Armi croate in Siria, tramite l’Arabia Saudita

Nel 2016 Zagabria ha venduto un quantitativo senza precedenti di vecchi armamenti all’Arabia Saudita, pur sapendo che queste vengono regolarmente inviate in Siria. In violazione, quindi, delle normative internazionali

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Fermo immagine di mortaio Elmech prodotto a Krapinska Toplica, in Croazia e abbandonato dai ribelli in Siria in seguito all'avanzata dell'esercito. @CT_operative

(Inchiesta originariamente pubblicata dal portale OCCRP il 21 febbraio 2017)

Nell’ultimo anno la Croazia ha drasticamente aumentato la vendita all’Arabia Saudita di armi e munizioni vecchie di decenni, nonostante vi sia un numero crescente di prove che esse siano inviate poi in Siria in aperta violazione delle norme europee e del diritto internazionale.

Nonostante la monarchia saudita abbia uno degli eserciti dotati dei migliori e più costosi equipaggiamenti del Medio Oriente, nei primi nove mesi del 2016 Riyad ha importato dalla Croazia vecchie munizioni, incluse pallottole, mortai, razzi, lanciarazzi e lanciagranate per un ammontare di 81,7 milioni di dollari statunitensi, un valore doppio rispetto alle vendite registrate nei quattro anni precedenti.

Igor Tabak, analista militare croato, afferma che la Croazia attualmente non produce munizioni: "È probabile che le esportazioni provengano quindi da munizionamento vecchio, verosimilmente dalle scorte che risalgono alla Jugoslavia e da produzioni dell’Europa orientale".

La Croazia nega di aver lucrato sulla liquidazione di vecchi armamenti che finirebbero sui campi di battaglia siriani, ma i documenti del ministro della Difesa rivelati dal Balkan Investigative Reporting Network (BIRN) e dall’Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP) mostrano un’impennata nella vendita delle riserve di armamenti in coincidenza con l’inizio della guerra civile siriana nel 2012.

Dai rapporti annuali del ministero della Difesa risulta che questo avrebbe venduto all’incirca 5.000 tonnellate di munizioni nel 2013-2014, un quantitativo pari a quello venduto nei dieci anni precedenti. Lo stesso ministero non ha risposto alla richieste di informazioni su chi abbia comprato gli armamenti e se ci siano state vendite ulteriori nel 2015 e nel 2016.

Esportazioni di armi: un segreto di stato

La Croazia è stata tra i primi paesi a fornire armi ai ribelli siriani nell’inverno 2012. Secondo un’inchiesta del 2013 del New York Times, l’invio è stato realizzato con il supporto logistico della CIA attraverso la Giordania, e i costi sarebbero stati coperti dall’Arabia Saudita.

In seguito alla crescente attenzione mediatica sul caso, nel tentativo di tenere il tema al riparo dall’attenzione della stampa, la Croazia ha precipitosamente rimosso informazioni chiave dai documenti ufficiali, come ad esempio la destinazione finale delle esportazioni. Il ministero dell’Economia, responsabile delle licenze per l’import/export di armi e munizioni, ha giustificato questa mossa sostenendo che la legge del 2012 sulla protezione dei dati personali impedisce la diffusione di informazioni di questo tipo. L’affermazione è smentita dall’Agenzia per la Protezione dei Dati, secondo la quale la legislazione si applica solo agli individui e non alle aziende o ai governi. Cinque organizzazioni non governative hanno definito la rimozione delle informazioni come un "indebolimento preoccupante nella trasparenza".

OCCRP e BIRN tuttavia sono riusciti a risalire ai dati in questione tramite un database poco conosciuto delle Nazioni Unite, Comtrade , che contiene statistiche annuali sul commercio di oltre 170 paesi. I dati disponibili in Comtrade mostrano come la Croazia abbia esportato in Giordania munizioni per un valore di 36 milioni di dollari nel giro di due anni, a partire dallo scoppio della guerra civile siriana nel 2012.

In seguito all’attenzione rivolta alle responsabilità della Croazia, l’Arabia Saudita è subentrata nel circuito importando munizionamento per un valore superiore ai 124 milioni di dollari dal 2014 – due terzi dei quali solo nei primi nove mesi del solo 2016.

Prima del 2012, il commercio di armi tra Croazia, Giordania e Arabia Saudita era praticamente inesistente. Dal 2012, quasi tutti i proventi della Croazia derivanti dalla vendita di munizioni provengono dalla Giordania o dall’Arabia Saudita.

