di economia Huseynov è scettico. Finché i soldi del settore energetico continueranno a scorrere, dice, "Baku resterà in tutti i sensi il centro del Paese".
*Rovshan Ismayilov è un giornalista freelance di Baku.