Armenia-Turchia, il dopo-partita

L’apertura nelle relazioni tra Turchia e Armenia offre una speranza di dialogo e nuovi ruoli per i due paesi nello scenario caucasico

06/11/2008, Kristine Gasparyan - Yerevan

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A due mesi dalla visita del presidente turco Abdullah Gül in Armenia, circolano a Yerevan ancora animate discussioni sulle relazioni turco-armene dopo lo "storico" incontro di calcio. Tre sono i temi principali e fondamentali per le relazioni tra i due paesi vicini: il conflitto nel Nagorno Karabakh, il riconoscimento del genocidio armeno e l’apertura dei confini e il ristabilimento dei rapporti diplomatici.

Rispetto al genocidio, la diaspora armena è strettamente coinvolta nelle relazioni turco-armene; quindi non è una questione che si possa sistemare tra i soli governi di Armenia e Turchia. La diaspora armena agisce come un organismo autonomo e separato, che non può essere presentato come un ‘qualcosa’ diretto da Yerevan, ma piuttosto come un ponte tra l’Armenia e quei paesi che in diverse epoche storiche hanno accolto i profughi armeni. Anche immaginando che un giorno Yerevan ordini che in tutto il mondo non si organizzino più attività dirette al riconoscimento del genocidio (il che francamente parlando non è realistico, alla luce dell’attuale situazione in Armenia), per la diaspora questo risulterebbe difficilmente accettabile. Ecco perché il tema del genocidio dovrebbe essere presentato separatamente e in una forma non politica.

La situazione di stallo nelle relazioni turco-armene trova le sue radici innanzi tutto nella tensione tra Armenia e Azerbaijan sul conflitto del Nagorno Karabakh. Il ritiro delle forze armene da Artsakh (Nagorno Karabakh) per anni è stato considerato da Ankara una precondizione perché si normalizzassero le relazioni con l’Armenia. Oggi l’aspetto più importante che interessa tutti in Armenia, Turchia e Azerbaijan è se la ‘storica’ visita in Armenia porterà a dei passi in avanti nei rapporti tra i due stati. Il primissimo passo potrebbe essere l’apertura dei 325 km di frontiera e il ristabilire i rapporti diplomatici.

Abdullah Gül, durante una conferenza stampa all’aeroporto di Ankara subito dopo l”importante" meeting a Yerevan, ha definito l’incontro "in generale positivo e costruttivo". Tra le altre cose, i colloqui hanno toccato il tema del conflitto nel Nagorno Karabakh, che il presidente Gül ha sottolineato essere la questione più importante del Caucaso. Egli si è detto "felice di sapere che l’Armenia appoggia la proposta turca per la costituzione di una Piattaforma per la sicurezza e la cooperazione nel Caucaso", secondo quanto riferito dal quotidiano turco Hurriyet.

Circolano diverse opinioni sul possibile impatto dell’incontro di Yerevan tra i due presidenti. Si può dire che finora non ci sono stati effetti eclatanti. I negoziati sono ancora in corso. Quali sarebbero i benefici per ciascuna delle due parti, nel caso si venissero a stabilire relazioni di buon vicinato? Diversi politici in Armenia hanno espresso l’opinione che sarebbe la Turchia, più dell’Armenia, a beneficiare di questo meeting. Per la Turchia è stata un’occasione per dimostrare all’Occidente la sua buona volontà nel costruire la pace e la stabilità nella regione.

I recenti eventi illustrano che oggi Ankara è fortemente interessata a regolarizzare le relazioni turco-armene. L’attuale politica è intesa ad evitare una polarizzazione nella regione, con Armenia e Russia da una parte e Turchia, Azerbaijan e Georgia dall’altra.

Diverse forze politiche si sono espresse contro una possibile regolarizzazione delle relazioni tra i due vicini, specialmente in Azerbaijan. In Armenia l’approccio si è dimostrato più costruttivo. Benché la Federazione rivoluzionaria armena Dashnaktsutyun (ARF-D) abbia organizzato delle proteste di piazza a Yerevan, queste iniziative sono state comunque poco partecipate e di carattere più che altro dimostrativo. Perfino l’opposizione radicale in Armenia ha approvato questo gesto diplomatico di Armenia e Turchia.

Il Centro armeno di studi strategici e nazionali ha condotto un sondaggio d’opinione da cui risulta che il 24% dei partecipanti ritiene possibile una riappacificazione nelle relazioni turco-armene, il 34% impossibile, e il 43% dei partecipanti è dubbioso sulla possibilità di una tale ‘tregua’. Mentre il 76% sostiene la linea politica armena sulle relazioni turco-armene, ovvero la volontà di stabilire rapporti di buon vicinato senza precondizioni, cioè senza un preventivo riconoscimento del genocidio armeno, l’11% è categoricamente contrario a qualsiasi relazione.

Il meeting non ha risolto i problemi, ma ha generato una nuova atmosfera nelle relazioni e la speranza di una loro regolarizzazione. Il secondo incontro tra i presidenti di Armenia e Turchia è avvenuto a New York, nel contesto della 63a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, iniziata il 16 settembre. Un incontro a tre tra Armenia, Turchia e Azerbaijan ha avuto luogo a livello di ministri degli Affari esteri. Le parti hanno dichiarato che nel corso del meeting è stata discussa la Piattaforma per la sicurezza e la cooperazione nel Caucaso proposta dalla Turchia, vale a dire che il tema del conflitto nel Nagorno Karabakh non è stato toccato. Ciò può essere visto come un riflesso dei recenti tentativi da parte di Turchia e Azerbaijan di escludere i negoziati sul Nagorno Karabakh dalla cornice del gruppo di Minsk, il che è un chiaro indicatore dell’intenzione di includere la Turchia nei negoziati con l’Armenia.

Non si può fare a meno di chiedersi quale degli scenari delineati "sopravviverà" : i leader turchi porranno gli interessi del loro paese al di sopra di quelli dell’Azerbaijan? Gli armeni accetteranno di ritirarsi da alcune delle zone cuscinetto intorno al Nagorno Karabakh? Per il momento si può trarre una conclusione: dopo gli eventi dell’ 8 agosto, l’Armenia ha assunto nell’equilibrio dei poteri nel Caucaso un significato strategico che la Turchia non può trascurare.

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