Azerbaijan, internet in tempo di guerra

Da quando a fine settembre sono iniziati i combattimenti con l’Armenia, il governo dell’Azerbaijan ha fortemente limitato, quando non persino sospeso, l’accesso a internet. Restrizioni che non riguardano i media filo-governativi

04/11/2020, Arzu Geybullayeva -

Azerbaijan-Internet-in-tempo-di-guerra

Christoph Scholz/Flickr (CC BY-SA 2.0)

Il 27 settembre il ministero dei Trasporti, delle Comunicazioni e dell’Alta tecnologia dell’Azerbaijan ha annunciato l’interruzione di internet in tutto il paese. Nel comunicato sul sito web del ministero si legge che la decisione di limitarne l’accesso è direttamente correlata ai combattimenti con l’Armenia, iniziati proprio il ​​27 settembre, per impedire la diffusione di “provocazioni armene”. Non sono state fornite ulteriori informazioni sulla durata o l’entità delle interruzioni. A poco più di un mese dall’inizio dei combattimenti, l’accesso a internet in Azerbaijan rimane limitato, e gli utenti si affidano a connessioni WiFi, operatori mobili e servizi di rete privata virtuale (VPN) per accedere al web, ai social media, bloccati anch’essi, e alle app di comunicazione.

L’Azerbaijan non è l’unico paese in cui sono state documentate in questi anni interruzioni di internet. Dal Sudan, Sri Lanka ed Etiopia a Myanmar e la Bielorussia, i governi usano sicurezza nazionale e interesse pubblico per giustificarne l’interruzione. Secondo un rapporto di Access Now, un’organizzazione che lavora per difendere ed estendere i diritti digitali delle persone a livello globale, nel 2019 ci sono stati almeno 213 casi documentati di interruzioni di internet in tutto il mondo. “Le chiusure sono palesi violazioni dei diritti alla libertà di espressione e accesso alle informazioni, tra i diritti umani colpiti”, si legge nel rapporto . Tra i motivi più comuni che giustificano la chiusura di internet troviamo "combattere notizie false, incitamento all’odio o contenuti che promuovono la violenza".

In Azerbaijan, l’efficacia della misura rimane da vedere, soprattutto alla luce del crescente utilizzo dei servizi VPN in tutto il paese. Sebbene non vi siano dati sulla diffusione dei provider VPN in Azerbaijan dall’inizio dei combattimenti, prove aneddotiche suggeriscono un aumento significativo. Lo dimostra anche il numero delle aziende che avvertono i propri clienti che i propri siti web e applicazioni non saranno accessibili agli utenti VPN. Un’agenzia di stampa statale ha messo in guardia gli utenti dai provider VPN gratuiti che, secondo quanto dichiarato, ruberebbero informazioni personali e le venderebbero a terzi. Come riportato da piattaforme multimediali indipendenti, ad alcuni lavoratori dipendenti è stato chiesto di eliminare le applicazioni VPN dai propri dispositivi mobili. Un account di social media ha affermato in un post di Facebook [non più disponibile al momento della stesura di questo articolo] che alcuni provider VPN sarebbero stati di fabbricazione armena e quindi sconsigliati.

Piattaforme di social media e app di comunicazione bloccate

Utilizzando le misurazioni OONI, è stato possibile confermare che, oltre a limitare l’accesso a internet in tutto il paese, il governo ha bloccato in modo continuo l’accesso a WhatsApp, Facebook, Telegram e Twitter.

L’8 ottobre, un articolo di Bloomberg ha riferito che il governo dell’Azerbaijan ha utilizzato la tecnologia Deep Packet Inspection (DPI) attraverso Delta Telecom (il principale provider internet del paese) per installare un sistema per bloccare i video in streaming live da YouTube, Facebook e Instagram usando Sandvine, una "società di apparecchiature di rete con sede in Canada specializzata nella gestione del traffico di rete e Deep Packet Inspection". La connessione con Sandvine è importante in quanto precedentemente utilizzata in paesi come la Turchia e l’Egitto per attivare spyware governativi.

L’Azerbaijan usa la tecnologia DPI dal 2017. All’epoca, questa tecnologia è stata utilizzata per bloccare l’accesso a decine di siti di media indipendenti che alla fine sono stati bloccati per ordine di tribunali. Nel 2018, la fondazione Qurium media ha rivelato che dietro il blocco c’era un’altra tecnologia DPI acquistata da Allot Communications, una società di sicurezza israeliana, per 3 milioni di dollari. In Azerbaijan Sandvine è rappresentata da Bestcomp Group con un ufficio registrato in 25 Nobel Ave., Baku White City Office Building. Sul suo sito , Bestcomp non precisa il tipo di tecnologia fornita da Sandvine, ma la presenta come un servizio che "crea reti intelligenti a banda larga che abilitano i fornitori di servizi di comunicazione (CSP) in tutto il mondo per business intelligence, generazione di entrate, ottimizzazione del traffico e sicurezza della rete".

Lo schema

La maggior parte dei paesi citati nel rapporto 2019 di Access Now sul blocco di internet coincide con quelli che occupano gli ultimi posti nelle classifiche globali sulla libertà di stampa. Secondo il World Press Freedom Index di Reporter Senza Frontiere, l’Azerbaijan si è classificato al 168° posto su 180 paesi nel 2020. La sua posizione in classifica è in costante calo dal 2013. Quest’anno, l’Azerbaijan è stato classificato "non libero" nel rapporto Freedom on the Net di Freedom House.

Anche il recente blocco di internet attesta un accesso diseguale. I giornali governativi e le agenzie statali sembrano aver goduto di accesso ininterrotto a internet, mentre il ministero della Difesa dell’Azerbaijan ha istituito un canale Telegram poco dopo il divampare delle tensioni, incoraggiando gli utenti a registrarsi per rimanere aggiornati sulle ultime novità e gli sviluppi dalla prima linea.

Le interruzioni di internet influenzano anche l’accesso all’istruzione a distanza. A seguito dei crescenti casi di coronavirus nel paese e delle tensioni in prima linea, la scuola è ferma dal 27 settembre in circa 20 regioni. Secondo quanto riferito, 9 studenti sono morti a seguito di attacchi su luoghi civili, mentre circa 50 scuole sono state distrutte. Le scuole dovrebbero riaprire online in questi giorni ma in un paese in cui già internet ad alta velocità e relative infrastrutture non sono accessibili a tutti, queste ulteriori limitazioni ostacoleranno di certo la didattica a distanza.

Le interruzioni di internet potrebbero inoltre danneggiare ulteriormente l’economia del paese. In Etiopia, una chiusura di quattro giorni nel 2019 è costata al paese 17 milioni di dollari. Infine, qualsiasi interruzione di internet soffoca l’accesso alle informazioni e persino bisogni fondamentali come la comunicazione con i propri cari. "Il blocco rappresenta una minaccia significativa per molteplici diritti umani fondamentali, tra cui la libertà di espressione, il diritto all’informazione e la libertà di riunione", si legge nel CIMA Digital Report pubblicato a maggio 2020. Se la questione territoriale rimane in cima all’agenda del governo dell’Azerbaijan, altre libertà e diritti come l’accesso libero e aperto a internet non dovrebbero finire nel dimenticatoio.

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta