Attentati in metropolitana
Le esplosioni avvenute nella mattina del 29 marzo nella metropolitana di Mosca hanno ricordato tragicamente agli abitanti della capitale che i problemi del Caucaso non riguardano solo remote regioni nel sud della Russia ma possono coinvolgerli direttamente
Mosca, 29 marzo. Due esplosioni colpiscono la metropolitana, il cuore battente della capitale russa, il mezzo che buona parte dei moscoviti utilizza quotidianamente per andare al lavoro, a studiare, a fare spese. I treni viaggiano a ritmi serrati a Mosca, a meno di un minuto di distanza tra una corsa e l’altra, unendo le spoglie stazioni della periferia e quelle del centro, decorate riccamente da marmi raffinati e statue bronzee realizzate in epoca sovietica. I vagoni sono affollatissimi e spesso nelle ore di punta bisogna lasciar passare qualche corsa prima di riuscire a salire in vettura, tra spintoni e imprecazioni sussurrate.
È in una situazione di questo tipo che hanno avuto luogo gli attentati, alle 7.50 e alle 8.39 di un lunedì mattina, quando al normale transito di passeggeri si aggiungono tutte quelle persone che sono a Mosca per lavoro o studio, ma nel fine settimana abbandonano la capitale per tornare da parenti e cari nelle proprie cittadine d’origine. Sono impiegati, studenti, pensionati, ma anche rappresentanti della borghesia moscovita che utilizzano quello che è semplicemente il mezzo più efficiente per muoversi nella trafficatissima capitale. La metropolitana di Mosca trasporta ogni giorno fino a 10 milioni di passeggeri, e fino a un milione transitano sulla linea rossa, la linea colpita dagli attentatori con fermate che permettono di accedere alla maestosa cattedrale di Cristo il Salvatore, al Cremlino e alla Piazza Rossa. Le esplosioni hanno colpito la fermata “Park Kultury”, trafficata stazione di scambio con la linea circolare, e “Lubjanka”, situata sotto la sede dei servizi segreti russi, l’ex-KGB.
Le autorità russe non sembrano avere dubbi riguardo alla natura delle esplosioni che hanno causato 39 morti e decine di feriti gravi. Secondo i primi accertamenti infatti, l’attentato sarebbe stato realizzato da due donne di origine caucasica che portavano cinture esplosive dalla forza equivalente a tre chilogrammi di tritolo. Non vi sono per il momento rivendicazioni e le indagini sembrano concentrate su due donne che hanno accompagnato in metropolitana le due attentatrici suicide.
In Russia t[]ismo è sinonimo di Caucaso e la presenza di attentatrici suicide non lascia per il momento spazio ad altre piste di indagine. Gli attentati di Mosca trovano quindi probabilmente la loro origine nelle repubbliche del Caucaso settentrionale maggiormente colpite dal fenomeno del t[]ismo, in particolare Inguscezia, Cecenia e Daghestan, regioni in cui attentati e scontri tra forze di polizie e ribelli che spesso coinvolgono anche civili sono un fenomeno quotidiano. Secondo Kavkazskij Uzel, principale media online che si occupa della regione, nel corso del solo 2009 scontri e attentati avrebbero causato 892 morti nelle repubbliche del Caucaso del nord, di cui 319 in Inguscezia, 280 in Cecenia, 263 in Daghestan. In quest’area, si sono registrati 172 attentati, 13 dei quali realizzati da attentatori suicidi.
Attentati t[]istici e morti violente sono purtroppo un fenomeno frequente in Russia, quasi quotidiano. Ma di solito queste tragedie avvengono nella periferia del Paese, lontano dall’attenzione dei media internazionali e spesso degli stessi media russi. In Russia centrale sembra diffusa la percezione del Caucaso settentrionale come “estero interno”, come una regione che funziona con regole proprie e i cui processi non coinvolgono direttamente chi non vi abita. Gli attentati alla metropolitana hanno dimostrato il contrario e hanno ricordato anche a chi abita nella capitale che nel Paese è in corso un conflitto che li può coinvolgere in prima persona.
Sembra improbabile che gli attentati del 29 marzo portino a significativi cambiamenti nella strategia caucasica di Mosca. Con lo stabilimento nel gennaio di quest’anno di un nuovo distretto federale mirato ad attirare investimenti nel Caucaso del nord, il Cremlino sembra intenzionato a porre lo sviluppo economico come chiave di volta per portare stabilità alla regione. È comunque ancora troppo presto per capire se questo nuovo approccio porterà dei frutti, soprattutto in regioni come la Cecenia, dove il presidente Kadyrov cerca di imporre l’ordine con un mix di clientelismo e repressione, o l’Inguscezia, dove secondo i dati ufficiali la disoccupazione supera il 50 per cento e le forze di sicurezza federali pattugliano costantemente le strade.
Facile intuire invece come gli attentati a Mosca una conseguenza l’avranno, e immediata. Persone di origine caucasica sono considerate come immigrati a Mosca, sono vittime di frequenti controlli da parte delle forze di polizia e di episodi di discriminazione. Sembra probabile che fenomeni di questo tipo si intensifichino nel prossimo futuro.