Aria di festa

Il primo anno di indipendenza, per il Kosovo, si chiude con luci ed ombre. Al di là dei giudizi politici, però, per gli albanesi kosovari il 17 febbraio resta una data tutta da festeggiare, soprattutto per aver messo alle spalle lo stallo dovuto alla questione dello status

17/02/2009, Veton Kasapolli - Pristina

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Indipendenza - F. Martino

In questi giorni il tempo non è stato molto clemente con il Kosovo, con i termometri che hanno faticato a superare lo zero. Le temperature rigide dell’inverno non hanno però intaccato l’atmosfera festiva a Pristina nel primo anniversario dell’indipendenza, proclamata il 17 febbraio 2008.

Le nuove bandiere giallo-blu hanno invaso le strade della città, accompagnate da un numerose bandiere albanesi (visto che, evidentemente, gli albanesi del Kosovo faticano a pensare ad una festa senza l’aquila bicipite in campo rosso) e da vessilli del principale supporter dell’indipendenza, gli Stati Uniti d’America.

Al programma dei festeggiamenti, fuochi d’artificio e concerti, si aggiunge la vista insolita, in questo periodo dell’anno, di molte macchine con targa straniera. "Un anno fa la dichiarazione di indipendenza ci ha colto di sorpresa", dice Luan, 39 anni, emigrato a Londra. Quest’anno però Luan e la sua famiglia non hanno voluto mancare al primo anniversario. "Tutti gli albanesi all’estero, l’anno scorso, hanno seguito gli eventi in tv. Essere qui di persona, però, in questo anniversario, ha tutto un altro sapore".

La diaspora kosovara, di solito, torna a casa per le vacanze estive, molto più raramente per le festività islamiche o per l’anno nuovo. Il primo anniversario dell’indipendenza è sembrato però a molti un’occasione da non perdere. Per molti commercianti, questo significa anche la speranza di vendere qualcosa nella magra stagione invernale.

Nonostante il governo abbia stanziato circa 150mila euro per i festeggiamenti, alcuni emigranti tornati per l’anniversario potrebbero restare piuttosto delusi perché, a parte qualche concerto e lo spettacolo pirotecnico serale, non sono previsti eventi speciali. Per non lasciare nessuno scontento, però, un souvenir che rappresenta il Kosovo come stato indipendente attende gli emigranti alla loro partenza.

Un anno in chiaro-scuro

Per il Kosovo indipendente il primo anno di vita si chiude con un bilancio in chiaro-scuro. Oggi il paese è riconosciuto da 54 stati, tra cui 22 membri dell’UE, ma anche molte isole semi-sconosciute del Pacifico. Tre mesi dopo la dichiarazione d’indipendenza è entrata in vigore la nuova costituzione, basata sulle proposte di Martti Ahtisaari, vincitore quest’anno del Nobel per la Pace.

La costituzione approvata è formalmente molto avanzata, soprattutto per quanto riguarda l’inclusione delle minoranze, se si esclude l’ "amnesia" rispetto alla minoranza montenegrina, dimenticanza che ha complicato non poco lo svilupparsi di normali rapporti bilaterali tra Pristina e Podgorica.

Tra i riconoscimenti arrivati, quelli di Montenegro e Macedonia sono stati per il Kosovo di particolare importanza. Senza il riconoscimento dei propri vicini, il Kosovo rischiava infatti l’isolamento regionale, visto che all’inizio gli unici a stabilire rapporti diplomatici con Pristina sono stati i "fratelli" di Albania.

La "battaglia dei riconoscimenti", promossi dal Kosovo ed osteggiati dalla Serbia, è comunque ancora in pieno svolgimento, ed ha vissuto un momento di svolta nello scorso ottobre, con l’accettazione in sede Onu della richiesta di Belgrado di far vagliare la legalità della dichiarazione di indipendenza dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja.

Quest’anno ha poi visto importanti sviluppi per quanto riguarda le missioni internazionali attive nel paese. L’Unmik ha ridotto la propria presenza, dando spazio a dicembre 2008 alla missione europea Eulex, un avvenimento visto come sicuramente positivo da Pristina.