Un’indagine precedente di BIRN e OCCRP ha mostrato come la Croazia abbia autorizzato licenze per esportare armi per un valore di 302 milioni di dollari durante tale periodo. A meno che le licenze non vengano revocate, sono previste esportazioni future per milioni di dollari.

Nelle mani sbagliate

Alcuni esperti mettono in evidenza prove video e fotografiche dell’utilizzo in Siria di lanciagranate RBG-6 di fabbricazione croata e sistemi di lanciarazzi multipli RAK-12. I funzionari croati da parte loro contestano la loro origine, facendo notare che armi simili sono prodotte dovunque.

Nuove analisi da parte di BIRN e di OCCRP hanno tuttavia ribadito che si tratta senza dubbio di armi di fabbricazione croata.

Tra le armi e le munizioni identificate in grandi quantità in Siria ci sono i lanciagranate RBG-6 e i sistemi lanciarazzi multipli RAK-12, così come razzi e proiettili da mortaio prodotti negli anni ’90, dopo che la Croazia si era scissa dalla Jugoslavia. Fra le prove raccolte vi sono due video di riserve segrete di armi catturate ai ribelli dall’esercito governativo siriano – filmato nel dicembre 2016 da Russia Today – che mostrano proiettili di mortaio e razzi di fabbricazione croata non utilizzati. Oltre a questi, tre immagini condivise su Twitter nel 2015 e nel 2016 mostrano dei lanciagranate RBG-6 in uso o in vendita in Siria. Questo modello è prodotto solo in Croazia. Infine, due video mostrano anche la prima armata e il movimento Noureddine Zanki, fazioni moderate sostenute dagli Stati Uniti, intente a utilizzare lanciarazzi RAK di cui la Croazia era l’unica produttrice.

Ma non sono solo i cosiddetti gruppi di opposizione moderati siriani ad essersi garantiti l’accesso alle armi di fabbricazione croata. "Recentemente abbiamo constato l’utilizzo di queste armi anche da parte di gruppi affiliati a ISIS e Jabhat al-Nusra, nonostante resti poco chiaro come se le siano procurate: potrebbero essere state sottratte ad altri gruppi o scambiate, oppure potrebbero essere state vendute direttamente a questi gruppi" afferma Eliot Higgins, citizen journalist e fondatore di Bellingcat, che usa informazioni provenienti da fonti a libero accesso e da social media per tracciare la presenza e la provenienza degli armamenti utilizzati negli scenari di conflitto in varie parti del mondo.

Sia Amnesty International che il Washington Institute for Near East Policy hanno riportato come l’ISIS e Jabhat al-Nusra abbiano ottenuto razzi e lanciagranate di fabbricazione croata e jugoslava fin dal 2013.

Le smentite del governo

Interpellato in merito alla vicenda da BIRN e OCCRP, Darko Kihalić, capo del dipartimento che fornisce le licenze per le armi al ministero dell’Economia, afferma che non vi è alcuna irregolarità nella vendita di armi da Zagabria all’Arabia Saudita fintanto che questi scambi sono accompagnati da regolari documenti. Aggiunge inoltre che al momento degli scambi non era in vigore alcuna restrizione sulle esportazioni all’Arabia Saudita, e che le imprese croate hanno diritto di guadagnarsi da vivere.

Quando gli è stato chiesto se fosse consapevole che le armi di fabbricazione croata comprate dall’Arabia Saudita venivano successivamente spedite in Siria, Kihalić ha risposto: "I documenti con cui le armi sono state esportate dalla Croazia all’Arabia Saudita affermano che quegli armamenti non potranno essere ulteriormente esportati o rivenduti da Riyad".

I gruppi per la protezione dei diritti umani contestano le argomentazioni di Kihalić. Patrick Wilcken, ricercatore di Amnesty International, afferma che la Croazia è obbligata a adottare misure per evitare che le armi vengano cedute ad un paese terzo e che vengano usate per compiere violazioni dei diritti umani. Date le numerose prove di un dirottamento sistematico delle armi dall’Arabia Saudita a gruppi armati in Siria, il mancato controllo da parte della Croazia sulla destinazione finale degli armamenti potrebbe sfociare in una violazione della posizione comune dell’Unione Europea del Trattato sul Commercio di Armi.

Bodil Valero, europarlamentare svedese dei Verdi già rapporteur parlamentare sul tema armamenti ha criticato la Croazia chiedendo controlli più serrati da parte UE sui paesi membri che esportano armi. "La Croazia ha usato l’Arabia Saudita poiché non le è concesso esportare verso la Siria e queste armi finiscono nelle mani dell’ISIS e dei Curdi" ha dichiarato a BIRN e OCCRP "dobbiamo fare molto di più."

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