Karen è arrivato a Yerevan alla fine di settembre con i suoi genitori. Ha potuto portare con sé solo alcuni oggetti essenziali e vestiti pesanti. Poco dopo si sono stabiliti in una delle regioni di confine. Dice di essere scappato dai rumori della capitale, per poter riordinare i pensieri e immaginare il futuro.

Aveva pochissimi risparmi con sé: la sua famiglia ha ricevuto sussidi statali. “All’inizio è stato difficile, ma ora mi sono ripreso, non sono più depresso, qui mi hanno aiutato molto”.

Karen è un avvocato. All’inizio ha lavorato in un’azienda privata, ma in seguito ha trovato un lavoro più interessante presso un’istituzione statale. Per poter lavorare lì doveva ottenere la cittadinanza armena: il certificato di residenza temporanea non era sufficiente.

“Quando siamo arrivati in Armenia, come tutti gli altri, siamo stati registrati e abbiamo ricevuto un certificato di protezione temporanea, ma in realtà ho pensato di ottenere la cittadinanza dal primo giorno in cui sono arrivato. Non puoi vivere come un rifugiato per sempre, ti serve un passaporto. Sono armeno, non riesco a immaginarmi altrove, per questo ho chiesto la cittadinanza senza esitazione”, racconta, aggiungendo che i suoi genitori hanno fatto lo stesso.

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