La novità più importante nel settore della sicurezza è arrivata il mese scorso con il lancio della Kosovo Security Force (KSF), che ha mandato in pensione il Kosovo Protection Force dopo nove anni di presenza sul terreno. La KSF si delinea come un corpo armato alla leggera con compiti di protezione civile. La forza a guida Nato attiva in Kosovo (Kfor) rimane comunque presente con circa 15mila uomini.

Secondo l’analista Shpend Ahmeti, nonostante i molti passi in avanti fatti in questo anno molti in Kosovo sono insoddisfatti. "I leader hanno fatto molte promesse, e molti cittadini hanno creduto che l’indipendenza potesse risolvere ogni problema. Questo però, non è successo". Per Ahmeti, dai leader politici kosovari si devono pretendere più risultati, ma soprattutto maggiori assunzioni di responsabilità.

Se il nord va via

Le autorità kosovare non hanno alcun controllo del territorio a nord del ponte-simbolo che divide la città di Mitrovica, né dei movimenti di beni e di persone che transitano da e per la Serbia.

L’incapacità di assicurare il proprio controllo su questa parte del territorio è facilmente individuabile come il maggiore dei problemi a cui Pristina non è riuscita a dare una risposta nel corso dell’anno. La situazione è addirittura peggiorata, e il Kosovo settentrionale è de facto una regione separata dal resto del territorio.

Relativamente alla minoranza serba, quest’anno il Kosovo può vantare un solo grande successo, che però non deve essere sottovalutato: contrariamente a quanto previsto da molti osservatori, la dichiarazione di indipendenza non ha causato alcun esodo di massa dei serbi del Kosovo.

Nuove temi, nuove sfide

Uno degli effetti più positivi della definizione dello status è stato lo spostarsi dell’attenzione collettiva, dai dibattiti politici alla copertura mediatica, verso nuovi temi. Finalmente si è iniziato a discutere di temi sociali, di diplomazia e di sviluppo economico.

Anche il ritornello ripetuto dalla leadership kosovara prima del 17 febbraio 2008, secondo cui l’incapacità amministrativa era esclusiva conseguenza della mancanza di status, oggi ha perso gran parte della sua forza persuasiva. Opposizione, mondo delle ong e media hanno iniziato a giocare al ruolo di "controllori" dell’azione di governo con più convinzione.

Anche qui, però, le sfide aperte rimangono molte. La capacità di spesa delle famiglie resta bassa, e il 44% dei kosovari vive oggi con meno di 1,25 euro al giorno. Il nuovo governo, entrato in carica due mesi prima dell’indipendenza, ha promosso la costruzione di strade, scuole ed edifici pubblici, ma ha fatto ben poco per mettere un freno alla corruzione dilagante.

I casi di malversazione vengono segnalati regolarmente sugli organi di stampa, ma difficilmente arrivano nelle aule dei tribunali, dove i magistrati devono fare i conti con migliaia di procedure rimaste pendenti.

Anche il commercio ha subito un rallentamento da quando il servizio doganale del Kosovo ha assunto le competenze prima tenute dall’Unmik. Il nuovo timbro delle dogane kosovare non viene accettato da paesi vicini come Serbia e Bosnia, e Pristina ha minacciato più volte di applicare un contro-boicottaggio come forma di ritorsione.

Il governo kosovaro ha allora provato la strada dell’ammissione nella Cefta (Central European Free Trade Agreement) per risolvere la questione, ma senza fortuna, visto che Pristina non è riuscita ad ereditare gli accordi presi a suo tempo con l’organizzazione dall’amministrazione Unmik.

La leadership kosovara fa gli scongiuri in vista della possibile ammissione nel corso dell’anno al Fondo Monetario Internazionale, dopo le assicurazioni arrivate dai paesi economicamente più potenti di un supporto attivo alla richiesta di membership del Kosovo. In ogni caso, il paese resta ancora lontano dai benefici e dai possibili prestiti garantiti da una futura ammissione alla Banca Mondiale.

I problemi sul tavolo restano quindi molti, ma nonostante tutto, in questo anniversario, il Kosovo ha molti motivi per festeggiare. In un anno, e dodici mesi non sono poi molti, ha ottenuto molto a partire da una nuova costituzione.

Sono in molti, poi, a non aver perso l’ottimismo, e a credere che sia possibile la riconciliazione di una società che resta divisa, passo indispensabile per risolvere i problemi legati alla sovranità e per dare il via al sospirato sviluppo economico.

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