Armenia e Azerbaijan, il valzer dei (mancati) incontri

Domani 26 novembre dovrebbe tenersi nella località turistica russa di Sochi un incontro trilaterale tra Armenia, Azerbaijan e Russia. Al centro dell’iniziativa diplomatica possibili accordi tra i due paesi belligeranti. Le informazioni però sono ancora poche

25/11/2021, Onnik James Krikorian -

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© LukeOnTheRoad7Shutterstcok

Lo scorso 9-10 novembre sono presto svanite le speranze per un possibile incontro tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev e il russo Vladimir Putin. Nel frattempo si sono verificati nuovi scontri al confine tra Armenia e Azerbaijan: è stato il momento peggiore dal cessate il fuoco del 2020.

Intanto volano le accuse reciproche tra Armenia e Azerbaijan per i combattimenti che hanno causato la morte di almeno sei soldati armeni e sette azerbaijani. Si ritiene inoltre che circa due dozzine di soldati armeni siano stati fatti prigionieri dall’Azerbaijan. Questo, insieme alle preoccupazioni riguardo a quelli già detenuti da Baku dalla fine dello scorso anno, ha incrinato ogni speranza di svolta.

Almeno fino ad ora.

Come suggerito da Radio Free Europe a metà ottobre, l’Unione europea ha lavorato ad un incontro tra Aliyev e Pashinyan a margine del Vertice di partenariato UE in programma a Bruxelles il mese prossimo. Lo ha confermato il 19 novembre Charles Michel, presidente del Consiglio europeo. La Russia, non volendo vedere sminuito il proprio ruolo, è riemersa però come possibile facilitatrice di un incontro, confermato finora per il 26 novembre nella località balneare russa di Sochi.

Alimentando le speculazioni sulla possibile firma di due accordi, il primo ministro armeno Pashinyan ha anche rilasciato la sua prima intervista dal vivo, dopo più un anno, il giorno stesso in cui è stato annunciato l’incontro. In diretta sulla televisione pubblica armena, Facebook e YouTube, si è quindi improvvisamente riattivato quello che sembrava essere un processo politico frustrato dal disaccordo tra le parti.

Le ragioni del fallimento dell’incontro del 9-10 novembre, come qui riportato all’inizio di questo mese, sono ancora oggetto di speculazioni. Alcuni analisti armeni suggeriscono richieste dell’ultimo minuto da parte azerbaijana. Nella sua intervista in diretta, tuttavia, Pashinyan ha attribuito il problema al simbolismo della data, il primo anniversario del cessate il fuoco del 2020.

In un podcast dell’Armenian News Network-Groong, l’analista regionale da Yerevan Benyamin Poghosyan ha ipotizzato che Pashinyan si fosse effettivamente ritirato dall’incontro del 9-10 novembre a causa della data delicata. Concorda Richard Giragosian, direttore del Centro studi regionali, che tuttavia cita anche altri problemi.

"Sebbene il governo armeno abbia spiegato molto male il proprio approccio diplomatico, sembra che l’insistenza dell’Azerbaijan su richieste dell’ultimo minuto, tra cui l’impegno dell’Armenia a riconoscere l’integrità territoriale e i confini dell’Azerbaijan, abbia effettivamente fatto deragliare l’incontro he ra stato pianificato", ha dichiarato tramite e-mail.

Tuttavia risultano poco credibili le affermazioni di Pashinyan secondo cui i prossimi colloqui del 26 novembre a Sochi sarebbero stati concordati con largo anticipo: in particolare alla luce di quella che ora sembra essere una raffica di attività diplomatica internazionale. Il discorso del primo ministro armeno è sembrato preparare la popolazione a ciò che potrebbe accadere dopo.

Tuttavia, per qualsiasi attento osservatore della situazione del dopoguerra, non c’era nulla di nuovo nelle risposte di Pashinyan all’elenco di domande accuratamente redatte. Si è trattato, tuttavia, di uno sforzo evidente per chiarire in anticipo la posizione dell’Armenia.

"La mancanza di informazioni promuove solo il rischio di disinformazione", afferma Giragosian. "E la gestione russa del processo crea un ulteriore pericolo di manipolazione esterna, rendendo Yerevan e Baku vulnerabili all’agenda di Mosca" .

Pashinyan ha affermato che sia l’Armenia che l’Azerbaijan avevano già riconosciuto la reciproca integrità territoriale quando sono entrati a far parte della Comunità degli Stati Indipendenti nel 1991. Ha anche ribadito che qualsiasi collegamento tra l’Azerbaijan e il Nakhichevan attraverso il territorio armeno non sarebbe andato a scapito della sua sovranità. C’è anche la questione dell’eventuale presenza di controlli doganali e di frontiera.

Durante l’intervista, durata oltre due ore, Pashinyan ha anche chiarito le speculazioni su eventuali accordi che potrebbero essere firmati nel prossimo futuro, e soprattutto in merito ad un confine conteso. "Un possibile documento si baserà sulla formazione di una commissione da parte di Armenia e Azerbaijan che comincerà a occuparsi della delimitazione dei confini", ha affermato.

Non è chiaro se un documento del genere potrebbe essere firmato alla fine di questa settimana, ma i tempi della conferenza stampa fanno pensare che potrebbe essere sul tavolo. Indipendentemente da ciò, sostiene Giragosian, rimangono irrisolti alcuni ostacoli e problemi.

"Dato il ritardo nella restituzione di tutti i prigionieri di guerra e dei detenuti civili dalla prigionia azera, il necessario ritorno alla diplomazia non fa che aumentare il ritardo nel raggiungimento di un accordo di pace", afferma. "In questo contesto, il calendario per un tale accordo di pace spetta in gran parte al governo azero e dipenderà da quando Baku sarà pronta a impegnarsi nuovamente nel processo di pace”.

Al momento della stesura di questo articolo, le speranze che una svolta potrebbe essere imminente e arrivare all’incontro di Sochi sembrano essere sostenute dai movimenti diplomatici dell’ultimo minuto. Il giorno dopo l’intervista televisiva di Pashinyan, il vice primo ministro russo Alexei Overchuk ha visitato sia Baku che Yerevan.

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